«Questo sarà ricordato come uno dei voti più scioccanti nella storia del Congresso». Così Donald Trump il 25 febbraio 2019, quando in Senato non è stata trovata la maggioranza dei due terzi necessaria per portare avanti il Born-Alive Abortion Survivors Protection Act. Nulla a che vedere con i diritti riproduttivi e la libera scelta delle donne, il disegno di legge promosso dal senatore repubblicano Ben Sasse tematizzava il dovere di garantire assistenza medica ai neonati venuti al mondo dopo la procedura abortiva, «stiamo parlando di bambini che sono già nati. Niente in questo disegno di legge tocca l’accesso all’aborto». Bambini vivi e ansimanti sul grembo della mamma in cerca di ossigeno; eppure a voto i democratici avevano risposto in modo equivocabile: niente maggioranza, provvedimento inutile e demagogico. Secondo i senatori – elogiati non a caso da Leana Wen, allora presidente di Planned Parenthood, per avere combattuto «bugie e disinformazione», non votando una legge che è «un attacco diretto alla salute e ai diritti delle donne» -, il disegno avrebbe costretto i medici a fornire cure «non necessarie» o addirittura «dannose». Ma dannose per chi?
«CURE AI NATI VIVI, INDIPENDENTEMENTE DALLE CIRCOSTANZE»
Alla vigilia delle elezioni e della nomina di un giudice alla Corte Suprema che prenda il posto di Ruth Bader Ginsburg, Trump annuncia che firmerà un Born-Alive Executive order «per garantire che tutti i preziosi bambini nati vivi, indipendentemente dalle circostanze, ricevano le cure mediche che meritano. È un sacrosanto dovere morale»: lo ha proclamato mercoledì scorso, in collegamento video con la 16esima edizione dell’Annual National Catholic Prayer Breakfast, aggiungendo che aumenterà i finanziamenti federali sulla ricerca neonatale «per garantire che ogni bambino abbia le migliori possibilità di prosperare e crescere». Su Trump che le tenta tutte per rivendicare e ingraziarsi la base cattolica (durante il collegamento il presidente ha ricordato la sua infanzia accanto a una chiesa del Queens ed elogiato con gratitudine le scuole cattoliche e una comunità di fedeli che porta la speranza tra gli ultimi d’America) che secondo i sondaggi pende per Biden (dati RealClearPolitics, prima della morte di Ginsburg, tra l’elettorato cattolico Biden ha un vantaggio di 12 punti su Trump) è stato scritto di tutto. Così come sull’inutilità di un provvedimento per i “Born-Alive” che riecheggia i contenuti del disegno di legge bloccato in Senato.
Inutile? Jennie Bradley Lichter, vice assistente del presidente che ha assistito nella stesura dell’ordine, ha anticipato a EWTN News Nightly che l’Ordine esecutivo Born-Alive garantirà che gli ospedali che ricevono finanziamenti federali «abbiano l’obbligo di far rispettare le norme che garantiscono screening e trattamenti appropriati a ogni paziente, compresi i bambini. Sembrerebbe un’ovvietà, ma sfortunatamente alcuni ospedali non rispettano tale obbligo». Quanto ai finanziamenti aggiuntivi, questi saranno impegnati nella ricerca per aumentare le possibilità di sopravvivenza di bambini nati in emergenza o affetti da patologie e la formazione di medici che se ne prendono cura.
IL DISEGNO DI LEGGE BLOCCATO DAI DEM
Eppure la necessità di un intervento in tema di assistenza ai nati vivi «indipendentemente dalle circostanze», non è affatto campata in aria. È vero, nel 2002 il presidente George W. Bush firmò il Born-Alive Infant Protection Act, che definisce già ogni bambino nato vivo dopo un tentativo di aborto indotto «persona, essere umano, bambino, individuo», riconoscendo pertanto tutti i diritti umani e dunque il reato di omicidio in caso venisse lasciato morire dopo il parto. La legge tuttavia non menzionava sanzioni penali federali nel caso in cui il personale della clinica abortiva non fornisse cure mediche a questi bambini. Il Born-Alive Abortion Survivors Protection Act, bloccato in Senato, puntava a risolvere il problema: implicava, per esempio, che ogni bambino nato vivo dovesse essere trasportato in ospedale invece di rimanere in carico alla clinica abortiva. Richiedeva ad operatori sanitari e impiegati di segnalare violazioni e istituiva pene per l’omicidio intenzionale di questi bambini, multe e fino a cinque anni di reclusione. Sollevava inoltre da ogni responsabilità e garantiva che la madre non fosse perseguibile in caso non fossero state prestate cure al suo bambino. Cosa c’entrava tutto questo con l’aborto, i diritti delle donne e la libertà procreativa? Nulla.
IL DIRITTO AL “DISUMANO” ABORTO A NASCITA PARZIALE
I democratici si sono riparati dietro a tre argomentazioni: la prima, il paravento della casistica (troppo “rari” per i senatori i casi di bambini nati vivi dopo un aborto, un assunto falso e che ha riportato l’America al caso drammatico del serial killer Kermit Gosnell, il guru dell’aborto a nascita parziale condannato per l’omicidio di almeno tre bambini nati vivi); la seconda, il terrore di obbligare i medici ad accanirsi su nascite premature (che però non erano considerate dalla legge: il provvedimento non obbligava infatti a rianimare e tenere in vita bambini, chiedeva al medico solo di «esercitare lo stesso grado di abilità professionale, cura e diligenza per preservare la vita e la salute del bambino come ragionevolmente medico coscienzioso farebbe con qualsiasi altro bambino nato vivo alla stessa età gestazionale»); la terza, la tutela del «fondamentale diritto di un donna di scegliere», la vera madre di tutti i provvedimenti che, diventato l’aborto un diritto della donna, portassero al bambino-diritto degli abortisti.
È quando accaduto in Illinois pochi mesi dopo lo stop dei senatori al Born-Alive: proclamando con orgoglio che «in questo stato ci fidiamo delle donne», il governatore democratico Jay Robert Pritzker ha firmato tra gli applausi il Reproductive Health Act (Rha): la nuova normativa abroga quella sull’aborto del 1975, che prevedeva sanzioni per i medici che avessero interrotto gravidanze senza che fosse necessario, così come il Partial-birth Abortion Ban Act, sdoganando così la pratica disumana dell’aborto a nascita parziale. «Secondo la legge di questo stato, un ovulo fecondato, un embrione o un feto non hanno diritti individuali» e pertanto estrarlo per i piedi finché solo la testa rimane all’interno del corpo materno e procedere alla perforazione del cranio non è un omicidio.
Si può pensare tutto il male possibile di Trump, l’incendiario calcolatore, opportunista Trump, e dei suoi proclami elettorali. Ma brandire la salute riproduttiva delle donne per non impedire le uccisioni dei bambini sopravvissuti a un aborto si chiama infanticidio o va ascritto al gergo fuorviante e alle fisime repubblicane?