In gergo, “phubbing” significa stare sempre attaccati al cellulare, anche quando intorno ci sono altre persone in carne e ossa con cui si potrebbe parlare. Quante volte lo facciamo inavvertitamente? Quante volte abbiamo preferito controllare un’ultima volta la mail con lo smartphone in attesa che il cameriere ci portasse il menù, invece di fare conversazione con gli amici seduti al nostro tavolo? Ma ormai i “telefonini” sono parte integrante della società, tanto che non si fa più caso al phubbing dilagante, e non si prende più questo gesto come maleducazione.
STOP PHUBBING. La chiamata alle armi contro l’uso smodato della tecnologia arriva dal sito “Stop phubbing”. Gli intenti sono chiari, e già nell’home page si può votare per dire la propria sui phubber. L’80 per cento si dichiara contro questa mania, e solo il 20 per cento a favore, ma siamo sicuri che quell’80 per cento poi sappia regolarsi nella realtà? Alex Heigh, l’inventore della campagna moralizzatrice, spiega al Sunday Times che occorre fare qualcosa, in quest’epoca in cui tutti preferiscono alienarsi piuttosto che socializzare. «Ormai il sistema ci è sfuggito di mano», sentenzia Alex.
36 IN OGNI RISTORANTE. «Al ristorante, in una serata qualsiasi, si vede una media di 36 persone intente a fissare lo schermo di fronte a sé piuttosto che a gustarsi un piatto», sta scritto sul sito. «Il 97 per cento delle persone dichiara che la qualità di una cena è di molto inferiore se è in compagnia di un phubber. L’87 per cento degli adolescenti preferisce chattarsi messaggi piuttosto che parlarsi in faccia». Infine una bella tabellina sulle percentuali degli stati con più tecnomaniaci, e gli Stati Uniti spiccano su tutti. Per chi volesse, dal sito anti-smartphone si può scaricare anche un format da compilare e mandare al proprio amico phubber, per fargli una bella ramanzina. E poi magari vantarsi su Facebook di averlo fatto, come ogni phubber che si rispetti.