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Una parola per quelli del “non bisogna far polemica”

"Ci sarà tempo dopo per individuare le responsabilità" dicevano quelli che intanto attaccavano a testa bassa la Lombardia

Giovanni Teatini
22/04/2020 - 4:15
Politica
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Beppe Sala e Nicola Zingaretti

Di solito non amo rendere note le mie opinioni. Lo faccio di rado, ma è un po’ di giorni che ho in mente un pensiero e, dato che ho un po’ di tempo, mi lascio andare senza ritegno.

Parto dai primi giorni dell’epidemia, quando qualche scienziato diceva ancora che il coronavirus era poco più di un’influenza, quando il problema era che non bisognava chiudere le frontiere nei confronti di chi arrivava dalla Cina perché altrimenti eravamo razzisti e, per rafforzare il concetto, qualcuno organizzava gli aperitivi contro il razzismo, si infettava, e poi andava in giro in tutta Italia a diffondere il virus. Erano i giorni in cui il sindaco di Milano rilanciava l’hashtag #milanonosiferma.

Avete presente quei giorni? Bene. In quei giorni il presidente della Regione Lombardia, Attilio Fontana, persona che non conosco e di cui non ho un’idea precisa, e che appartiene a uno dei due partiti italiani che disprezzo dal più profondo del mio cuore (indovinate l’altro, è facile) veniva esposto al pubblico ludibrio in quanto, essendo stato a contatto con una collaboratrice positiva al virus, si mostrava in video con la mascherina. Pochi giorni dopo, emergeva in tutta la sua drammaticità chi avesse ragione tra Beppe Sala e Fontana.

Non sembrava però il caso di fare polemiche inutili. C’erano i morti, bisognava lavorare tutti insieme. “Ci sarà tempo, dopo, per individuare le responsabilità”, si diceva.

Va da sé che, a un certo punto, anche gli altri capirono che sarebbe stato meglio se anche Milano si fosse fermata. Lo capirono tutti talmente bene che il governo decise di dichiarare la Lombardia “zona rossa”. Qualcuno anticipò la notizia ai media, così che molti non lombardi presenti in Lombardia partirono nottetempo rischiando di diffondere il contagio in modo irreparabile.

Quando ci si rese conto di aver fatto un imperdonabile errore, si buttò la colpa addosso alla Regione Lombardia: “È colpa di quel pirla di Fontana”, si disse nei bar (e nelle redazioni) del paese. Ci spiegarono che la Cnn aveva dichiarato di aver ricevuto la notizia dall’ufficio stampa della Regione. Omisero però di enfatizzare il fatto che la Cnn aveva sì ricevuto la notizia dalla Regione Lombardia, ma solo dopo che era già stata battuta dalle agenzie di stampa. Quindi l’idiota che aveva diffuso la notizia non stava a Milano, ma a Roma.

Non sembrava però il caso di fare polemiche inutili. C’erano i morti, bisognava lavorare tutti insieme. “Ci sarà tempo, dopo, per individuare le responsabilità”, dicevano.

Il tempo però passava e in Lombardia le cose andavano male e i posti di terapia intensiva sembravano non bastare. I lombardi, però, sono gente tosta e anche altri italiani non sono da meno. Così, dalle persone, dalle imprese e dal terzo settore, non dal governo, dal ministro della Salute o dai partiti, iniziarono ad arrivare idee geniali: si inventarono respiratori utilizzando le maschere da snorkeling della Decathlon, si inventò un metodo per far respirare due persone utilizzando un solo ventilatore, i tifosi dell’Atalanta e gli alpini costruirono un ospedale in sette giorni, medici e infermieri continuarono a spendersi senza sosta, e tante, tante, tante altre cose belle capitarono in un mare di difficoltà.

In tutto questo marasma, mentre il governo annunciava millemila miliardi di garanzie, la Regione Lombardia allestì in fiera dei nuovi reparti di terapia intensiva.

Capitò poi che tutti questi nuovi posti di terapia intensiva venissero sottoutilizzati e quelli che prima dicevano che era uno scandalo che non ci fossero abbastanza posti iniziarono a spiegarci che anche un idiota avrebbe capito che bastavano quelli esistenti e che è uno scandalo che siano stati creati tutti questi posti.

