«Io sono a favore della legge che apre al matrimonio e all’adozione per le coppie dello stesso sesso ma faccio anche parte di coloro che sono sorpresi e indignati per la severità della condanna di Nicolas in rapporto ai fatti avvenuti». Comincia così l’articolo di Giuseppe Di Bella, storico e collaboratore del giornale francese Le Plus, nonché «accanito sostenitore della causa gay e impegnato nella lotta contro l’omofobia». Eppure ha scandalizzato perfino lui la condanna a quattro mesi di prigione, due obbligatoriamente in carcere, per Nicolas, giovane di 23 anni fondatore dei Veilleurs, solo perché contrario al matrimonio gay.
«CONDANNA INGIUSTIFICATA». «Non è possibile che un giovane come lui, studente brillante, si ritrovi nella prigione di Fleury-Mérogis, con delinquenti che hanno commesso reati ben più gravi dei suoi – continua Di Bella -. Nicolas non è mio nemico. Non abbiamo lo stesso punto di vista sul matrimonio per tutti ma questa non è una ragione sufficiente per pensare che questa condanna sia giustificata».
«INDIGNAZIONE NON SELETTIVA». Di Bella ricorda anche come una condanna «alla sua giovane età gli chiuderà molte porte nel mondo del lavoro» e per questo, afferma, «la mia indignazione non può essere selettiva. L’ingiustizia, in tutte le sue forma, è ributtante. Se c’è un delitto, la giustizia deve condannare il suo autore. Nicolas si è rifiutato di rilasciare le sue impronte digitali, ma la pena deve essere commisurata al caso specifico, e stavolta non è avvenuto».
«CONDANNA TROPPO PESANTE». Di Bella non pensa che la colpa di questa condanna «troppo pesante» sia del «potere politico», non è d’accordo a chiamare Nicolas un «prigioniero politico» ma la «sua condanna è sorprendente e io sono indignato».