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Home Cultura

Stanford chiude il sito che insegnava la neolingua woke

Flop del portale voluto dall'Università americana in cui si spiegava a prof. e studenti come parlare in modo inclusivo e non "offensivo": «Mette in pericolo il free speech»

Daniele Meloni
13/01/2023 - 5:35
Cultura
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Stanford

Retromarcia alla Stanford University. La prestigiosa istituzione americana ha deciso di cestinare il sito dedicato alla Neolingua woke. Le critiche e la derisione sui social hanno portato i vertici dell’Università a dichiarare concluso l’esperimento dell’Harmful Language List, letteralmente la “Lista del Linguaggio Che Ferisce”, il portale-guida dello stanfordiano che vuole parlare correttamente.

La guida le linguaggio inclusivo a Stanford

Il sito era stato inaugurato lo scorso mese di maggio, sponsorizzato dallo Stanford Council e dal People of Colour in Technology, due gruppi affiliati che si propongono di combattere le discriminazioni e favorire un linguaggio inclusivo all’interno del mondo accademico. Lo scopo era più quello di fornire una guida per sviluppare un eloquio privo di terminologia razzista, che non quello di obbligare docenti e discenti a utilizzare determinati termini in sostituzione di altri.

Questo a parole. Nella realtà l’EHLI – Elimination of Harmful Language Initiative – andava a toccare un tasto molto sensibile nel mondo americano: quello del free speech e della libertà di parola. I suggerimenti a evitare una lista di parole legate alla disabilità, al sessismo, all’anzianità, al colonialismo, al razzismo istituzionalizzato e alla violenza di genere si sono da subito configurati come un’offensiva della woke culture a livello accademico. Ne è risultato un disastro in termini di immagine per Stanford, anche perché i suggerimenti sono arrivati al punto in cui non si coglieva più la differenza tra realtà e satira.

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Non dire “master” o “guru”

Tra i consigli più popolari e pressanti quello di sostituire il termine american con US Citizens, perché «americano dà una connotazione imperialista». Master, una parola che in inglese significa diverse cose e che nel mondo universitario rappresenta un simbolo di autorevolezza è considerato troppo legato al passato schiavista della nazione, in quanto i padroni di schiavi erano definiti tali. Anche le parole prese in prestito dalle altre lingue – la cui introduzione ha reso l’inglese la lingua più stratificata e ricca del mondo – sono state messe al vaglio dal tribunale della Neolingua. Così, l’EHLI ha consigliato di evitare il termine guru per definire una persona che ha conoscenze approfondite in un ambito, poiché il suo impiego in un contesto al di fuori della tradizione del paese di origine potrebbe turbare gli studenti indiani di religione indù e buddhista.

La retromarcia del preside di Stanford

Per arrivare, infine, alla raccomandazione più ridicola. Nel presentare un documento informativo che promuove o illustra un problema, meglio non usare White Paper, locuzione ormai entrata nell’uso comune un po’ ovunque, poiché dà l’idea che white, bianco, sia un aggettivo qualificativo intrinsecamente positivo e questo «potrebbe dare una connotazione al colore inconsciamente razzistica».

Visto il fiasco del progetto, non è un caso che anche il Presidente di Stanford, Marc Tessier-Lavigne ne abbia preso le distanze, riconoscendo che il lavoro del gruppo che ha dato vita al sito potrebbe «essere considerato censorio e lesivo del diritto di parola». In fondo, meglio tardi che mai. Fino alla prossima follia targata woke.

Foto di Ye Linn Wai su Unsplash 

Tags: Politicamente Correttouniversitàwoke
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