
Thyssen, Astone: «Condannare per omicidio volontario l’ad è esagerato»
Le parole di Emma Marcegaglia sulla condanna a sedici anni e mezzo inflitta all’amministratore delegato della Thyssenkrupp non cessano di suscitare polemiche, Presto ci sarà un incontro, pubblico o privato, della presidente di Confindustria con i parenti dei sette operai morti nella sede della multinazionale dell’acciaio. Nel frattempo Tempi ha chiesto un parere sulla vicenda a Filippo Astone, giornalista economico che ha pubblicato lo scorso anno “Il partito dei Padroni”, inchiesta sulle responsabilità di Confindustria nella conduzione del Paese.
Emma Marcegaglia ha spiegato l’applauso della base all’ad di Thyssenkrupp con queste parole: «C’è il nostro totale e assoluto impegno sulla sicurezza sul lavoro. Dalle Assise c’è stato un grande applauso all’ad di Thyssen perché la condanna a 16 anni e mezzo per omicidio volontario rappresenta un unicum in Europa».
La sentenza in effetti è esagerata. La questione della Thyssen Group è drammatica, e sicuramente l’azienda deve essere sanzionata e i responsabili devono essere puniti. Ma condannare per omicidio volontario l’amministratore delegato, con una pena di 16 anni, forse è qualcosa non tiene. Bisogna vedere che cosa succederà in appello. Detto questo, è stata una gaffe di comunicazione. Forse la presidente di Confindustria doveva prevedere che le sue dichiarazioni su questa vicenda sarebbero state interpretate in senso estensivo. Comunque, il problema della sicurezza sul lavoro va al di là della specifica questione Thyssen. E’ molto grave e deve essere affrontato.
Alla base dell’applauso ci sarebbe il timore che la sopravvivenza del nostro sistema industriale possa essere messo a repentaglio da” un atteggiamento che allontanerebbe gli investimenti esteri dall’Italia”.
Il punto non è certo questo. E se la sopravvivenza del sistema industriale italiano è a rischio, ciò avviene per la pochezza della nostra élité dirigente economica e politica, e non certo per una sentenza strampalata.
È curioso che il primo ad intervenire sulla vicenda sia intervenuto il Ministro Calderoli, considerando l’ovazione «davvero fuori luogo» e l’intervento della leader di Confindustria impregnato di «una certa arroganza professorale». Una strizzata d’occhio agli operai con la tessera del Carroccio in tasca, o c’è dell’altro, ad esempio una frecciata a Montezemolo come possibile avversario politico?
Non c’è niente d’altro se non la capacità di Calderoli di sfruttare l’occasione per mettersi in mostra.
La questione Thyssen ha creato un cono d’ombra sul resto delle Assisi Generali. Ci sono stati altri momenti ugualmente significativi?
Uno in particolare. L’applauso di 15 minuti ininterrotti tributato dagli imprenditori presenti a Ivan Lo Bello e Antonello Montante, i protagonisti della rivoluzione siciliana per la legalità imprenditoriale, una rivoluzione che sta contagiando anche la Calabria, la Campania e le regioni del Nord Italia. Due imprenditori coraggiosi, che vivono perennemente scortati e a rischio della loro incolumità personale. E che, insieme a moltissimi altri che li seguono, hanno deciso di metter fuori da Confindustria le aziende che scendono a compromessi con la criminalità organizzata. Questa rivolta, che a me piace chiamare primavera imprenditoriale siciliana, è il punto più alto della storia degli industriali italiani. Peccato che, dal punto di vista mediatico, sia stata coperta dalla dichiarazioni sul caso Thyssen.
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