
Siria: l’Onu studia nuove sanzioni, si svuotano le ambasciate Usa – Rassegna stampa/2
Continua il massacro a Deraa, in Siria. Il presidente sciita Bashar Assad invita i soldati a sparare sulla folla e posti di blocco impediscono l’uscita e l’ingresso dalla città. Alcuni civili affermano per cellulare che “«i militari delle forze speciali vengono casa per casa e si portano via gli uomini. […] Ci hanno tagliato l’elettricità, i telefoni fissi, l’acqua corrente, hanno anche sparato sulle cisterne che stanno sui tetti dei palazzi per farci morire di sete. Non abbiamo più nulla in casa, impossibile uscire per cercare qualcosa da mangiare, i miliziani sparano su qualunque cosa si muova»” (Repubblica, p. 16).
Gli ospedali, invasi da centinaia di feriti, non riescono più a far fronte all’emergenza. Secondo gli attivisti, dall’inizio delle proteste sarebbero morte almeno 400 persone. Il regime, però, tiene. L’unico segnale di dissenso si è verificato in una delle caserme principali, dove “i soldati di leva si sarebbero rifiutati di intervenire contro la folla e di partecipare ai rastrellamenti dei civili, alcuni militari della Quinta divisione avrebbero disertato per unirsi alle proteste” (Repubblica, p. 16).
Intanto la comunità internazionale aumenta la pressione sul regime siriano. Oggi Italia, Francia, Gran Bretagna e Usa convocheranno gli ambasciatori del presidente Assad per esprimere una protesta formale contro le violenze commesse dalle forze di sicurezza ai danni dei civili. L’ipotesi è quella di creare una commissione Onu di inchiesta sulle stragi in Siria e l’adozione di sanzioni mirate a colpire i beni all’estero dei leader del regime.
Gli Stati Uniti hanno ordinato ieri sera alle famiglie dei diplomatici e al personale non essenziale delle sue ambasciate di Damasco di lasciare la Siria, a causa “dell’instabilità e della situazione incerta” che regnano nel Paese percorso dalla contestazione. “Il dipartimento di Stato ha ordinato a tutte le famiglie dei dipendenti del governo degli Stati Uniti ed al personale non indispensabile di lasciare la Siria”, si legge in un comunicato del dipartimento.
Il presidente, “incurante delle pressioni internazionali, va avanti per la sua strada con la «soluzione militare» per tentare di fermare le proteste che da sei settimane scuotono la Siria. […] Come Gheddafi in Libia, Bashar Assad ha deciso di resistere fino all’ultimo, portando la Siria verso la guerra civile” (Repubblica, p. 16).
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