Turchia e Stati Uniti hanno raggiunto un accordo per il cessate il fuoco in Siria, «ma il vero vincitore di questa partita è solo uno: Vladimir Putin». Giovedì sera, dopo una visita del vicepresidente americano Mike Pence ad Ankara, è stata annunciata una tregua di 120 ore, durante le quali le forze curde dovranno ritirarsi dal Nord-est della Siria per permettere alle truppe di Recep Tayyip Erdogan di creare una zona cuscinetto di 30 chilometri. Come spiega a tempi.it l’inviato del Giornale ed esperto di Siria Gian Micalessin, «Erdogan vince una piccola battaglia, ma ha perso la guerra. Donald Trump salva in extremis l’immagine degli Stati Uniti, comunque indebolita dal tradimento dell’alleato curdo. Tutti si piegano all’iniziativa di Putin, con la Siria che sta per riguadagnare la sua integrità territoriale e tornare al punto di partenza dopo una inutile guerra durata otto anni al prezzo di 400 mila morti».
Il cessate il fuoco è uno sviluppo positivo dopo l’inizio dell’offensiva turca “Fonte di pace“?
È un accordo di seconda mano: gli americani hanno lucrato sull’intesa già sostanzialmente raggiunta da Putin con Erdogan. Gli americani ne hanno approfittato salvando in parte l’immagine degli Usa.
Come si è mossa la Russia?
Inviando l’esercito siriano al confine e facendo retrocedere i curdi nelle seconde linee, aveva già di fatto costretto Erdogan a bloccare l’invasione.
Trump si è mosso in modo avventato in queste settimane?
Il presidente americano ha agito in base alla sua politica interna, senza pensare a quella estera. Aveva promesso nel 2016 il ritiro delle truppe americane da guerre che il suo elettorato considera inutili e in un momento in cui è sotto tiro per la richiesta di impeachment ha voluto mostrare ai suoi elettori che sa mantenere gli impegni. Trump ritiene infatti che i conflitti si devono risolvere non con le armi, ma con l’economia attraverso ostruzionismo e sanzioni. Certo, dal punto di vista della politica internazionale non ha migliorato l’immagine degli Usa.
Che era già compromessa da anni.
Assolutamente, è dalla guerra in Iraq del 2003 che gli Stati Uniti godono di una pessima immagine. Ora però, dopo il tradimento dell’alleato curdo, ne esce ancora più indebolita.
Erdogan ha ottenuto quello che voleva.
Lo scrivono in tanti, ma non è così. Prima di tutto ha subito l’iniziativa di Putin. In secondo luogo la vera guerra di Erdogan era cominciata nel 2011, quando si era illuso di poter imporre un neo ottomanesimo diventando il nuovo sultano mediorientale. Dopo aver fomentato la guerra in Siria, la Turchia si ritrova a otto anni di distanza con 3,6 milioni di profughi sul suo territorio. L’Occidente l’aveva convinto a prenderli assicurandogli che il regime siriano di Bashar al-Assad sarebbe caduto, ma così non è stato. Ora riceve il contentino della zona cuscinetto, che lo aiuta a salvare la faccia davanti ai suoi elettori in quanto impedisce la nascita di uno Stato autonomo curdo al confine, ma il suo progetto originario è fallito.
Perché Putin è il grande vincitore?
Perché è riuscito a impedire la caduta di Assad e ora, forse già nell’incontro che avrà a fine ottobre con Erdogan, obbligherà la Turchia a ritirare il suo sostegno ai ribelli e jihadisti di Idlib, l’ultima provincia rimasta fuori dal controllo di Assad. In cambio, acconsentirà al rientro dei profughi in Siria. Con la conquista di Idlib, Assad riguadagnerà l’integrità territoriale del paese.
Che cosa significa quest’ultimo accordo per il futuro della Siria?
Significa moltissimo. Assad si riprende quei territori che dal 2014 sono finiti prima nelle mani dell’Isis e poi dei curdi. Resta solo da riconquistare Idlib, ancora controllata dai terroristi, ma si tratta ormai di un dettaglio. Quando sarà ripresa, il conflitto del 2011 si potrà dire concluso.
A che cosa è servita questa guerra interminabile?
A niente, perché la Siria tornerà al punto di partenza. Come nel 2011, i curdi godranno di sostanziale autonomia nel Nord-est. L’unica differenza è che nel frattempo sono morte 400 mila persone per colpa di chi ha voluto innescare questa guerra nella speranza di abbattere il dittatore Assad, che rimane ancora l’unico in grado di garantire l’unità del paese.
I siriani sembrano contenti della partenza degli Stati Uniti.
Nessuna popolazione vuole sul proprio territorio una potenza straniera. Per i siriani sarebbe ancora meglio se se ne andassero anche russi, turchi e iraniani, ma la presenza americana era vista come la più illegittima. Solo i curdi li volevano, ma perché garantivano loro protezione.
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