Non sembrava però il caso di fare polemiche inutili. C’erano i morti, bisognava lavorare tutti insieme. “Ci sarà tempo, dopo, per individuare le responsabilità”, dicevano. D’accordo, però, nel frattempo, le balle iniziavano a girare.

(Inciso che non c’entra nulla ma devo dirlo perché la cosa mi sta sullo stomaco da un mese: la Regione Lombardia, per questo intervento, chiese la collaborazione di Guido Bertolaso. Tutti sanno chi è Guido Bertolaso. Molti sanno anche che è stato indagato per corruzione nell’ambito di due indagini sul terremoto dell’Aquila. Molti però ignorano che è stato assolto in entrambi i processi e, nel caso del secondo processo, per essere assolto ha volontariamente rinunciato alla prescrizione, cosa che io, conoscendo la giustizia italiana, non avrei fatto. Lui l’ha fatto ed è stato assolto. Quando però è stato scelto da Fontana, è partita una shit storm nei suoi confronti manco stessimo parlando di Al Capone. A me questa cosa fa schifo).

Non sembrava però il caso di fare polemiche inutili. C’erano i morti, bisognava lavorare tutti insieme. “Ci sarà tempo dopo per individuare le responsabilità e togliersi anche qualche sassolino dalla scarpa”, dicevano. Però, sempre nel frattempo, le balle aumentavano i giri di rotazione.

Passarono altri giorni e quello che diceva che Milano non si doveva fermare dichiarò pubblicamente che non voleva fare polemica e, coerentemente, iniziò a fare polemica. Per carità, io ero per aspettare la fine dell’emergenza, ma se si può aiutare indirizzando, senza polemica, qualche domanda a chi di dovere, magari può servire.

Però quelli che, senza fare polemica, facevano polemica, iniziarono a indirizzare le domande a Fontana, quello che prendevano per il culo quando si metteva la mascherina mentre loro si facevano i selfie tutti insieme con il Negroni.

Ora. Non so se sia ignoranza o malafede, fatto sta che la missiva è stata recapitata all’indirizzo sbagliato o almeno a uno solo degli indirizzi giusti.

Quello che costoro ignorano (o che fingono di ignorare) è che la tutela della salute è, secondo la nostra Costituzione, una di quelle materie di competenza concorrente tra Stato e Regioni, ma, mentre la gestione ordinaria è in capo alla Regione, in caso di emergenza la competenza è principalmente dello Stato che interviene con la Protezione civile.

Errori ce ne sono stati da parte di tutti; io stesso il 7 marzo sono andato a sciare, d’altra parte mi avevano detto che, essendo milanese nell’anima, non dovevo fermarmi, e anche Fontana avrà commesso errori gravi, ma se dobbiamo fare un’analisi seria, dobbiamo farla alla fine e prendendo tutti gli anelli della catena, non solo quello che ci fa comodo.

E allora mi domando: perché a costoro fa comodo attaccare Fontana e la Lombardia? Secondo me perché in Lombardia c’è un sistema sanitario pubblico (che non significa statale) che integra servizi sanitari forniti da soggetti statali e privati convenzionati, che è un’assoluta eccellenza con costi tra i più bassi d’Italia.

Ad esempio: la spesa pro capite della Regione amministrata da quello che veniva a Milano a fare gli aperitivi “contro il razzismo” è più del doppio di quella della Regione Lombardia, ma non conosco nessun lombardo che si è fatto operare di appendicite nel centro Italia. Ma a loro i dati non interessano.

Quello degli aperitivi e i suoi amici ci vogliono spiegare che il modo giusto di gestire la sanità è il loro: quello che costa di più e funziona peggio. E siccome non hanno argomenti per dimostrarlo, ma solo cieca ideologia, approfittano di un’emergenza nazionale per buttarcisi come sciacalli speculando sui morti e sui sacrifici che noi lombardi stiamo facendo.

Quindi alla fine di tutto questo mi resta solo un’ultima cosa da dire: #maandateacagare.

E adesso che l’ho scritto mi sento più sereno.

Giovanni Teatini

Foto Ansa

Tags: Beppe SalaCoronaviruslombardiaMilanoNicola Zingarettisanità lombardia
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