Due mesi e mezzo dopo l’approvazione del Senato, governo e maggioranza vogliono portare a casa definitivamente le unioni civili. «Le votiamo alla Camera tra il 10 e il 12 maggio. Probabilmente con la fiducia», ha annunciato il presidente del Consiglio Matteo Renzi. E se l’alleato Ncd esulta per bocca del suo ministro Enrico Costa (con delega alla Famiglia), non solo approvando il metodo ma rivendicando anche di averne fornito l’ispirazione, il fronte contrario manifesta opposizione totale.
Nei giorni scorsi abbiamo pubblicato l’appello del Comitato Difendiamo i nostri figli al presidente della Repubblica Sergio Mattarella affinché fermi una legge che «va in aula senza mai essere stata dibattuta». E ieri Eugenia Roccella (Idea) ha criticato proprio i «colleghi di Ncd» per il «compromesso pessimo» che hanno raggiunto con il Pd sul ddl Cirinnà, «con cui si legittima pienamente l’adozione gay, delegandola ai tribunali», e che «oggi plaudono addirittura all’ipotesi di mettere la fiducia anche alla Camera» perché rappresenterebbe a loro dire una continuazione del «percorso del Senato». Ma con quest’ultima espressione, aggiunge polemicamente Roccella, «non sappiamo se il ministro Costa si riferisca alla violazioni delle regole parlamentari o alle violazioni della Costituzione, contro cui un folto gruppo di parlamentari ha sollevato il conflitto di attribuzione o se si riferisca al blitz con cui una legge di iniziativa parlamentare, in poche ore, è stata trasformata in legge di governo».
A dimostrare che la stesso Ncd non è così compatto nel sostenere la bontà del «percorso» scelto dal governo, il senatore Maurizio Sacconi, che già a febbraio si era distinto dal suo partito votando contro la fiducia imposta da Renzi sulle unioni civili, ha detto che l’ennesimo strappo annunciato sul tema richiede che «si manifesti il contrappeso del Quirinale sugli evidenti profili di incostituzionalità». E se dopo la fiducia Mattarella sceglierà invece di firmare la legge, «la stessa ipotesi di riforma costituzionale sarà coperta da un’ombra di legittima preoccupazione sull’equilibrio democratico».
Intanto nella mattinata di ieri, martedì 3 maggio, il gruppo di Forza Italia alla Camera guidato da Renato Brunetta si è riunito in assemblea per discutere la linea politica da seguire durante le votazioni, e ha deciso per il no. Come ricorda il Messaggero, «l’altra volta, in Senato, ci furono svariati sì alla riforma renziana, da parte degli esponenti più laici di quel partito». Ma la prossima settimana a Montecitorio «la fiducia non la voteremo», ha detto Stefania Prestigiacomo, «capofila dei possibili sì» secondo il quotidiano romano. Conferma in questa intervista a tempi.it l’onorevole Antonio Palmieri.
Onorevole Palmieri, la fiducia era uno scenario prevedibile?
Era inevitabile e quasi scontato che il premier avrebbe chiamato la fiducia per la legge sulle unioni civili. La prossima settimana Forza Italia si presenterà in aula con la stessa settantina di emendamenti già proposti in precedenza, che cercavano di migliorare il testo, limitando i danni. Per questo la posizione del mio gruppo è comunque di votare no alla fiducia, lasciando come sempre a ognuno la propria libertà di coscienza.
Come mai il premier ha scelto la strada della fiducia?
Mi faccia dire che dell’argomento non interessa più a nessuno. L’interesse dei media è molto scemato, dovrebbero esserci pagine su pagine di servizi in vista del voto alla Camera, e invece non è così. È dato per scontato ormai che la legge delle unioni civili passerà, e sembra che non ci sia nulla da fare. Il premier ha voluto collegare la fiducia alla votazione della legge per togliere la possibilità del dibattito. Di fatto perché non si fida della sua maggioranza, mentre mescolando il tema del ddl con la questione della fiducia pensa di riuscire a prendere i voti dei Cinquestelle, di Sel e dei centristi. Più che una votazione mi sembra la battaglia delle Termopili.
Nel frattempo a introdurre la stepchild adoption teoricamente espunta dalla legge ci pensano i giudici.
Mi viene, in fondo, quasi da comprendere un giudice che si trova tra le mani un caso del genere. Stiamo parlando di una creatura viva, un bambino, perché dovrebbe toglierlo al nucleo in cui è cresciuto? Una volta nato, quel bambino, non si potrà fare più niente, per questo bisognerebbe vietare all’origine questi gesti di egoismo. Perché è di questo che si tratta. Di un mercato di pezzi di uomo e pezzi di donna, messi insieme col denaro, fino a far nascere un bambino, per il desiderio di adulti. Ecco cos’è l’utero in affitto. Sarei a favore di una sanatoria che sistemasse tutte le situazioni già esistenti, come già ha auspicato Eugenia Roccella, e altrettanto a favore di una legge che vietasse drasticamente la maternità surrogata.
Essendo milanese, starà seguendo la campagna elettorale nel capoluogo lombardo. Sabato Beppe Sala ha presenziato alla manifestazione delle Famiglie arcobaleno, promettendo loro di continuare la strada iniziata dalla giunta Pisapia con il registro delle unioni civili.
Non mi stupisco, in fondo il candidato sindaco Beppe Sala è in linea con il pensiero del partito che lo supporta. Sono invece d’accordo con Stefano Parisi quando risponde, molto semplicemente, che un sindaco non deve schierarsi, sarà poi caso mai la giunta a discuterne. Ricordo però che già tempo fa Stefano Parisi si è detto assolutamente contrario all’utero in affitto.
Si tornerà a parlare di utero in affitto?
La bocciatura della stepchild adoption, avvenuta il 25 febbraio, è stata un contentino. Infatti subito dopo quella bocciatura è stato tutto un susseguirsi di sentenze giudiziarie che l’hanno resa accettabile. D’altronde è impossibile far finta di niente, negare che aprendo alle unioni civili si apre anche alla pratica dell’utero in affitto, per lo meno all’estero. In Parlamento c’è chi spera che si discuta della messa al bando dell’utero in affitto prima della votazione della fiducia, ma io credo che slitterà a giugno, e poi forse chissà, con l’estate di mezzo, pure al prossimo settembre. Negli Stati Uniti e in Canada è un fenomeno ormai talmente consolidato e sostenuto dal mercato, impossibile arginarlo. Possiamo però almeno fare in modo che non avvenga lo stesso anche nel nostro Paese.
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