Il ritiro in differita di Tom Brady, il più grande quarterback di sempre

Di Roberto Gotta
06 Febbraio 2022
L'eccezionale normalità del più forte giocatore di football di tutti i tempi. Lavoro duro, poca retorica, famiglia e idee non mainstream
Tom Brady, a destra con il numero 12, in azione con la maglia di Tampa Bay contro gli Atlanta Falcons lo scorso 5 dicembre (foto Ansa)

Il primo ritiro al Var nella storia dello sport. L’annuncio, la reazione di milioni di appassionati, le perplessità, poi tre giorni dopo la conferma, un’emozione differita come quella dopo un gol dubbio o un rigore non dato. È vero, l’annuncio iniziale non lo aveva dato lui, Tom Brady, autore invece della conferma, ma l’idea che si è creata e si perpetua, a bocce ferme, è che l’uscita di scena del giocatore di football più vincente della storia sia stata una sorta di saga, potente al punto da catturare l’attenzione di tutti.

Il primato assoluto di Super Bowl

Per 20 anni, Brady è stato al centro delle discussioni degli appassionati. Non sempre amato, anzi: la sua appartenenza ai New England Patriots, squadra con tifosi e persino membri dei media piuttosto faziosi e dai nervi scoperti, gli ha creato una vastissima popolarità ma anche una nutrita schiera di detrattori (quelli che noi italiani, impoveriti nel linguaggio, chiamiamo “hater”), sempre pronti a rilevare il favorino arbitrale, la decisione favorevole, addirittura la fortuna di determinate situazioni.

Una quindicina di anni fa il loro allenatore, Bill Belichick, venne multato di mezzo milione di dollari per una torbida vicenda di spionaggio industriale, con ripresa (clandestina) di una parte di allenamento dei St.Louis Rams, avversari poi battuti nel Super Bowl del 3 febbraio 2002 (20 anni, appunto) che aprì la serie di sette trofei vinti da Brady, primato assoluto. Ma ad un certo punto è subentrata una Sindrome di Stoccolma. Ma alla fine, denigrati da molti e amato da tanti, Tom Brady dava l’impressione che non si potesse fare a meno di lui: che il quarterback che ci ha tenuti in ostaggio da ben prima che esistessero i social media era destinato a segnarci per sempre.

Tutt’altro che predestinato

L’eccezionalità di Brady è stata nella sua normalità (escludendo forse la statura, 1.93): famiglia di buoni mezzi, non ricca ma senza quel disagio che piace tanto agli storyteller contemporanei, un’infanzia normale segnata dall’eccellenza atletica delle tre sorelle maggiori che lo stimolò a mettersi in forma, lui non proprio magro, per cercare di tenere il passo con loro. Tutt’altro che un predestinato, aveva avuto difficoltà a mettersi in luce sia liceo sia al college: anzi, in nessuna tappa della sua carriera – che lo ha visto eccellere anche nel baseball – ebbe, a inizio stagione, la fiducia piena dell’allenatore, cosa che lo porterà a chiedere il sostegno psicologico di un consulente della sua università, in Michigan.

Convocato finalmente dai Patriots, nel 2000, dopo che prima di lui erano stati scelti dalle altre squadre altri 198 giocatori, strinse la mano al proprietario dicendogli che «scegliere me è stata la migliore decisione della sua vita». Una frase che avrebbe potuto renderlo ridicolo, se si fosse saputa subito, ma diventata realtà quando, dal settembre del 2001, Brady non ha fatto altro che eccellere.

Nel video del suo provino per la NFL si vede un ragazzone più “morbido” che muscolarmente definito: da allora il suo percorso è stato stupefacente e snervante, perché ha dimostrato che con un lavoro feroce, maniacale e decisamente volitivo, anche un giocatore poco considerato poteva diventare un mito, mentre altri più dotati da madre natura si perdevano per strada. 

I suoi detrattori hanno le armi spuntate

Nel cielo limpido della sua perfezione, i suoi detrattori si sono attaccati a nuvole passeggere per criticarlo. Nuvola passeggera fu la squalifica di quattro partite, scontata a inizio 2017 dopo una serie di ricorsi, per un presunto accordo con degli inservienti affinché sgonfiassero leggermente i palloni di una partita importante per renderli così più maneggiabili in una giornata di maltempo (Brady distrusse un cellulare sul quale potevano esserci messaggi compromettenti, in quell’occasione).

Ma alla fine, all’ennesima vittoria, all’ennesima dimostrazione di intelligenza non solo sportiva, le nuvole si sono dissipate e solo un pazzo metterebbe in dubbio la sua grandezza, specialmente dopo il passaggio a Tampa nel marzo del 2020 e l’immediata vittoria di un Super Bowl, mettendo a tacere chi sosteneva fosse un quarterback favorito dal sistema di gioco adottato da Belichick. Uno così, dissero i nuovi compagni di squadra, dà un esempio così nitido di dedizione, di studio e di applicazione, che quasi ti senti in colpa a non imitarlo.

