Tornano i Forconi e occupano il Parlamento siciliano. «Non ci hanno ascoltato»
Tremate, i Forconi son tornati. Con la consueta eleganza: «I deputati dell’Assemblea regionale siciliana non sanno cosa rispondere. Ci hanno rotto i coglioni» ha detto il leader del movimento siciliano, Mariano Ferro, che con questo urlo di battaglia ha dato il via all’occupazione del Parlamento regionale, l’Ars, ieri pomeriggio. Prima a Palermo hanno sfilato 3 mila persone: un corteo dove insieme ad agricoltori, pescatori, autotrasportatori che chiedono alcune riforme “spicce” contro la crisi dell’isola, si sono aggregati presto anche gli studenti di Palermo che protestano invece per la Tav in Val di Susa. Una delegazione di 20 rappresentanti dei Forconi, sempre ieri, ha dunque incontrato a Palazzo dei Normanni il presidente dell’Ars Francesco Cascio. E in quel frangente la delegazione ha occupato la sala della Commissione attività produttiva, dove si è poi installata per tutto il resto della notte. Non c’è stato verso di allontanare i Forconi da Palazzo dei Normanni, tant’è che da stamattina l’ingresso al parlamentino locale è bloccato anche a tutti i giornalisti.
«I problemi che poniamo» ha detto Mariano Ferro «devono essere risolti strutturalmente, non con provvedimenti tampone. Vogliamo vendere le arance l’anno prossimo non a 4 centesimi al chilo, le vogliamo vendere al prezzo giusto: devono darci le risposte che chiediamo. Non vogliamo elemosine, ma provvedimenti strutturali. Ci hanno risposto che la Regione può fare ben poco, e che i problemi che stiamo ponendo sono da governo nazionale. Aspettiamo cosa decide Lombardo». Il governatore Lombardo, “don Raffaè” come lo chiamano in Sicilia, dal canto suo, vedendo l’occupazione del Parlamento più antico d’Europa ha fatto spallucce. «Abbiamo affrontato seriamente le richiese del movimento e dato delle soluzioni» ha commentato ai giornalisti. «Del resto vedo che manifestano davanti all’Ars e non davanti alla presidenza della Regione. Prima se la prendevano sempre con me». Oggi i Forconi chiedono ancora il federalismo fiscale, defiscalizzazione dei carburanti (in Sicilia viene raffinato il 40 per cento dei carburanti usati in tutt’Italia ma il costo alla pompa è tra i più alti del Paese) e la sospensione dei pagamenti alla Serit (l’ente di riscossione tasse locale, equivalente di Equitalia).
La prima manifestazione dei Forconi, che già portava avanti queste richieste, fra il 16 e il 20 gennaio scorso ha portato alla paralisi di gran parte dell’isola, per blocchi stradali e ferroviari e soprattutto per lo stop di gran parte dei trasporti su gomma, che portarono anche all’esaurimento delle scorte in moltissime città sia degli alimenti che della benzina. Secondo le associazioni dei produttori i danni arrecati dalla prima protesta dei Forconi si aggirano sui 500 milioni di euro (dati rilasciati tra l’altro da Confindustria e Confcommercio), di cui ben 50 milioni di euro solo per l’agricoltura (dati di Coldiretti e Cia), colpita proprio nel periodo nevralgico di produzione e commercio delle arance. Oggi Ferro però rilancia: «Le nostre richieste, portate dal governatore Lombardo al tavolo tecnico di Roma non hanno avuto risposte. A questo si è aggiunto un accordo firmato da Ue e Marocco, che penalizzerà ulteriormente la Sicilia con una concorrenza sleale. E dobbiamo anche dire, però, che l’Europa ha dato in questi anni 14 miliardi di euro alla Regione di cui è stato speso solo il 10 per cento. Tuttavia la straordinarietà del momento non è stata ancora percepita dalle istituzioni. Non è più possibile fare manifestazioni nell’isola ma per quanto ci riguarda non ci fermeremo, staremo qui finché non avremo risposte e non escludiamo che la benzina tornerà a mancare nei rifornimenti perché le raffinerie saranno bloccate». In queste ore, nel corso di una nuova manifestazione, i Forconi sfilano anche davanti alla sede palermitana della Serit, cinta da due cordoni di forze dell’ordine: e simbolicamente i manifestanti hanno bruciato alcune cartelle esattoriali.
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