
Talk politici, voti: Floris 5, Vespa 4, Paragone 7, Santoro assente
E’ iniziata da più di un mese la nuova stagione sulle reti generaliste e già si sono emesse le prime sentenze per quanto riguarda l’auditel. In generale si nota una flessione complessiva dell’audience sulle tivù “istituzionali” sia pubbliche che private: primi effetti di dispersione degli spettatori in seguito all’avvento delle reti digitali o disamoramento per l’evidente bassa qualità delle trasmissioni? Ci sarà modo si sviscerare queste domande epocali nel corso delle prossime settimane, intanto però si può già dare un giudizio agli anchor-man dei talk politici, che hanno ripreso dopo quasi due mesi di vacanza dibattiti e approfondimenti.
L’impressione è che la schiera dei talk si sia rimessa in moto ingessata e macchinosa, ancora troppo debitrice all’ideologia di riferimento e piena di preconcetti che ha reso il dibattito sempre più noioso e privo di vere novità nella comunicazione politica. Per rendere più esplicita la situazione, Pollicino ha voluto stilare pagelle e giudizi su quello che fino ad ora ci hanno offerto i più importanti appuntamenti settimanali:
Ballarò (voto 5): Giovanni Floris si barcamena nella solita occhiuta scelta di ospitare contemporaneamente un numero tale di politici e di esperti che immancabilmente si parlano sopra, a scapito della intellegibilità delle analisi, mentre il conduttore si fa i suoi bei chilometri da un capo all’altro dello studio. Si rischia di far diventare la copertina satirica di Crozza l’unica parte interessante del programma.
L’infedele (voto 5–): Un Gad Lerner, sempre più acido e incattivito, continua, ostentando il format mai gridato e compassato, la sua battaglia contro le veline. Non sarà, per caso, che Lerner si adombri consapevole che i picchi di ascolto si verificano quando si trattano le questioni morbose di sesso ed escort? Non è una bella notizia per chi rincorre la chimera dell’asettico dibattito politico in un salotto televisivo rivolto ad un’audience d’elite, quella progressista con la puzza sotto il naso.
Porta a porta (voto 4): La cosiddetta “Terza Camera” ormai ci ha sfiancato. Il salotto di Bruno Vespa diventa sempre più inguardabile sia quando affronta la politica, sia quando “intrattiene” sugli argomenti di cronaca nera, con la solita compagnia di giro. Sarebbe ora che delitti e processi venissero trattati solo dai telegiornali.
Piazza Pulita (voto 4 ½): Corrado Formigli è il primo dei “santoriani” a condurre un talk politico lontano dal tutor mediatico. Di Santoro, Formigli non ha la capacità teatrale e causticamente popolana nella conduzione in studio. Anche qui, si notano i troppi ospiti che si interrompono e si sovrappongono.
La versione di Banfi (voto 5): L’ultimo nato in casa Mediaset, tra i talk politici, non decolla. Primo, perché la rete scelta (Retequattro) è troppo riconoscibile e il pubblico “de sinistra” la rifugge immediatamente, e poi perché alla paciosità e moderazione del conduttore, Alessandro Banfi, non corrisponde l’intero impianto del programma, scontato e senza ritmo.
Matrix (s.v.): Sotto il segno di Alessio Vinci, l’ex creatura di Mentana è ormai destinata all’irrilevanza. Urgono nuove soluzioni.
L’ultima parola (voto 7): La vera novità della stagione. Irrispettosa e irregolare, condotta da Gianluigi Paragone, giornalista esplicitamente di centrodestra, con origini leghiste, che mette in scena ogni venerdì notte (dalle 23,40 all’1,20) una seduta di terapia d’urto per una destra politica attualmente incapace di rendere ragione al suo stesso elettorato delle scelte di governo. In un’arena composta da piccoli imprenditori, studenti, politici locali e blogger, Paragone “dirige il traffico” con sufficiente autorità, in un ibrido tra “A bocca aperta” di funariana memoria e il primo “Milano, Italia”, programma cult di Gad Lerner, dell’inizio degli anni ’90. Nel panorama sclerotizzato di questo inizio stagione, L’ultima parola, pur svantaggiata dall’orario demenziale, sembra una novità, ancora imperfetta e disordinata, che sta irritando lo schieramento dell’area di riferimento di Paragone, già accusato di essere un mercenario e un voltagabbana. La sinistra impari.
Per concludere un accenno al Grande Assente: Michele Santoro. Volutamente e pervicacemente fuggito in esilio dalle grandi reti (anche La7 gli è andata buca) è alla ricerca di una piazza mediatica che possa accogliere le sue serate”tribunizie”, in bilico tra Celentano e Grillo. Le ultime notizie lo avvistano nei pressi di Sky, ma la sua vera sfida resta il web.
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