
Sul perché studiare (o meno) le leggi di Newton

Sorprese di primavera. Succede che mi trovo, seduta al caffè, Giovanna – amica di vecchia data, nonché supplente di fisica di mio figlio – che mi aspetta più agitata delle particelle di sodio nella minerale che ha davanti. Il perché me lo spiega appena mi siedo. Questioni lavorative, e magari – chiosa – fossero solo quelle. Dal Nord arriva della brutta aria e non parliamo di venti dal Baltico: in alcune scuole scandinave stanno togliendo dalle superiori l’insegnamento di parecchie materie fondamentali. Per sostituirle con degli ‘argomenti’ percepiti come d’utile conoscenza.
“Materie del tipo?” indago curiosa.
“L’Unione Europea” mi chiarisce G. “è un esempio: praticamente servono un grosso pentolone dentro cui faranno confluire assaggi di economia, politica, lingue, storia, geografia… Il progetto è partito da Helsinki ma l’obiettivo è quello di estenderlo a tutto il Paese entro pochi anni. L’idea di primo acchito appare suggestiva, ma a ben pensarci c’è il problema di fare astrarre le macchie di conoscenza in studi più ampi. In ballo non c’è solo il mio posto di lavoro, ma anche tutto il sistema delle categorie generali. Se l’approccio dei finlandesi attecchisce nel resto d’Europa come han fatto a suo tempo i loro cellulari, siamo a posto!”.
Per un attimo resto lì, basita come davanti all’aurora boreale e accarezzo l’idea di trasferirmi almeno per un semestre in un Paese dove promettono di insegnare ai miei tre scugnizzi tante belle cose utili: vuoi vedere che poi mi torneranno da scuola abilissimi nel montare mensole, aggiustare telecomandi, rammendare calzini… Tesoro hai tanti compiti per domani? – No, mamma, ho solo da preparare polpette al sugo ed esercitarmi col ferro da stiro.
Altro che flauto. Mica scemi!
Giovanna mi sgomita, io smetto di scherzare e torno alla realtà. “Ma la cosa più inquietante” continua “è il motivo per cui si è deciso di rinunciare a certe materie. Per evitare che gli studenti domandassero di continuo: “Perché devo studiare questa materia? A cosa serve? Qual è il punto?”.
“Si vuole eliminare alla radice la domanda di senso” riprendo seria. “Beh, in effetti non è sempre facile rispondere a questi interrogativi dei figli – che peraltro puntualmente arrivano mentre ti scuoce il riso e qualcuno alla porta chiede di te…” Ancora per un attimo accarezzo l’idea di non doverlo più fare… “Io di domande scomode di questo tipo ne ho uno zaino pieno! Quante volte ci sarò passata? La prima volta, se non ricordo male, è stato con gli echinodermi (Cosa sono? Cosa vogliono? E quand’anche lo sapessi, come cambierà la mia vita?), poi col sintagma nominale, il teorema di Talete…
– Perché diamine devo stare alzato per studiare i fiumi della Spagna ma non posso tirare le dieci per finire di vedere il primo tempo del Milan? Ogni volta è una sfida. L’ultima volta che mia figlia più grande mi ha sentito iniziare con commenti raffazzonati su apertura mentale, cultura generale, dove-andiamo-se-non-sappiamo-da-dove-veniamo… – piuttosto che sentire la fine ha preferito rintanarsi a tradurre Tacito senza vocabolario”.
“È già una mezza vittoria!”.
La verità è che c’è bisogno di professori in grado di dare risposte, magari non convincenti per tutti, ma quanto meno affascinanti per molti. Insegnanti capaci di educare al gusto e allo stupore per la conoscenza in sé, ancor prima di indicare lo scopo utilitaristico per ogni singolo argomento.
E comunque, i ragazzi non ci faranno mai stare tranquilli. Non appena smetteranno di domandare Perché devo studiare le leggi di Newton? scommetto ce ne sarà qualcuno curioso che se ne uscirà candido: Ma prof. perché non dovrei studiarle?
Benedetta gioventù.
Foto Newton da Shutterstock
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2 commenti
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“Perché diamine devo stare alzato per studiare i fiumi della Spagna ma non posso tirare le dieci per finire di vedere il primo tempo del Milan?”. Su questo concordo con quel figlio. Vero, a suo tempo io studiavo e producevo, ma se c’era il Milan mio padre poteva cantarmene 50 ma io non facevo una piega: guardavo il Milan.
Dunque il problema sta nel fatto di dare risposte adeguate non al futuro, ma al presente.
Articolo interessante ma vi ricordo che un nostro noto ministro disse “di cultura non si vive, vado alla buvette a farmi un panino alla cultura, e comincio dalla Divina Commedia” … quindi non mi meraviglieri piu’ di tanto rispetto quello che sta succedendo in Finladia.
Saluti