Scuole paritarie. Dare 76 euro all’anno è simbolico, è vero, ma a me pare una violenza simbolica

Di Renato Farina
21 Marzo 2015
Si è inaugurato un principio, ma quelle di Renzi alle scuole libere sono solo briciole

scuola-shutterstock_146100773Tratto dal numero di Tempi in edicola (vai alla pagina degli abbonamenti)

Sono molto felice che gli amici di Alleanza popolare, in primis l’eroico amico fraterno sottosegretario Gabriele Toccafondi (non sto scherzando sull’eroico), siano felici di avere ottenuto il riconoscimento non solo giuridico ma pratico della parità scolastica tra scuole pubbliche statali e libere.

Ma come insegnava Hegel nella sua Logica, la quantità determina la qualità. Per cui dare una mancia è diverso dal fare giustizia o almeno avvicinarsi a essa. Paradossalmente è peggio che zero. Perché dare 76 euro all’anno è simbolico, ma a me pare soprattutto una violenza simbolica. Come tutte le prese in giro. Certo, si è inaugurato un principio. E in passato il centrodestra al governo non ha combinato molto. In Lombardia però si fecero (e ancor oggi ci si prova) cose magnifiche. Oggi costruendo il mito di Renzi, elogiandolo per le briciole, si contribuisce a una fase in cui quest’uomo solo al comando stenderà il manto del suo potere onnicomprensivo. Sono sicuro che Toccafondi si batterà al meglio, e la sua presenza è una garanzia per chi ama la libertà di educazione come valore politico assoluto, persino più della libertà economica, poiché coincide con la libertà tout court.

Questa della libertà di educazione, come insiste sempre Luigi Amicone, è una grande base programmatica per un impegno pre-politico e politico per chi abbia a cuore l’Italia. Oggi – per quanto ci si sbracci – in Italia la politica ha scarsissimo potere in economia e nel posizionamento internazionale. La democrazia – vedi il caso Grecia – non ha la forza per modificare gli assetti del mondo in cui si è implicati. La politica ha per fortuna uno spazio che appare minimo rispetto alle questioni in bilico di euro e di guerra dell’Isis, ma è essenziale: consentire alla società di auto-organizzarsi, sostenendola, in campo educativo. O comunque lasciando campo anche nella scuola statale all’autonomia vera dei soggetti che abbiano la forza di proporre un percorso educativo.

C’è un altro ambito dove un governo potrebbe intervenire con efficacia senza essere afferrato alla gola dal contesto di potere europeo e mondiale: la giustizia. Libera educazione. E una giustizia insieme severa e mite, capace di sanzione e compassione. Oggi peraltro sappiamo di più di come si vive nelle carceri che nelle scuole. Si sa che nelle prigioni manca rieducazione e lavoro, le celle sono senza acqua calda e sovraffollate, e vi vengono spesso rinchiusi innocenti in attesa di giudizio. Ogni detenuto tende a scrivere un libro sulla sua prigionia, di che cosa ha imparato dai compagni di galera. Ed è giusto e utile. Delle scuole sappiamo che sono spesso pericolose per i soffitti che cascano, sono percorse da bande di bulli, nei bagni si fa sesso sotto l’occhio dei telefonini, poi sappiamo che gli insegnanti mancano, sono poco pagati e in 150 mila premono per essere assunti dopo tanti anni di precariato. Ma della vita quotidiana, di che cosa imparano, a che cosa sono educati i ragazzi: questo è un mistero. Escono le graduatorie sul livello di apprendimento della matematica e dell’italiano. Ma che uomini e donne si diventa, pare non interessi.

Ma se si potesse porre una domanda agli italiani del tipo: voi dove mandereste a scuola i vostri figli? Da chi vi dimostra che i muri sono puliti, si insegna bene l’uso del computer e l’inglese ha l’accento di Oxford; o da chi vi testimonia credibilmente che la prima cosa è quel bimbo o ragazza che ha un nome e una faccia, a cui comunicare un senso della vita, con cui dare insieme il nome alle cose, e certo i muri e i computer e l’inglese servono, eccome, ma dentro una cura affettiva globale? Io son certo che vincerebbe la risposta numero 2. L’ha detto il Papa. Ai ragazzi bisogna dare la vita ogni giorno, insieme al computer. Se no anche i computer fanno male, come i soffitti che cadono in testa agli alunni.

@RenatoFarina

Foto scuola da Shutterstock

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5 commenti

  1. riccardo

    l’unica cosa che occorrerebbe urlare, volantinare, attaccare con l’adesivo sulle macchine, tatuarsi sulla pancia è lo stramaledetto costo della scuola pubblica. Sono quasi 10.000€ a studente per avere quello che lei descrive: “pericolose per i soffitti che cascano, sono percorse da bande di bulli, nei bagni si fa sesso sotto l’occhio dei telefonini, poi sappiamo che gli insegnanti mancano, sono poco pagati”.
    Quello che mi pare lei non abbia colto è che questo non è un caso, ma un modello educativo:
    1° la cosa pubblica è mia tu servo non te ne devi occupare, se crollano i soffitti non ti azzardare a metterli a posto magari con qualche volontario che di mando la ASL e ti faccio arrestare perché non hai fatto una gara d’appalto che dura 15 anni e che si blocca per ricorso.
    2° il sesso deve essere fatto il più presto possibile
    3° la vita è una giungla e i bulli servono alla rai per fare i servizi alla televisione.
    4° noi stimiamo chi educa come sterco e come tale lo trattiamo per cui voi schivi-studenti prendetevene gioco, e se reagiscono denunciateli ai nostri cani da guardia della magistratura.
    Per questo è obbligatorio che lo stato stermini la scuola pubblica non statale perché è la cosa più terribilmente eversiva che esista: educa ad un terzo del prezzo. Su dott. Farina non abbia paura anche lei di dire come stanno le cose!

    1. Giuseppe

      Non mi pare proprio che Farina abbia paura.
      Piuttosto, trovo che il tuo intervento, gentile Riccardo, sia assolutamente complementare al suo!
      Saluti!

      1. riccardo

        forza e onore a Betulla! Per carità!
        Dico solo come dice Al Capone negli “Intoccabili”: “se a uno gli devo dire che ha rubato gli devo dire che ha rubato, non gli chiedo perché ha sputato sull’autobus”.
        Il problema è che lo stato butta i soldi (10.000€ a ragazzo). O lo stato è scemo o allo stato fa comodo.
        Fa comodo perché ottiene servi decerebrati nei ragazzi (iniziandoli al nulla se non sesso, droga e non responsabilità su niente) e mantiene un esercito di kapò deresponsabilizzati, mal pagati istruiti perché si accertino che nessun valido motivo per cui impegnare la vita venga offerto ai ragazzi. A nessun costo!
        Ma lo vedete che più gli dite cosa devono fare e dire più (grazie a Dio!!!) i ragazzi tentano di fare l’opposto?
        Questa è la loro forza e quindi tutto lo sforzo dello stato è per renderli degli zombi riducendone prima il desiderio e poi la capacità critica invece che educarla e rimpinzandoli di slogan da ripetere come automi.
        Questo è da dire sulla scuola. il resto è indorare la pillola.

  2. Miglio

    Detrazioni :
    50 euro x un gatto
    75 euro x un figlio a scuola
    ???

    1. riccardo

      125 se mandi il gatto a scuola!

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