L’importanza della famiglia

«Avrò tempo di uscire quando smetterò di giocare», aveva detto a un compagno di squadra nell’agosto del 2000, poche settimane dopo la firma del suo primo contratto: non è stato così, altrimenti non avrebbe conosciuto la moglie, la modella Gisele Bündchen, a un appuntamento al buio organizzato da un amico comune. Col tempo chi lo prendeva in giro per il suo regime alimentare regolato, per i gelati all’avocado, per l’astinenza da alcool, caffè e qualsiasi sostanza di ostacolo alla piena efficienza fisica, ha dovuto ammettere che aveva ragione lui.

La sua immagine di uomo estremamente legato alla famiglia può sembrare costruita, irreale, ma va collocata in un contesto nel quale Brady si è cullato fin da bambino. La madre, da lui spesso salutata nelle interviste a fine partita, e il padre con le sorelle, lo hanno spesso seguito, e anche le dichiarazioni di Tom senior sono sempre apparse come un appoggio al figlio, e non interferenza indebita.

La poca retorica di Tom Brady

Questa sua grandezza gli ha concesso la colossale libertà di agire e pensare come ha voluto. A parte qualche raro cedimento retorico, non si è mai abbandonato ai luoghi comuni e al buonismo che pare ora necessario esporre e ostentare non appena si raggiunge un minimo di notorietà. Anzi, forse proprio perché la sua popolarità è massima ha potuto permettersi di non farsi imprigionare da certi giochetti e di portare avanti, anche qui senza sbatterlo in faccia al mondo, quello che pensa, e soprattutto quello che non pensa. La fede cattolica della famiglia, ad esempio.

È vero che Tom si è dichiarato più “spirituale” che religioso, e Tom senior, parlando a un’assemblea ecclesiastica alcuni anni fa, aveva rilevato con un po’ di dolore il fatto che un cattolico rigoroso come lui avesse avuto in famiglia una serie di eventi non proprio ortodossi (Tom divenne padre di un bambino dalla ex fidanzata quando già usciva con la Bündchen), ma la base è quella di una famiglia e di un sistema di valori che cozzano in maniera non ostentata con le tendenze attuali al liberi tutti, al tentativo di togliere la parola a chi si opponga a chi vede la società come una mescolanza anarchica di elementi.

L’amicizia con Donald Trump

Prendiamo la sua amicizia con Donald Trump, nata quando, più di 20 anni fa, venne chiamato a fare da giudice all’elezione di Miss USA organizzato preso un resort del magnate, e Brady viaggiò con lui sul suo aereo privato. Nei giorni caldi dell’elezione 2016 Brady fu messo sotto pressione da chi si dice democratico solo verso chi vota Democratico, e apriti cielo quando comparve nel suo armadietto degli spogliatoi un cappellino con l’acronimo MAGA – Make America Great Again – simbolo della campagna elettorale di Trump. Gisele dovette irrompere in tackle scivolato per impedirgli di dire cose di cui lo avrebbero fatto pentire, e lo stesso Tom ha sempre evitato di sporgersi troppo oltre la ringhiera, nel timore che qualcuno lo buttasse di sotto. Non per codardia, a quanto pare, ma per cautela.

Vero però che era stato ospite al rituale discorso sullo Stato dell’unione del presidente George W. Bush nel 2004 e che nel 2018 ha appoggiato la candidatura di una repubblicana per un ruolo importante nello stato del Massachusetts, ma per il resto il non-detto vale tanto quanto il detto, e colloca Brady nel novero di chi non si mai voluto arrendere alle mode, alle tendenze, al buonismo che ti colloca rapidamente dalla parte giusta per plebiscito mediatico.

Tom contro il Tempo

Un documentario su di lui uscito cinque anni fa, chiamato Tom v Time (Tom contro il passare del tempo), rappresentava, secondo il pippone di sinossi che lo accompagnava, “il racconto di come conduce la sua opera sovversiva contro le tavole attuariali dei quarterback”, ove le tavole attuariali sono grafiche statistiche che danno informazioni sull’aspettativa di vita di una persona (o di una persona che ricopre un ruolo, come in questo caso). Beh, con un Super Bowl vinto a 43 anni e mezzo e buonissime prestazioni fino alla sua ultima gara, due settimane fa, Brady apparentemente ha vinto pure quella sfida. E ora, parafrasando quel che un giocatore dei Chicago Bulls disse a Michael Jordan, al momento del suo ritiro, «hai tutto il tempo che vuoi e tutti i soldi che vuoi, mi fai paura». Già.

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