«Oggi le forze dell’ordine sono ancora presenti e sa quali sono le ultimissime notizie? A Tor tre teste, circa 500 metri-un chilometro da Tor Sapienza, due nomadi, moglie e marito, hanno cercato di rapire due bambini italiani, proprio questa mattina. Non hanno nemmeno paura delle forze di polizia schierate, né li ferma la paura di una nuova guerriglia urbana come quella degli ultimi giorni. Stupita ho voluto chiedere conferma di questa notizia in ambito investigativo, per paura che qualcuno dei residenti avesse esagerato. Mi hanno assicurato che è proprio andata così, che c’è una denuncia in corso e che i due sono stati fermati. Ma non hanno paura di nulla?»: cronache di vita quotidiana a Tor Sapienza, la periferia romana da una settimana sotto i riflettori dell’intero paese. A parlare a tempi.it è Marina Brasiello, presidente dell’associazione Famiglia c’è, attiva a Tor Sapienza nell’aiuto dei nuclei più deboli, dei minori e delle donne vittime di violenza. Brasiello con la sua associazione si occupa di “Anna”, la donna vittima di un tentato stupro che la settimana scorsa ha innescato la rivolta dei residenti: così Brasiello è diventata uno dei volti di riferimento della protesta in corso.
Quando sono iniziati i problemi di Tor Sapienza?
Mi sono sposata nel 1986, quando il centro di accoglienza ancora non c’era, mentre c’erano già le case popolari. Siamo sempre andati d’accordo tutti, mi ricordo che una sera mio marito mi ha fatto la serenata sotto le finestre, ed eravamo scesi tutti in strada, c’era un clima di festa. I bambini hanno sempre giocato ai giardinetti. Per strada non veniva scippata nemmeno una vecchietta. Al massimo c’erano i furti di auto, classici per le periferie di qualsiasi città. Nel 2009-2010 è stato aperto questo centro, ma già dagli anni Duemila le cose avevano iniziato a prendere un’altra piega. Prima sono arrivati i rom. Poi è arrivata la prostituzione femminile e poi quella dei transessuali. Il risultato è che ora non si può passare alla sera per via Morandi, una delle arterie del quartiere, e nelle vie limitrofe che sono tutte buie. Perché c’è una sorta di coprifuoco. Al mattino dobbiamo stare attenti a dove camminano i nostri bimbi, perché ci sono siringhe gettate ovunque. Un tempo qui c’erano i parchetti, con le altalene, dove potevano giocare. Ora non c’è più nemmeno una panchina. L’unico parco è quello all’inizio di via Morandi gestito dagli abitanti del quartiere, che è perfetto. Negli anni, sono iniziate le rapine, gli stupri. Possiamo dimostrare che i colpevoli non fossero italiani? Sì: avevano un accento spiccatamente straniero.
Lei ha citato un episodio di stamattina i cui i responsabili sarebbero nomadi rom. Anche Anna, la vittima del tentato stupro, ha denunciato ai carabinieri che gli autori sarebbero stati rom, non gli africani ospiti del centro. Allora perché la protesta del quartiere si è rivolta principalmente contro quest’ultimo?
