«C’eravamo noi, due pescherecci italiani, un’imbarcazione della vostra Marina. E intorno solo silenzio. L’acqua era ferma, nessuno sciabordìo, nessun grido. Che fosse così grave l’abbiamo saputo adesso. Ma i numeri non hanno importanza, tanto non lo sapremo mai quanti erano davvero, come sempre». Questa è la testimonianza riportata oggi sul Corriere della Sera di un marinaio del mercantile Conquest, fra le navi che hanno tentato di soccorrere i migranti dell’imbarcazione affondata al largo di Tripoli sabato notte.
Secondo i pochi sopravvissuti, circa una trentina, sul barcone erano stipati tra i 500 e i 900 clandestini. Se i numeri più alti fossero confermati, si tratterebbe della più grande strage avvenuta nel Canale di Sicilia.
DONNE E BAMBINI. Sempre secondo le testimonianze, la tragedia sarebbe avvenuta dopo che sul peschereccio i migranti, che avevano lanciato l’allarme, si sarebbero sporti su un lato per l’arrivo dei soccorsi, facendo ribaltare la barca.
Un sopravvissuto ha detto che a bordo c’erano 950 persone, di cui una cinquantina di bambini e 200 donne. I trafficanti ne avrebbero chiusi alcuni nella stiva. I migranti sarebbero originari di Algeria, Egitto, Somalia, Nigeria, Senegal, Mali, Zambia, Bangladesh, Ghana.
MORTI E NAFTA. Quando sono arrivati i soccorsi, la scena che si presentava davanti agli occhi era apocalittica e spettrale: «Erano tanti, almeno cinquanta, e molti ormai non si distinguevano tra i detriti. La nafta che c’era in acqua li ha coperti quasi tutti. Tanti ragazzi, questa è l’unica differenza rispetto al solito. Gli altri corpi sono sparsi nel raggio di 2-3 miglia, con la corrente che li sta trascinando verso Sud. Ormai in quel mare di nessuno ci sono solo i morti».
I soccorsi sono proseguiti anche in queste ore, ma le speranze di trovare altri superstiti sono ridotte al lumicino: «Difficile trovare qualcuno vivo. Con la temperatura fredda dell’acqua non si può resistere a mollo più di mezz’ora». Lo stesso recupero dei cadaveri è difficoltoso. Finora ne sono stati trovati 24.
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