
The Danish Girl. Film banale e fatto con i piedi

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Melodramma accademico e lezioso. E non c’entra il tema, transgender e quant’altro. Ché qui, a scanso di equivoci, vale il principio del bello e del ben fatto più che del tragico tema da sviluppare. E qui le cose sono fatte coi piedi e Tom Hooper, che aveva fatto un film ben scritto come Il discorso del re, precipita nel luogo comune e nell’ovvietà.
C’è Redmayne, alle prese con un altro ruolo da trasformista (ma esagera in tic e mossette) che fa il pittore efebico. Ha una moglie supertopolona sempre nuda ma la cosa non sembra destare grande interesse. Più frizzante camminare sui tacchi, vestirsi da donna, farsi sedurre da uomini, un gioco di dubbio gusto fatto con la complicità della moglie che accompagnerà il marito nel suo viaggio alla riscoperta di se stessa.
Ecco: The Danish Girl non brilla per svolte, manca di pathos e sacrifica il dramma del personaggio per far leva sulla pietà del pubblico.
Foto Ansa
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8 commenti
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Ho trovato invece il film bellissimo, non è semplice in due ore spiegare il dramma di una persona che non di sente nel corpo giusto. Va prima di tutto visto con un’ottica del periodo e non con la mentalità attuale. In alcuni paesi come la russia i “diversi” sono ancora perseguitati. Basta pensare anche in italia per una legge che permetta a due persone dello stesso sesso di avere dei diritti quanto si discute considerando che questo discriminazione va contro i principi fondamentali della nostra costituzione.
Non è semplice non cadere nella superficialità, sarebbe stato più facile far fare al personaggio maschile atteggiamenti simili alle commedie italiane come il film “il vizietto”.
Peccato che sulla questione dei diritti tu abbia scritto solo balle, come pure il “dramma di una persona che non si sente in corpo giusto” si chiama malattia mentale.
trovo sia un bellissimo film……mi e piaciuta molto la sensibilità dei due coniugi nell afrrontare questo cambiamento insieme,
La sensibilità di un mondo irreale e di plastica.
Si intuisce che è una “pirlata” già dal trailer…….
……ma a chi importa?….tanto il fine è dare un colpo a favore di certa ingegneria sociale……
Film come questi non aiutano la causa, ma aumentano il senso di accerchiamento di chi non cede alla ri-programmazione mediatica.
Simone Fortunato, mettetevi d’accordo!
Su vostro sito Sentieri del Cinema la collega Laura Cotta Ramosino dà un giudizio quasi opposto…
Mi piacerebbe saper usare i piedi in questo modo. Il film ha un livello estetico molto alto, il tema è trattato con attenzione. Il fatto che narri una vicenda reale è importante. È emozionante, se ci si lascia emozionare, coinvolgente se ci si lascia coinvolgere. Se lo si vuole analizzare solo razionalmente si va poco in là.