Sarebbe bello far ripartire il cinema con Tenet di Nolan

Di Simone Fortunato
16 Luglio 2020
D'estate le sale sono sempre andate in lockdown. Quest’anno è diverso, o forse no. Appuntamento il 26 agosto. Perché certi film vanno proprio visti al cinema
John David Washington in Tenet di Christopher Nolan

Articolo tratto dal numero di luglio 2020 di Tempi. Questo contenuto è riservato agli abbonati: grazie al tuo abbonamento puoi scegliere se sfogliare la versione digitale del mensile o accedere online ai singoli contenuti del numero.

Ok, sono aperti i cinema. Quattro in croce a metà giugno. Qualcosa in più a inizio luglio. Quattro film vecchi e bolliti. Quando è iniziato il lockdown girava un film molto bello (col senno di poi, dato che l’ho visto 100 giorni dopo circa). Si chiamava Cattive acque ed è molto buono. Un film di denuncia ma non spocchioso o ideologico come tanti film del genere: anzi, molto sobrio e ben interpretato dal solito bravo Mark Ruffalo. Cattive acque: quasi un titolo premonitore, perché al 15 giugno (il film era uscito l’ultimo giovedì di febbraio), Cattive acque era ancora lì. I manifesti e le locandine appiccicati sulle grandi vetrate dei cinema grandi e piccoli, cittadini e periferici.

Le cattedrali nel deserto, si dirà. Tu ci entravi e sembrava che il tempo si fosse fermato. I banneroni di Mulan (che non sarebbe ovviamente mai uscito a marzo) giganteggiavano a fianco del terribile, osceno Cats, l’unico film per cui il lockdown è stata una benedizione, nel senso che nessuno l’ha visto, e meno male perché è orrendo, con tutti questi ballerini con la faccia da gatto e il pacco in evidenza.

Per decenni, almeno in Italia, il cinema ha sempre affrontato una serrata particolare, i tragici (per gli incassi) mesi estivi, quei mesi in cui i cinema viaggiavano a fari spenti, perché chi vuoi che vada al cinema, seppur con l’aria condizionata a palla, ai primi di agosto? L’anno scorso, per dire, ai primi di agosto usciva un thrillerino come Hotel Artemis che ovviamente non si è filato nessuno. Quest’anno è diverso, o forse no. La stagione inizia il 26 agosto, dopo che per settimane era rimbalzata un’altra di data, data peggiore del mondo, almeno in Italia: il 3 agosto. Non è un granché, perché, nei fatti, condanna i pochi cinema aperti già a giugno a chiudere o a ridimensionarsi in attesa di mesi migliori, ma è la sola data da cui ripartire. 

L’unica certezza, anche perché gli altri distributori che potevano fare e che hanno un grosso problema di listino (come faranno a incastrare e gestire i tanti titoli che dovevano uscire in primavera e che sono rimasti bloccati ai box?) hanno fatto poco o nulla. La Disney ha posticipato l’uscita di Onward, inizialmente prevista per il 5 marzo, ad aprile e poi rimandata a luglio ma su quest’ultimo titolo, peraltro non uno dei migliori Pixar, pesa l’uscita in digital download negli Stati Uniti il 21 marzo 2020, per non parlare poi del rilascio nel Regno Unito del bluray che, peraltro, contiene la traccia in italiano ed è disponibile da settimane su Amazon. 

Non è stata una furbata, insomma, muoversi a macchia di leopardo, con scelte, alcune, davvero incomprensibili, come quella di Universal che ha distribuito tanti titoli forti (Emma, Trolls World Tour, per dirne un paio) solo a noleggio per la tv. Ma sono tanti i film che, in modo suicida e con dei prezzi peraltro fuori mercato sono finiti sulle piattaforme che sono già troppe e intasate di film: Bombshell con Margot Robbie e Nicole Kidman, DNA, la commedia con Lillo e Greg, Cambio tutto! di Guido Chiesa, Qua la zampa 2, Il principe dimenticato con Omar Sy. Certo, nessun capolavoro: forse l’unico grande film in uscita per Pasqua e poi finito direttamente nel calderone dell’home video è l’ultimo grande film di Terrence Malick, A Hidden Life

