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Tregua di Natale

Grande guerra, fronte belga. Le lettere dei soldati che per un giorno non spararono, si incontrarono fuori dalle trincee, dissero Messa, scambiarono auguri e sigari

Emanuele Boffi
20/12/2007 - 0:00
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Dalle trincee: «Buongiorno Fritz» (nessuna risposta).
«Buongiorno Fritz» (ancora nessuna risposta).
«Buongiorno Fritz».
Dalla trincea tedesca: «Buongiorno».
«Come va?».
«Tutto bene».
«Vieni qui, Fritz».
«No. Se vengo mi sparate».
«No, non lo faremo. Vieni, dai! Non avere paura. Ti daremo delle sigarette».
«Venite voi a metà strada, così ci incontriamo».
«Va bene».
Uno dei nostri si è riempito le tasche di sigarette, ed è andato fuori dalla trincea.
Anche il tedesco è uscito dalla sua trincea. Si sono incontrati a metà e si sono stretti la mano.

Antonio Besana è manager di una multinazionale. A fine 2005 capitò al cinema Palestrina di Milano per vedere Joyeux Noël, in una proiezione organizzata dal settimanale che avete in mano. La vicenda narrata dalla pellicola trae spunto da un fatto storico e così ad Antonio è venuta la curiosità di risalire alle fonti che avevano ispirato il regista, Christian Carion. Così ha scoperto come la notte di Natale del 1914, sul fronte nord-occidentale, nelle trincee delle Fiandre, a sud di Ypres, in Belgio, i soldati tedeschi, francesi e inglesi si accordarono per una tregua. Il cessate il fuoco non fu ordinato dai comandi dei due schieramenti, ma avvenne per l’iniziativa dei semplici soldati. Francesi, inglesi e tedeschi uscirono allo scoperto e si incontrarono nella terra di nessuno. Si parlarono, si strinsero la mano, si abbracciarono, seppellirono i caduti. Si celebrò una Messa e una funzione funebre. I nemici che fino ad un attimo prima sparavano per uccidere, fumarono e cantarono insieme, si scambiarono auguri e doni, capi di vestiario e bottoni delle divise, cibo, tabacco, fotografie di mogli, figli e amici, ricordi vari del tempo di pace. Quando lo vennero a sapere, gli Stati Maggiori di entrambe le parti sostituirono le truppe con altre unità, le spostarono in altri settori, tentarono di cancellare dalla memoria l’increscioso episodio, evento deleterio per la propaganda di guerra. Fu così che molte delle fotografie, delle lettere e dei documenti che narrano la vicenda andarono distrutte. Ma le voci corrono e l’episodio passò di bocca in bocca, talvolta colorandosi di eccessi leggendari. Tuttavia, a riprova storica dell’avvenuto, alcune lettere (soprattutto dei soldati inglesi che non erano soggette a censura) giunsero ai parenti a casa. Rimasero sepolte per anni nei cassetti e nei solai delle famiglie. Altre furono pubblicate sui giornali dell’epoca.
Antonio ha scoperto che in Inghilterra Alan Cleaver e Lesley Park avevano portato alla luce molte delle missive dei soldati e che nel 1999 avevano pubblicato un libretto (Plum Puddings For All) ormai esaurito da tempo, mai più ristampato, mai tradotto in italiano. Il libretto conteneva più di 80 lettere provenienti da oltre cento quotidiani del Regno Unito su quel Natale del 1914. Antonio iniziò a tradurne alcune alla moglie, poi ci prese gusto e finì col trasporre in italiano tutto il materiale. Non pago è andato alla ricerca di altra documentazione che ha reperito nelle trascrizioni di interviste realizzate dalla Bbc e nell’archivio dell’Imperial War Museum di Londra.
Di quella notte hanno parlato anche alcuni storici, tra cui Michael Jurgs (La piccola pace nella grande guerra, Il Saggiatore, 2005): «All’inizio c’è soltanto uno che canticchia Stille Nacht, Heilige Nacht. La canzone della nascita di Gesù risuona lieve e si disperde lentamente nel paesaggio spettrale delle Fiandre. Poi, però, quel canto si diffonde come un’ondata, da un riparo all’altro, e dall’intera linea scura delle trincee risuonò Schlaf in himmlischer Ruh. Dall’altra parte del fronte, a cento metri di distanza, nelle postazioni degli inglesi, rimane tutto tranquillo. Ma i soldati tedeschi sono in vena, e canzone dopo canzone, danno vita a un concerto di migliaia di voci umane, da ogni dove. Fino a che, dopo Es ist ein Ros entsprungen, rimangono senza fiato. Svanita l’ultima nota, gli uomini che si trovano dall’altra parte aspettano ancora un minuto, poi cominciano ad applaudire e a gridare; “Good, old Fritz”, e “more, more”. Bis, bis. I Fritz tanto elogiati rispondono con “Merry Christmas, Englishmen” e “We not shoot, you not shoot”, e quello che dicono lo pensano davvero. Infilano alcune candele sugli spuntoni dei loro parapetti, che si protendono per quasi un metro dal bordo delle trincee, e le accendono. (.) Tedeschi ed inglesi decidono spontaneamente, francesi e belgi non senza esitazione, di non spararsi più addosso per Natale. Fino ad allora non si era mai verificata nella storia di una guerra una simile pace dal basso. E non si verificherà più. Ma quella che, vista con gli occhi di oggi, si presenta come una grande storia di Natale, è costituita da molte piccole storie. Dobbiamo raccontarle tutte. Solo così prenderà forma il miracolo».
Intorno a Ypres persero la vita un milione di uomini. Le missive di coloro che stavano di stanza su quel fronte si assomigliano molto fra loro. I soldati si limitavano a dare informazioni sul loro stato di salute. Ma dopo quella notte tutte cambiano registro e non ve ne è nemmeno una che non narri dell’evento, divergendo quasi unicamente su un minuscolo particolare: la partita di calcio che, secondo alcuni, si svolse e fu vinta dai tedeschi per 3 a 2, secondo altri invece non si disputò, poiché mancava il pallone. Sta di fatto che la notizia della tregua giunse anche alle orecchie di Arthur Conan Doyle, l’inventore di Sherlock Holmes, che ne parlò in un suo scritto, e a quelle di un caporale tedesco che nel suo diario vergò indignato: «Dove è andato a finire l’onore dei tedeschi?». Quel caporale era un certo Adolf Hitler.
Le tregue per le feste non sono rare durante i conflitti, ma quella di Ypres ha caratteri di unicità in quanto alla modalità con cui si svolse. Per rendersene conto basta leggere qui di seguito alcune delle lettere tradotte da Besana.

