Una Chiara sconfitta per la Torino Olimpica

Di Marco Margrita
12 Ottobre 2018
Tutti gli errori della "sindaca" grillina di Torino, Chiara Appendino, nella gestione della candidatura della città ai Giochi invernali. Storia di una pasticciata illusione

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Milano-Cortina: è ufficialmente questa la candidatura italiana per l’organizzazione delle Olimpiadi invernali 2026. Il Comitato olimpico internazionale ha ufficialmente accolto, nella sua 133esima sessione, la proposta lombardo-veneta avanzata dal Coni, che sfiderà quella delle altre due città ufficialmente candidate: Stoccolma per la Svezia e Calgary per il Canada. A Torino, che aveva cullato il sogno di un bis all’avventura a cinque cerchi del 2006, non l’hanno presa benissimo. Una Chiara sconfitta. La maiuscola non è un refuso, bensì un palese riferimento alla sindaca pentastellata Appendino. La prima cittadina, infatti, aveva scommesso di celebrare la consacrazione governista con la conquista dei Giochi invernali.

OPPOSIZIONE M5S AI GRANDI EVENTI

[pubblicita_articolo allineam=”destra”]Facciamo un po’ di storia, per chi si sia (giustamente) disinteressato delle manfrine olimpiche della grillina salottiera. Di una nuova Olimpiade, sotto la Mole, si era iniziato a parlare nel luglio dello scorso anno, dalle parti di quanto rimaneva del “Sistema Torino” di marca democratica. Subito incassando il sostegno della Camera di Commercio locale, che attiva un po’ di lobbing territoriale e sostiene la compilazione di un pre-dossier “low cost”, incentrato sul recupero delle strutture realizzate per l’edizione di dodici anni fa e sul peso della legacy, elaborato con il supporto di Domenico Arcidiacono (già presidente dell’Agenzia Torino 2006): 900 milioni di euro, la metà circa di quanto investito. Tutto sembra però effimero, destinato a scontrarsi contro l’opposizione intransigente ai grandi eventi che i 5 Stelle hanno sempre rivendicato.

GRILLO: «UNA GRANDE OCCASIONE»

All’inizio, al netto di tiepide aperture della prima cittadina, tutto va all’incirca proprio in quella direzione. Almeno fin quasi alle idi di marzo di quest’anno. È il 9 di marzo, infatti, quando all’assemblea del Movimento che sembrava dover sconfessare l’aperturismo di Appendino e di alcuni assessori, interviene in diretta telefonica Beppe Grillo e sancisce (con buona pace della democrazia partecipata e correlate corbellerie, ma questa non è più notizia da un bel po’) che la candidatura «è una grande occasione da cogliere in maniera positiva, con entusiasmo per Torino e per il Movimento – dice il fondatore del M5S messo in viva voce dalla sindaca – Dimostreremo di saper fare Olimpiadi a zero debito, in maniera sostenibile, diversa rispetto a quella del 2006».

PARTITO OLIMPICO

Ecco il punto di contatto: i bassi costi e la sostenibilità ambientale. Con quel piccolo dettaglio del differente giudizio sull’esperienza precedente. Il presidente della Regione Sergio Chiamparino, già sindaco olimpico del capoluogo subalpino, sempre alla ricerca di una riedizione della “concordia istituzionale” che lo vide, quando sedeva sullo scranno più alto della Sala Rossa, in tandem con il governatore berluscones Enzo Ghigo, coglie subito la palla al balzo. Già agli inizi del mandato della “grillina dell’alta società”, d’altronde, si pose quasi a suo mentore, tanto che qualche caustico notista battezzo la nascita del Chiappendino. Viene presentata la manifestazione d’interesse al Coni. Se si fosse in una dinamica politica ordinata, si potrebbe raccontare della nascita di un largo e trasversale “partito olimpico”, ma… qui si ha a che fare con il caotico dipanarsi della grottesca lotta tra l’improvvisazione permanente dell’improbabile gruppo consiliare pentastellato e il rancore di un Pd che non ha ancora fatto i conti con una sconfitta epocale.

INTANTO A MILANO

Tutto, quindi, precipita. Si assiste a dibattiti surreali, man mano che ci si avvicina alle date importanti e a Roma già è insediato il contrattuale governo gialloverde. Siamo quasi ai giorni nostri, luglio scorso, quando i dissidenti della maggioranza propongono commissioni d’inchiesta su Torino 2006 mentre si dovrebbe unitariamente dare il via libera alla richiesta di candidatura (che infatti non riesce ad avere l’approvazione unanime del Consiglio comunale). Non basta nemmeno la “moral suasion” di Luigi di Maio. Intanto, a Milano si fanno le cose per bene e la candidatura di Cortina (che ha avuto poco clamore mediatico) prende forma. D’imperio il Coni, con la pilatesca lavata di mani dell’Esecutivo, propone il “tridente alpino”. Un’idea suggestiva quanto difficile da equilibrare. I sindaci delle località montane del Torinese decidono di non staccarsi dal Capoluogo, accorgendosi troppo tardi di essere penalizzati dal caos di “casa Appendino”. Tutti fuori, quando si annunciano le località di gara, tranne Sestriere, un tempo dependance d’altura della Famiglia Agnelli.

UNA CHIARA SCONFITTA

La frangia olimpica dei pentastellati, con il supporto di Di Maio e del sempre surreale Toninelli, grida allo scandalo: «Non si sono valutati i dossier, Torino deve riproporsi in solitaria». Possibilità di riuscita vicine allo zero, tutta la politica subalpina si racconta la storiella delle “possibilità di farcela ancora”, ma è chiaro che assomiglia alla mussoliniana evocazione del “ridotto della Valtellina”. Un tentativo serio lo gioca la leghista di rito liberale (e molto critica verso il nuovo corso salviniano) Gianna Gancia: «Sestriere nel tridente al posto di Torino». C’è chi la vede come una strada percorribile: la capogruppo in Regione è pur sempre la moglie di Roberto Calderoli e il grande risalto che la Gazzetta dello Sport dà alla cosa sembra un segnale della (o alla) politica sportiva. Non è così, ottobre inizia con l’ufficializzazione del duo Milano-Cortina da parte del Coni. Una scelta che il Cio ha accolto, spegnendo l’illusione di un remake olimpico in terra allobroga e il fuoco di paglia della “via pentastellata ai grandi eventi”. Una Chiara sconfitta.

Foto Ansa

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