Un posto dove tutto è amplificato

Nessun campione di incassi, ma solo per la quantità avrebbero fatto ripartire molti più cinema. Che invece al 15 giugno hanno dovuto riproporre film strapazzati e stravisti come Tolo Tolo, o Bohemian oppure Joker. Quello che rimaneva, di “nuovo”, erano piccoli film che non avevano trovato troppo spazio tra titoli più grossi, come Cattive acque. Non si poteva ripartire proprio con l’ultimo film di Carlo Verdone che pare pure essere un buon film e che invece è stato fermato ai box dopo la cancellazione dell’uscita che doveva essere il 27 febbraio. Si intitola Si vive una volta sola ed era il titolo perfetto per una ripartenza, peraltro benedetta dal buon Carlo che al sottoscritto fa parecchio ridere. Invece zero. Il filmone di giugno è stato Bad Boys for Life, recuperato dalle uscite di febbraio e riproposto come un saldo di fine stagione, tardo buddy movie con due interpreti che non sembrano troppo credere a quello che stanno facendo. Un’uscita faticosa e schiacciata dalla concorrenza di Sky che dal 17 giugno l’ha messo a noleggio, come in una guerra tra poveri. 

Ripartiamo da Tenet di Christopher Nolan e dalla forza scenica di un regista cinefilo e appassionato, che peraltro si è spesso incazzato con i modi alternativi e casalinghi di offrire cinema. Tutta la sua opera è una grande avventura da gustarsi sul grande schermo, sin dai primissimi Following e Memento. Perché poi il pubblico mica è scemo: certi film o si guardano al cinema o si guardano al cinema. Perché sul proiettore 4k di cui è provvista la ormai celebre Sala Fenech sita nella mia abitazione mica rende la stessa cosa, lo stesso effetto, la stessa luminosità (sempre che i bravi proiezionisti al cinema abbiano montato una buona lampada) del Grande Schermo che non è solo un Grande Schermo ma è un Grande Specchio per dirla proprio con Nolan. Cioè un posto dove tutto è amplificato, incrementato, nel bene e nel male. I film brutti sono una cagata pazzesca al cinema per ricordarci la celebre sequenza col Ragioniere che in effetti si guardava la corazzata “Kotiomkin” su uno schermo gigante. I grandi film acquistano al cinema una dimensione unica e similmente i ricordi.

Per esempio: vedo migliaia di film all’anno. In qualsiasi modalità. Tablet, tv, proiettore, cinema, telefono, pc. Ma gli unici di cui ho ricordi nitidi, anche a distanza di anni, sono quelli visti al cinema. Inception, per dire. Visto dieci anni fa (mi ricordo persino la sala, oltre al cinema). O Braveheart, visto due volte in sequenza e maledicendo gli inglesi assassini in un cinema della periferia di Milano. Certo è facile ricordare i film belli, più difficile ricordare i film orrendi, un po’ perché statisticamente sono molto più numerosi dei capolavori, un po’ perché le brutte esperienze tendiamo a dimenticarle. Però, se ci pensate, da qualche parte nella vostra testa si nasconde un film orrendo visto al cinema. Un film noioso, ridicolo, che avete mandato a quel paese durante e dopo la proiezione. Io ce l’ho – in realtà ne ho tremila – ed è l’indimenticabile L’imprevisto è Zana, sorta di thriller italoalbanese con ’sta Zana che faceva il doppio gioco e recitava con l’espressività di un ferro da stiro. 

Gioco di prestigio

Ecco, tutto diventa grandioso al cinema: la sciatteria diventa capolavoro al contrario, la perfezione stilistica di un Coppola, di un Cimino o di un Kubrick ti strappa gli occhi di dosso. Ti seduce, ti lavora dentro. Ci sono dei film, dei film grandi, che ti stuzzicano per anni e ti inculcano delle domande. Ma Forrest Gump ci è o ci fa? E la trottola di Di Caprio in Inception si fermerà o no? E ancora: ma Sharon Stone alla fine aveva architettato tutto ai danni di quel povero fesso di Michael Douglas oppure aveva solo bisogno di una rinfrescata nella famosa scena al commissariato? Il cinema ha questa forza: Inception – che è un grande film sui meccanismi del cinema – lo spiegava bene raccontandolo come un “sogno condiviso” che si popolava di attori, chimici, trasformisti, registi e architetti in realtà altro non sono che scenografi. 

Sarebbe proprio bello e significativo far ripartire il cinema con Nolan, che ha sempre giocato sul doppio nei suoi film e sull’ambiguo, come nel suo film più bello, The Prestige, altro film meravigliosamente efficace al cinema e molto meno sul piccolo schermo. La storia di due maghi, a caccia del numero di prestigio decisivo per catturare, per stregare un popolo intero di spettatori, per catturarli, per far credere loro il grande inganno del cinema, che è tutto così finto, artificioso, costruito, eppure così straordinariamente vero, più vero della realtà vera, a volte più doloroso delle ferite vere.

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