Diario del sergente Bernard J. Brookes.
Un ufficiale tedesco con una lanterna venne avanti, e chiese di vedere uno dei nostri ufficiali, per accordarsi per una tregua per il giorno seguente, il giorno di Natale. È stato certamente meraviglioso che un simile cambiamento nelle abitudini dei due eserciti opposti possa essere stato generato da un evento accaduto una notte di 2000 anni fa.
Caporalmaggiore Henderson. Lettera pubblicata sull’Hampshire Chronicle, il 30 gennaio 1915.
Circa alle 3.30 del pomeriggio scoprimmo un cartello innalzato sopra le trincee tedesche. In un attimo avevamo indossato gli occhiali, e leggevamo le parole, scritte a grosse lettere in stampatello. «CONCERTO QUI STANOTTE. TUTTE LE TRUPPE INGLESI SONO INVITATE».

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Soldato G. O. Smith. Lettera pubblicata sul Bolton Chronicle il 9 gennaio 1915.
Sembra impossibile che cose del genere possano accadere: nemici pericolosi che escono fuori, che si incontrano con tutta la buona volontà, e che poi ritornano nelle trincee e sparano al primo che spunta con la testa. Credo che questo sia uno dei misteri dell’umana natura.

Armiere Herbert Smart. Lettera pubblicata il 4 gennaio 1915 sul Northamptonshire Daily Echo.
Il tedesco che ho incontrato aveva fatto il cameriere a Londra, e parlava un poco inglese. Diceva che loro non volevano combattere. è curioso che un tedesco prima ti stringa la mano come se ti volesse rompere le dita, e poi qualche giorno dopo tenta di farti fuori! Non so proprio cosa pensare.


Lettera pubblicata l’1 gennaio 1915 dal Bedfordshire Times and Independent.
I tedeschi sono persino venuti fino alle nostre trincee e ci hanno dato sigarette e cioccolato, e naturalmente noi abbiamo dato loro altre cose in cambio. La mattina di Natale, appena dopo la una, ero di vedetta, e uno dei tedeschi mi ha augurato buon giorno e Buon Natale. Non ero mai stato così sorpreso in tutta la mia vita quando è venuta l’alba, nel vedere tutti loro seduti sul bordo delle loro trincee, che ci salutavano con le mani, e cantavano per noi. Poco prima che uscissimo anche noi dalle trincee (eravamo usciti durante la notte di Natale) uno di loro ha gridato “Tenete bassa la testa: stiamo per sparare”, e spararono un dozzina di colpi giusto sopra le nostre teste. Chi ci crederebbe se non l’avesse visto con i suoi occhi?

