
Torino. Perché il regolamento del Politecnico sui fuoricorso è giusto e sensato

«Pugno di ferro sui fuori corso al Politecnico di Torino: chi non ha i crediti resta escluso». Così titolava la Stampa giovedì 18 marzo, spiegando che chi non supererà gli esami sarà estromesso dai corsi di laurea. Toni accusatori nei confronti del Politecnico, tacciato di essere troppo severo nel nuovo regolamento e di non tenere conto dei ragazzi in difficoltà, da aiutare invece che punire. A spiegare a tempi.it come sono andate veramente le cose è colei che ha redatto il nuovo regolamento, la professoressa di Matematica Anita Tabacco, vice-rettore per la Didattica.
Professoressa, al Politecnico siete diventati severissimi?
Francamente non ho capito il motivo delle polemiche. Da mesi stavamo lavorando all’approvazione di questo nuovo regolamento didattico, mesi di lavori con professori e rappresentanti degli studenti: non si è trattata di una sorpresa. Il regolamento è stato votato all’unanimità dal Senato accademico, con un solo voto contrario. Nel corso delle discussioni gli studenti stessi hanno dimostrato di essere in gran parte favorevoli all’introduzione di nuovi criteri. Qualche settimana fa, prima dell’approvazione definitiva, ero stata contattata da un giornalista che voleva avere spiegazioni a riguardo, probabilmente a sua volta contattato da qualche studente avverso all’idea. Per dimostrare che abbiamo fatto tutto con chiarezza, ho indetto un’assemblea con gli studenti del Politecnico, il prossimo 4 aprile. Risponderò a tutte le domande che mi saranno poste.
La Stampa scrive: «Basterà non aver finito gli esami del primo semestre entro due anni per dover ripartire dalla casella iniziale». È così?
Comincerei con il sottolineare che gli esami di un semestre non sono poi così tanti. Una volta finito il secondo anno, chiediamo agli studenti di avere superato quel gruppo di esami del primo anno, per potersi iscrivere al terzo. Non mi sembra una richiesta esagerata, dovrebbe essere lo studente stesso a rendersi conto che qualcosa non va nel suo modo di studiare o di frequentare, e farsi delle domande su quale sia il miglior modo di continuare. Non è vero che lo studente ripartirà da zero, i crediti gli saranno riconosciuti. Il fine ultimo non è quello di lasciare a casa gli studenti, ma aiutarli a capire qual è la strada migliore per loro. Cosa che già facciamo attualmente con il tutoraggio, disponibile per tutti gli studenti che ne abbiano bisogno. Per ultimare il proprio piano di studi, lo studente avrà a disposizione un massimo del doppio degli anni previsti dal corso di laurea. Ciò significa che per una laurea triennale si potrà impiegare un massimo di sei anni, per una laurea magistrale, che dovrebbe durare quattro anni, se ne potranno impiegare otto. Quest’anno si è laureato al Politecnico uno studente che aveva cominciato 30 anni fa: scopo del nuovo regolamento è non avere più simili incongruenze.
Di solito le università guadagnano dai fuori corso, perché gli studenti devono continuare a pagare le tasse anche se non portano a termine gli esami.
Mi creda, il fine ultimo di questo nuovo regolamento è didattico, non economico. Qualcuno potrà pur dire che è controproducente, perché uno studente fuoricorso che paga è pur sempre un’entrata, ma sono molti di più invece i costi per l’università. Per ogni studente fuori corso occorre prevedere posti in aula e alle sessioni di esame, nonostante magari siano anni e anni che non entrano in università. Talvolta accade che un corso di laurea non venga rinnovato, perché ha un numero basso di iscritti oppure è necessario un rinnovamento del corso stesso. Che senso ha avere uno studente fuoricorso di un corso di laurea che non esiste più? Dopo tre anni, lo studente potrà chiedersi se sta seguendo la strada giusta, a me pare sensato. Meglio entrare subito nel mondo del lavoro piuttosto che sprecare il proprio tempo a cercare di laurearsi, seguendo una strada che non ha convinto fin dall’inizio.
Ci sono università in Italia che hanno regolamenti simili al vostro?
Senz’altro, non siamo i primi in questo senso, mi vengono in mente l’università di Trento o il Politecnico di Milano. Pensiamo a tutti gli studenti che percepiscono borse di studio: a loro viene chiesto ogni anno di essere in corso con gli esami, pena la perdita del sussidio economico. Oppure quando il piano di studi è impostato in modo da vietare allo studente di non fare il modulo 2 di un corso prima che abbia superato il modulo 1.
Sulla Stampa del 19 marzo, è stata pubblicata la lettera di uno studente iscritto al Politecnico da 43 anni, non ancora laureato, che trova ingiusto essere tagliato fuori.
Immagino che negli anni in cui è rimasto iscritto come fuori corso abbia lavorato. Il nuovo regolamento comunque entrerà in vigore dal prossimo settembre. Forse farà ancora in tempo a concludere il suo piano di studi entro quella data.
Foto Ansa
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1 commento
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In effetti un semestre ogni tre anni non è insensato, ma ricordo che tantissimi dei miei ex-colleghi universitari lavoravano anche a tempo pieno e questo non è certo un demerito, anzi…
Poi ci si lamenta che i giovani non sanno sacrificarsi!!!