Trapianto record salva neonato a Londra. Bellieni e l’importanza di portare a termine le gravidanze difficili

Di Elisabetta Longo
23 Gennaio 2015
Il neonatologo spiega perché «la notizia fa scalpore». E ai dubbi sulla sorte della piccola donatrice risponde che «un figlio non è meno figlio se vive per poco»

Una neonata di sei giorni ha potuto “donare la vita” a un altro bebè. All’ospedale Hammersmith di Londra è stato eseguito un trapianto di fegato e reni prelevati da una bambina appena nata, che aveva avuto gravi carenze d’ossigeno durante la gravidanza e pertanto non è vissuta a lungo. Un caso più unico che raro anche per via delle probabilità che ci siano contemporaneamente una donatrice e un ricevente così piccoli. Interventi di questo tipo vengono già fatti da tempo, spiega Carlo Valerio Bellieni, neonatologo docente di Terapia Neonatale alla Scuola di Specializzazione in pediatria dell’Università di Siena.

A dare notizia di questa complessa operazione è l’Archives of Disease in Childhood. È un caso così raro?
Casi così si verificano poco perché se nascono bambini con organi problematici, per esempio cardiopatici, si cerca di rinviare un eventuale trapianto di qualche anno. Innanzitutto perché è più facile imbattersi in donatori dell’età necessaria, e poi perché gli organi continuano il loro sviluppo nel tempo ed è meglio fare il trapianto in un bambino più grande e forte. Un fegato di un neonato è davvero minuscolo. Più di frequente vengono prelevati da neonati che non sono sopravvissuti le cornee, perché l’occhio alla nascita ha già delle dimensioni abbastanza grosse. La notizia della bimba fa scalpore per i grandi progressi della chirurgia. In casi analoghi, se fosse stata diagnosticata prima della nascita, potrebbero dire che la bambina è stata fatta nascere come involucro di organi sani, falsando la realtà, visto che nascere era un diritto implicito di quella neonata ma anche nell’interesse dei genitori.

Una diagnosi infausta durante un’ecografia potrebbe far venire il dubbio nei genitori che sarebbe meglio non portare a termine quella gravidanza.
Questo tipo di gestazioni va portato a termine non solo per il bambino, che ha diritto di venire al mondo, ma sopratutto per i genitori, che potranno vedere il suo viso e passare con lui dei momenti, anche se pochi. Questo fatto è importante per l’elaborazione del lutto. Un bambino abortito prima del termine è un bambino di cui i genitori non vedranno mai il volto. Con gli anni a venire continueranno a non riuscire a immaginarlo, e il dolore rimarrà sempre lì, latente. Al contrario, se nasce, i genitori potranno avere dei ricordi a cui ripensare in futuro, anche progettando una gravidanza successiva. In molti ospedali viene creata un’equipe di aiuto, formata da uno psicologo, un neonatologo, un ginecologo e altre figure di riferimento proprio per aiutare i genitori in un momento critico ad avere tutte le informazioni e il supporto in particolare se la gravidanza proseguirà, cosa che non determina necessariamente i problemi psicologici che taluni pensano.

In questo caso qualcuno potrebbe parlare di egoismo dei genitori.
Un bambino che nasce, avendo come prospettiva di vita pochi giorni, o addirittura poche ore, verrà trattato con tutte le cure che si riservano a un adulto. Verranno somministrate cure palliative, necessarie a farlo soffrire il meno possibile, potrà essere tenuto in braccio dai suoi genitori, e sentire il loro affetto. Non è meno figlio se vive per poco.

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1 commento

  1. leo aletti

    E’ accogliendo sempre l’uomo fin dal concepimento, che si affronta in modo adeguato la patologia della gravidanza.Le risposte cliniche sono sempre più stupefacenti.

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