Fuciliere J. Reading. Lettera pubblicata sul Bucks Examiner l’8 gennaio 1915.
Alle 4 del mattino la loro banda suonò alcuni canti, “God save the King” e “Home Sweet Home”. Puoi immaginare le nostre sensazioni. Più tardi vennero verso di noi, e i nostri uscirono per incontrarli. Nessuno di noi portava il fucile. Ho stretto le mani con alcuni di essi, e loro ci hanno dato sigarette e sigari. Non abbiamo sparato un colpo quel giorno. Abbiamo approfittato di quel giorno di quiete, guadagnando tempo sulla morte.

Sergente W. Blundell. Lettera pubblicata dal Bedfordshire Times and Independent.
Ho visto i tedeschi fuori dalle trincee che gridavano, chiedendo di andare ad incontrarli. Tutta la nostra brigata è andata e abbiamo continuato a parlare con loro per oltre due ore. Ci chiesero di non sparare quel giorno e ci dissero che neanche loro lo avrebbero fatto. Così nessun colpo fu più sparato fino al giorno seguente e poi abbiamo ripreso a combattere per quello che era giusto.

Soldato Simnett. Lettera pubblicata il 15 gennaio 1915 dallo Staffordshire Sentinel.
Molti tedeschi erano di Londra, e speravano che la guerra finisse presto. Uno di loro ha persino suggerito di farla fuori con una partita di calcio, o con un combattimento a palle di fango, in modo tale che nessuno fosse ferito. Ti sarebbe piaciuto essere qui quel giorno. Che cose divertenti capitano in questa guerra!

Intervista al sergente maggiore Frank Naden.
I tedeschi ci hanno dato alcune delle loro salsicce e noi abbiamo dato loro un po’ della nostra roba. Gli scozzesi hanno suonato le cornamuse, e poi abbiamo avuto una vecchia rara scampagnata, con partite di football, nelle quali hanno giocato anche i tedeschi. Il giorno dopo abbiamo avuto ordine che tutte le comunicazioni e gli incontri amichevoli con il nemico dovevano cessare, ma per tutto il giorno non abbiamo sparato, e i tedeschi non hanno sparato addosso a noi.

Soldato W. Pentelow. Lettera pubblicata sul Northamptonshire Daily Echo.
Ci siamo incontrati a mezza via, ci siamo stretti le mani e scambiati da fumare. Mi hanno dato sigari e sigarette. Ho persino dato ad alcuni di loro il mio indirizzo di casa. Adesso è tutto finito. Abbiamo ripreso a spararci. Sembravano molto simpatici, ma alcuni erano molto vecchi ed altri quasi dei bambini.

Portaordini motociclista Fred Laangton. Lettera pubblicata sullo Yorkshire Post il 12 gennaio 1915.
Sei del Worcesters hanno pranzato nelle linee tedesche e lo stesso numero di tedeschi è venuto a pranzo da noi. Quando stavano partendo ci siamo accordati che prima che si ricominciasse a sparare, tre salve sarebbero state sparate in aria.

Lettera pubblicata sul Westmorland Gazette il 9 gennaio 1915.
Ad uno dei nostri hanno dato una bottiglia di vino da bere alla salute del Re. Il reggimento ha poi giocato una partita di calcio contro i tedeschi, che li hanno battuti per 3 a 2. Questa gente ha detto che non avrebbe sparato ai nostri, ma hanno avvisato di stare attenti a quelli alla loro sinistra.

Soldato John MacGregor. Lettera pubblicata su The Oban Times il 9 gennaio 1915.
C’era una lepre che correva tra le linee. In un momento, nel più grande buonumore generale, amici e nemici si sono uniti in una gioiosa caccia. Rotolavano e si spingevano l’un l’altro, e naturalmente nel pieno di tutta questa ilarità la lepre è scappata.

Soldato Arthur Pelham-Burn. Lettera a un vecchio compagno di scuola.
Seppellire i morti era terribile. Ma la cerimonia fu differente. Il nostro cappellano ha recitato le preghiere e i salmi, e un interprete li traduceva in tedesco. Sono stati letti prima in inglese dal cappellano e poi in tedesco. È stato un segno straordinario e meraviglioso. I tedeschi erano allineati da una parte, gli inglesi dall’altra, con gli ufficiali davanti, sull’attenti. Sì, penso che sia stata una visione che nessuno vedrà mai più.

Soldato J. Lowe. Lettera pubblicata il 27 gennaio su un giornale di Leichester.
Non lasceremo mai che ci battano. Ma sembrava strano ricominciare a combatterli dopo che ci avevano dato sigari e sigarette.

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