Perché ad oggi quel centro viene passato come accoglienza per minori, ma non è sempre stato così. È vero, il tentato stupro di Anna è stato commesso da due rumeni, ma la sera prima ce n’era stato un altro in cui gli autori erano di colore. Nel centro sono stati ospitati anche adulti, che hanno messo in atto gesti di ribellione, che hanno reso la vita impossibile anche ai tanti anziani che vivono qui. Mia mamma abita di fronte al centro e non poteva nemmeno stendere la biancheria, perché le mostravano il pene dalle finestre e la insultavano. Così nel quartiere è covata la rabbia culminata in assetto di guerra. L’altra sera mia madre mi ha chiamata: «Marina, è pieno di polizia, perché a quelli del centro non piace il mangiare e lo stanno buttando dalle finestre». Io penso che non è che un quartiere sia impazzito. A me non piace la violenza, non mi piace da nessuna delle due parti, ma non ci sono santi né tra noi né tra loro. Qui c’è gente del quartiere che se n’è dovuta andare, me compresa, che ho dovuto trasferirmi, a causa di una malattia del sistema immunitario e della sporcizia che creavano, in una periferia a pochi metri di distanza. Allo stesso tempo al centro sono arrivate anche tante persone per bene, esiliati politici e persino perseguitati cristiani, che incontravamo nella parrocchia del quartiere. Poveretti, li abbiamo visti tante volte andare in giro con molta umiltà anche a rovistare nell’immondizia, d’inverno, in cerca di giubbotti. Ma il problema è che una minoranza tra loro ha creato una situazione di violenza. Non mi sento di dire che dentro il centro nasce il problema degli stupri, ma sicuramente lì nasce la mancanza di rispetto per chi vive nella zona. Molte volte loro hanno manifestato lanciando oggetti dalle finestre. In mezzo a loro ci sono molti ragazzi che si sono comportati bene: quel centro è diventato l’emblema non della differenza etnica, ma della violenza nei nostri confronti. Nel resto del quartiere noi conviviamo serenamente con altri stranieri. Quei cingalesi, egiziani, nord africani sono i primi che dicono che non siamo razzisti. Ed è vero, noi li trattiamo come fratelli quando si comportano bene. È accaduto solamente che hanno preso piede delle persone violente, e noi ci stiamo ribellando solo contro queste ultime. La situazione è degenerata da tre anni, e non ne possiamo più. Stamattina il nuovo fatto, ma di che stiamo a parlare allora da una settimana? Non ci stiamo a passare per non tolleranti, siamo contro le persone che vengono a delinquere, stuprare e rubare.
Sono stati pubblicati video dei tafferugli in cui si vede che i minori del centro vengono aggrediti.
No, fisicamente non ci sono state aggressioni. I residenti hanno urlato, e hanno scagliato qualche sasso, ma i ragazzi del centro, dal canto loro, ci hanno lanciato sedie e coltelli. Penso che sia diventata una guerra fra poveri.
Molti reportage mostrano residenti che parlano di infiltrazioni dell’estrema destra, ad esempio di Casa Pound. Dietro la vostra protesta c’è la destra? Lei è di destra?
No. Mio marito era guardia del corpo dei dirigenti del Pci a partire da Enrico Berlinguer. Io mi reputo apartitica. Per quanto riguarda la mia associazione, posso dire che collaboro con un avvocato di destra, con una rumena e due volontarie africane. Sono bravissime, le reputo delle vere professioniste e con l’associazione cerchiamo di difendere tutti. Non è vero che ci siano state infiltrazioni, non ci sono persone di destra dietro quello che sta succedendo. Non abbiamo identificato chi tra i residenti è sceso in strada la prima sera, ma ci sono state anche donne, perché siamo stanche di avere paura. Siamo stanche di vedere i nostri figli che pure sull’autobus hanno paura. Non siamo razzisti, siamo stanchi e pensiamo che il nostro problema sia simile a Milano, a Bologna, ovunque in Italia.
Marino è venuto a Tor Sapienza, è stato contestato, ha incontrato alcuni di voi. È cambiato qualcosa?
Stamattina stanno potando tutti gli alberi. C’è voluta tutta questa guerriglia per far potare due alberi? Sempre stamattina il comitato di viale Morandi è stato ricevuto ancora una volta dal sindaco Marino. I punti chiave di ciò che chiedono i residenti sono cinque, quello principale è lo sgombero dello stabile, che vorremmo riadibito a centro di accoglienza per ragazze madri. Anche stranieri, per noi va bene. Con fermezza è stato ribadito un no secco agli uomini. Poi è stato chiesto il rifacimento del quartiere. Quando domenica sono stata ospite di Lucia Annunziata ho fatto presente al sindaco che è da molto tempo che cerco una sede per l’associazione, e che al comune non mi hanno mai risposto. Lui mi ha assicurato che mi avrebbe richiamata subito: 48 ore dopo ancora non l’ho sentito.