Storia di Kenna, nata a 25 settimane, e dei genitori che non hanno voluto abortire
Quando è nata nel gennaio scorso, a sole 25 settimane, pesava 270 grammi. Uscita dalla pancia della madre, la piccola Kenna Claire Moore respirava a fatica, adagiata nel palmo della mani del medico che bastavano a contenerla. La lotta per la vita di Kenna è durata sei mesi ed si è conclusa con una vittoria la scorsa settimana.
La vicenda ha inizio quando alla madre, Nicki, americana residente in North Carolina con il marito Sam, alla ventesima settimana viene diagnosticata un’ipertensione gestazionale indotta dalla gravidanza. Quattordici giorni più tardi gli ultrasuoni mostrano che Kenna ha smesso di crescere. Fra i medici c’è chi consiglia alla donna l’aborto come rimedio ma per i Moore uccidere la figlia non è una soluzione praticabile. Decidono così di procedere con la gravidanza. «Quando la piccola è nata, la placenta e la sacca amniotica sono uscite insieme, a quel punto la bimba non poteva più respirare» ha spiegato il neonatologo dell’ospedale presbiteriano di Charlotte. Ma la piccola, oltre a dover respirare con il supporto dell’ossigeno, nasce con problemi all’ernia, ai vasi sanguigni della retina e rischia di perdere anche le funzioni intestinali. Per le statistiche, ha solo il 60 per cento di probabilità di sopravvivere.
Per questo quando settimana scorsa Nicki e Sam hanno ricevuto la notizia che potevano portare a casa la loro figlia, dopo aver passato sei mesi a vivere praticamente in ospedale, hanno parlato del «più bel giorno della nostra vita». E anche «se nulla è ancora certo», come hanno dichiarato i medici, «noi non ci preoccupiamo: è così con ogni bambino che torna a casa dall’ospedale dopo il parto. Solo che non ci si pensa», hanno ricordato i genitori.
La storia dei Moore, che hanno condiviso attraverso Facebook i loro passi con amici e parenti, ha fatto il giro del web. «Spero che Kenna possa ispirare altre persone che si trovano ad attraversare momenti così duri» ha spiegato la madre. Mentre la figlia era ancora in ospedale, Nicki scriveva: «Questa è una storia di speranza, di felicità trovata in luoghi improbabili, dove si cerca di fare il meglio della vita che abbiamo ricevuto». Ma la vita di Kenna è anche quella che ha passato nel grembo della madre, messa nero su bianco a forma di diario nel libro “Keeping up with Kenna”, inscindibile dalla storia di due coniugi che si amano, aiutati da una comunità cristiana che si è stretta intorno a loro. Scrive ancora Nicki: «Così ne siamo venuti fuori, (…) non abbiamo sofferto da soli e anche se non è stato un viaggio facile non lo scambierei mai con nessun altro. (…) Non mi faccio illusioni sui prossimi mesi di vita di mia figlia. Al contrario. Saranno una sfida. Ma possiamo sopravvivere ad ogni cosa se stiamo insieme».
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