Sarà questo l’anno in cui gli insegnanti diventeranno tutti “facilitatori”?
Il 2008 sarà un anno di ripresa per la scuola italiana, dopo i dati catastrofici del rapporto Ocse-Pisa? È difficile essere ottimisti se insisteremo a propinare i medicinali in uso da un trentennio. Un buon medico, quando la terapia non funziona, rivede la diagnosi. I medici ideologi, invece, moltiplicano la dose. In India gli obbiettivi di apprendimento per la matematica vengono tutti conseguiti almeno tre anni prima che da noi. Un bambino cinese o indiano che frequenti la nostra terza elementare si gira i pollici perché sa già tutto. Il confronto con le scuole medie inferiori è impietoso. Come mai? Semplicemente perché la loro scuola è com’era la nostra trent’anni fa. Ma continuiamo a vietare di parlare di “programmi” perché sarebbe repressivo e impositivo. Il risultato è che i programmi vengono definiti dagli editori dei libri scolastici. Costoro si sono adeguati abilmente al gergo didattichese propinando senza vergogna orrori matematici considerati ormai intoccabili (come la “legge dissociativa”) e offrendo una meccanicità di apprendimento che fa impallidire quella della vecchia scuola “trasmissiva”. Al posto dei programmi la burocrazia ministeriale propina vaghe e fumose “indicazioni” redatte in puro stile sindacal-progressista senza tema di esibire le più assolute scempiaggini, come l’indicazione a studiare il teorema di Pitagora «e le sue applicazioni alla matematica». Difatti, tutti sanno che il teorema di Pitagora non è matematica. Forse è roba che si mangia. Ma provatevi a sottolineare queste scempiaggini e vi sentirete rispondere che non ha importanza: i contenuti si “creano” in classe, nel processo di “autoapprendimento” degli studenti. L’unica cosa che conta sono le metodologie didattiche. Si proclama che questo è il modo di salvare la scuola. Per l’intanto abbiamo realizzato una scuola appiattita sulla mediocrità e sull’ignoranza, sulla svalutazione del merito, della competizione e della spinta ad apprendere. È la scuola del conformismo più grigio, in cui tutti sono sollecitati a usare sempre lo stesso gergo pedagogistico codificato, con una pressione psicologica così forte che pare che nessuno più osi ricorrere a un verbo diverso da “somministrare” parlando di questionari.
Ho udito un collega pedagogista proclamare con enfasi che occorrerebbe cancellare dal vocabolario le parole “insegnare” e “insegnante”, in quanto riflettono una visione “trasmissiva” e “impositiva”. Bisognerebbe dire “accompagnare”, “stare accanto”, “facilitare” o “mediare” e chiamare l’insegnante “accompagnatore”, “facilitatore” o “mediatore”. L’aspetto tragicomico è che chi propina queste visioni insegna, eccome. Anzi, trasmette moleste teorie del nulla con la supponenza di chi si ritiene esentato da ogni valutazione. Sono gli unici insegnanti rimasti, gli altri sono tutti badanti.
È ideologia, e l’ideologia si fa beffe della realtà. Non sfugge il suo carattere totalitario. Difatti, si tratta di una miscela perversa di scientismo pedagogistico-didattico e di sovversivismo egualitarista di sessantottini invecchiati male. La pretesa che si possano costituire la pedagogia e la didattica come scienze esatte sul modello delle scienze fisico-matematiche e che abbia senso parlare di cose fuori dal mondo come la “misurazione delle conoscenze” si sposa con la volontà di scassare del tutto la scuola “di classe”. In effetti, si è riusciti a scassarla e a trasformarla in una vera scuola classista, in cui vanno avanti soltanto quelli che hanno il sostegno di una famiglia colta e capace di educare nel senso tradizionale del termine. Tanti auguri di un buon 2008 con tanti buoni maestri e prof., e senza fac., med. e accomp.
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