«Come era prevedibile la lotta popolare contro il Tav in Val di Susa è stata portata alla sconfitta da una strategia politica completamente sbagliata. Avevamo avvertito i compagni leninisti che senza un’azione di forte rottura nei metodi, il sistema borghese avrebbe messo a tacere e represso il Movimento». Inizia così il messaggio, fatto recapitare ieri alla redazione torinese dall’Ansa, riportante sulla busta il regolare timbro postale 11 agosto, a firma Noa (Nuclei Operativi Armati).
Nel documento, giudicato attendibile ma al vaglio degli inquirenti per comprenderne di più, si scrive di un incontro avuto lo scorso marzo con i “presunti leader del Movimento No Tav”, ai quali avrebbero spiegato che «la loro condotta avrebbe distrutto la partecipazione popolare e demotivato i gruppi di azione presenti sul territorio, pronti al salto di qualità nella lotta: avevamo ragione, come dimostrano i fatti degli ultimi mesi».
CONTRO LO STATO BORGHESE. I Noa criticano i «borghesucci di Askatasuna», il grande centro sociale torinese (di area autonoma) che da anni gioca un ruolo da protagonista all’interno dell’universo No Tav. Nel mirino – assieme ai nemici storici Stefano Esposito (senatore Pd) e il capo della Digos Giuseppe Petronzi – finiscono i giornalisti torinesi: Paolo Griseri, Massimo Numa e Bruno Babando.
Durissima la critica rispetto alla strategia legalitaria. «Contro lo Stato borghese e reazionario – si legge nel documento – non si utilizzano denunce, tribunali e avvocati, per battere e ridurre al silenzio i nemici si pratica la lotta armata». L’appello è «alle compagne e ai compagni delusi dalla strategia del movimento No Tav perché si uniscano ai Noa e ai gruppi di azione armata».
Si cerca, insomma, il primo colpo. Difficile dire la presa che un simile documento potrebbe fare, ciò che è certo è che sempre più il movimento trenocrociato è visto come un “brodo di coltura” in cui tentare entrismi sempre più spericolati.