«Le sanzioni economiche contro la Russia non hanno avuto l’effetto sperato e niente è andato come previsto dagli Stati Uniti». È difficile inquadrare Vladimir Fédorovski (foto a sinistra) nello schema pro/contro Putin. Lo scrittore russo di origine ucraina ha contribuito alla caduta dell’Unione Sovietica, lavorando come diplomatico per Breznev e Gorbaciov, ed è considerato l’ispiratore della Perestrojka. È stato portavoce di uno dei primi partiti democratici russi e oggi vive in Francia, dove è molto conosciuto per la sua attività di scrittore e storico della Russia.
RUSSIA PIÙ ASIATICA. Intervistato da Le Figaro, Fédorovski critica il modo in cui americani ed europei hanno gestito la crisi ucraina a partire dagli ultimi risultati: «Se Putin ha deciso di abbandonare il progetto South Stream significa che la sua linea geopolitica sta per cambiare. La rottura di Putin con l’Occidente è comparabile a quanto successo 300 anni fa con Pietro il Grande: all’epoca, lo zar aveva fatto della Russia una potenza europea. Ormai, Putin sta per farne una potenza asiatica, avvicinandosi a Cina e Turchia».
«PIÙ RADICALI DI PUTIN». Questa conseguenza, per lo scrittore, non era l’obiettivo originario delle sanzioni: «Lo scopo delle sanzioni era influenzare lo scacchiere politico interno della Russia, facendo precipitare il rublo e così la popolarità di Putin. Ma questa rottura geopolitica è dovuta al fatto che le sanzioni hanno fatto nascere in Russia un’ala nazionalista molto più radicale di Putin. Questa esercita una forte pressione sul governo e ha portato all’emarginazione dell’opposizione liberale e favorevole all’Occidente. Putin è stato in qualche modo costretto a spingersi più in là e questo spiega l’inasprimento dei suoi discorsi».
GUERRA FREDDA. La virata di Mosca verso la Cina è per Fédorovski «un danno maggiore sia per la Russia che per l’Europa e alla fine non gioverà a nessuno». Per l’Europa le «conseguenze economiche sono disastrose» e a risentirne sarà la crescita. «L’assenza di diplomazia dell’Ue», un segnale «inquietante» secondo lo scrittore, ha generato «un clima da guerra fredda» e «l’escalation nelle parole potrebbe portare a una escalation militare. Fortunatamente, come un tempo, le armi atomiche impediscono il confronto diretto».
«SERVONO 35 MILIARDI». L’ex diplomatico non crede affatto al cessate il fuoco appena deciso da esercito ucraino e separatisti per sospendere i combattimenti intorno all’aeroporto di Donetsk, nell’est del Paese. Per lo scrittore l’unico modo di fermare la guerra in Ucraina è tornare al tavolo dei negoziati con Mosca: «Il vero problema dell’Ucraina deriva dalla sua situazione drammatica sul piano economico. Ha bisogno subito di 35 miliardi. E se si volesse allineare l’Ucraina con gli altri Paesi dell’Est, bisognerebbe investirne almeno 300. Tenendo conto della crisi economica che l’Europa sta attraversando, questo problema non può essere risolto senza l’aiuto della Russia».