Tempi.it vi ha già raccontato la storia di Dawn Eden (qui potete leggere la nostra intervista). Di seguito pubblichiamo un articolo apparso ieri sull’Osservatore romano a firma di Giulia Galeotti.
«La forza di Maria non le viene dall’aver dimenticato la sofferenza vissuta ai piedi della Croce, ma dal ricordarla in un modo nuovo»: sta tutto qui – nel trinomio di sofferenza, elaborazione del trauma e santità – il senso del libro della statunitense Dawn Eden, My Peace I give you. Healing Sexual Wounds with the Help of the Saints (Notre Dame, Indiana, Ave Maria Press, 2012, pagine 221).
Ebrea convertitasi al cattolicesimo a 31 anni, Dawn Eden venne abusata sessualmente quando era una bimba di appena sei (di sabato, mentre la madre pregava nella sinagoga, la piccola veniva lasciata a giocare nell’adiacente biblioteca, dove l’addetto ai libri approfittava di lei). Raccontato l’episodio alla madre, la bambina si vide immediatamente trasformata da vittima in colpevole. «Dopo essermi confidata con mia madre, mi sentii la bambina che aveva permesso a un uomo anziano di fare cose sporche su di lei; poi, dopo il racconto al rabbino, mi sentii una bugiarda».
Nel suo libro, Eden affronta i nodi più angoscianti di chi è stato violato, dal senso di colpa per non essere sfuggiti al proprio aguzzino, al sentirsi macchiati nell’anima oltre che umiliati nel corpo. Con il tempo arriverà anche a capire la reazione della madre: evidentemente essendo da poco separata, «aveva paura che i servizi sociali mi portassero via. Per lei era più importante che fossi sua, più che fossi salva. La sensazione che mi dava, era che fossi un suo possesso. Giacché anche lei era ferita, viveva nel terrore che le sue imperfezioni potessero essere percepite dal mondo esterno».
Il cammino verso la guarigione per Dawn Eden sarà lungo. Ricorda perfettamente la prima volta che lesse Matteo, 18,3 («Se non diventerete come bambini, non entrerete nel regno dei cieli»), ricorda l’enorme desiderio di essere gioiosa e solare, quando invece si ritrovava a piangere la sua innocenza perduta. «A sette anni (…) mi sentivo sporca, a causa di quello che gli adulti mi avevano fatto». Perché capire che il peccato degli abusi appartiene ai carnefici e non alle vittime, non è affatto automatico.
Diventata donna — giornalista musicale a New York — Eden tenta di dimenticare il male subito coprendo il trauma con la frenesia della vita. Eppure, qualcosa sfugge al suo controllo, e sarà l’inizio del cambiamento, lungo un percorso che coinvolge, allo stesso tempo, corpo, mente ed emozioni.
Se la guarigione arriva con la presa d’atto di una ferita da sanare, ciò — racconta la giornalista nel suo libro — è avvenuto soprattutto grazie all’aiuto, oltre che di uno psicologo, di speciali compagni di strada incontrati in età adulta. I santi.
Dopo la conversione, Eden si trasferisce a Washington per studiare teologia con i domenicani. «Man mano che iniziai a saperne di più sul cristianesimo, scoprii che i padri e i dottori della Chiesa hanno detto cose importanti e potenti in difesa delle vittime degli abusi. Pensiamo ai santi come esseri perfetti, ma non sono nati così, lo sono diventati. Il loro è stato un cammino. La loro purezza è il risultato di un percorso di purificazione. Non solo, ma i santi — prosegue Eden — sono stati estremamente umani nelle loro reazioni agli abusi, reazioni che inizialmente non furono affatto reazioni di luce e dolcezza».
Dawn Eden incontra ad esempio Agostino, e la sua polemica con i pagani sulle vergini violentate: a costoro, convinti che queste donne non potessero più essere considerate vergini, il santo d’Ippona ribatteva con sdegno che la loro purezza rimane intatta.
Incontra poi Ignazio di Loyola, ferito durante gli anni del servizio militare. «V’è — scrive Eden — qualcosa di meraviglioso nella scelta di Ignazio di offrire la sua memoria a Dio. La memoria in sé non è, o non dovrebbe essere, il nemico. Piuttosto, come ha scritto Benedetto XVI, “memoria e speranza sono inseparabili. Avvelenare il passato non dà speranza: distrugge le fondamenta dell’emozione”. Il viaggio della guarigione, infatti, per essere efficace, deve includere quel che i teologi definiscono “la purificazione della memoria».
Leggere la storia di Bakhita fa quindi rivivere a Eden le sue memorie personali di abuso: in comune hanno i terribili incubi sulla loro impotenza. Bakhita si dimentica il nome che le avevano dato i suoi genitori: come tanti minori vittime di abusi sessuali, perde la sua identità.
E ancora Laura Vicuña (1891-1904), la piccola cilena perseguitata dal compagno della madre, morta perdonando il mostro che aveva in casa e offrendo la vita perché sua madre riuscisse a lasciare lui e lo stato di peccato in cui viveva. E così Gemma Galgani, Maria Goretti, Bernardo di Chiaravalle, Massimiliano Kolbe, la beata Margherita di Città di Castello, Carolina Kozka e tanti altri.
Incontrando i santi, Dawn Eden scopre anche la forza che deriva dall’essere parte di una comunità. Avendo vissuto come un dramma il divorzio dei genitori, sin da bambina cercava qualcosa che non finisse. Sentirsi guidata, legata, accompagnata: le vite delle sante e dei santi — feriti come lei, e come lei sanati — le offrono tutto questo.
«Dio ha permesso che il mio cuore fosse ferito — conclude Eden — così che io potessi ripararmi nel suo cuore trafitto e così che Gesù potesse trovare un posto nel mio. Ma, al di là di questo, ha permesso tutto ciò perché il mio cuore fosse grande abbastanza per offrire rifugio alle altre anime ferite, portando a loro quello stesso Cristo che ho ricevuto io».