
«È la solita gente che mi vuole molto bene», dice Massimo Gandolfini cui Tempi ha telefonato dopo aver visto lo striscione apparso a Firenze a pochi passi dal teatro Reims, dove il nostro aveva partecipato all’incontro “Ripartiamo dalla famiglia e dalla vita”. «Contro la violenza di genere e confini, abbattiamo il patriarcato, appendiamo Gandolfini», era la vergognosa scritta impressa su un lenzuolo del gruppo “transfrocie antifasciste”. Solidarietà a Gandolfini, dunque, ma forse occorre andare un po’ più in là, e specificare meglio cosa sia questa solidarietà.
Ciao, sono Massimo
Quando salì sul palco in occasione del Family day, Gandolfini non la fece tanto lunga in convenevoli: «Ciao, sono Massimo e faccio il medico». Poi via agli interventi. Lo stile è questo: pochi fronzoli, tanto senso comune chestertonianamente inteso, l’impegno a dire che le foglie sono verdi d’estate (ogni bambino ha bisogno di una madre e di un padre, non di un genitore 1 e 2), che oggi, ahimè, più ovvio non è, in un’età cieca che nega l’evidenza perché ha perso il lume della ragione.
Dov’è il livore?
Gandolfini ha scritto con Stefano Lorenzetto un libro in cui racconta un po’ di sé, della sua famiglia “cristianemente allargata”, nel senso di aperta all’accoglienza, al dono, all’amore e basterebbe una rapida lettura per fare i conti con quest’uomo che dai Cristiani per il socialismo e dalla teologia della liberazione è passato al movimento Neocatecumenale e che, ormai da diversi anni, gira l’Italia per parlare di papà e mamma, gender, omosessualità e quant’altro. Un’opera laica e catechetica in cui non c’è mai una parola fuori posto, non c’è violenza, non c’è astio, non c’è rancore, ma solo ragionevolezza, dati, racconto, testimonianza. Dov’è l’omofobia? Dov’è l’istigazione all’odio? Dov’è il livore? Sono sentimenti che non gli appartengono. Stanno tutti e solo da una parte: cioè di là, nella roccaforte ideologica in cui stanno comodamente assiepati i “tolleranti” che vorrebbero vederlo «appeso».
In che partito ti candidi?
Quando ha portato milioni di persone in piazza, per mesi i giornalisti gli hanno chiesto se, insomma, dai!, adesso in che partito ti candidi? I giornalisti sono proprio scemi. Proprio non ce la fanno a immaginare che nella vita ci si può impegnare anche senza tornaconto, anche senza incasso, monetizzazione, cash, ma solo perché ci si crede, cioè si ha un ideale così grande per cui vale la pena spendere energie, tempo e soldi. E quindi, hanno insistito per mesi: dai Gandolfini, dov’è il trucco? Non c’è nessun trucco, invece: la vita è vocazione, punto. È così difficile da capire?
E pure transfrocie antifasciste
Gandolfini è medico e nel suo ufficio pieno di libri e disordinatamente allegro, stanno appese alle pareti o sulla scrivania foto di famiglia e incontri, immagini religiose e post-it con cose da fare e persone da chiamare, segni di una vita intensa perché dedicata. E voi uno così lo vorreste vedere sottoterra? Lunga vita a Gandolfini, araldo dell’agape cristiana, amore disinteressato che si rivolge a tutti: vecchi, donne, bambini, santi, malfattori e pure transfrocie antifasciste.