Probabilmente molti ricorderanno la comparsa sui giornali d’inizio anno dell’immagine “ghiacciata” dell’Inghilterra, a causa di nevicate e freddo insolitamente intensi. Un medico specializzando italiano, arrivato a Londra per un periodo di perfezionamento, è scivolato sul ghiaccio riportando forte dolore e immobilità al gomito sinistro. Si è immediatamente recato al pronto soccorso dell’University College Hospital, che è appunto un ospedale universitario e non qualunque. Qui è stato visto da un medico pakistano, non specialista in ortopedia, ma medico di medicina generale, come si usa nei prontosoccorsi inglesi. È stato mandato a fare la lastra in radiologia, dove non c’era il medico radiologo, ma solo il tecnico.
Tornato con la lastra dal medico pakistano gli è stato detto da questi che siccome lui non se ne intendeva molto, ma il gomito gli sembrava rotto, sarebbe stato contattato la settimana successiva per l’ingessatura; se aveva male poteva prendere degli antidolorifici. Poiché era martedì e parlare di settimana successiva era troppo generico, il nostro specializzando mercoledì mattina ha preso l’aereo ed è tornato a casa, dove mercoledì pomeriggio è stato ingessato. Probabilmente molti saranno scandalizzati perché l’assistenza sanitaria è sentita come un diritto a cui rispondere prontamente in caso di urgenza e l’Inghilterra è normalmente vista come la patria di tale diritto.
Abbiamo copiato da loro il nostro sistema sanitario e con trenta anni di ritardo abbiamo introdotto in Italia la “copertura universale” dei bisogni di salute, con tutte le prestazioni tendenzialmente gratuite per ogni cittadino. Ma la copertura universale si dimostra non infrequentemente logora e corta, soprattutto per quel che concerne la scarsità di risorse – apparecchiature e ospedali vecchi o con manutenzione insufficiente –, le lunghe liste di attesa e l’indisponibilità dei presìdi diagnostici e terapeutici. Per fortuna in Lombardia non è così; non che non ci siano errori e trascuratezze, ma in genere non è così, anzi mediamente è molto meglio di così. Non a caso nelle analisi comparative la sanità lombarda si dimostra all’altezza dei migliori standard europei.
Per capire perché, è opportuno richiamare alcune premesse generali non a tutti presenti. Il Sistema sanitario nazionale italiano (Ssn), è stato istituito nel 1978, dopo che la richiesta al sistema assicurativo precedente, fatto di mutue per lo più para-pubbliche, di assistere tutti i cittadini aveva portato tale sistema sull’orlo del collasso. Così si pensò a un Ssn gestito dallo Stato, che, unico, poteva garantire l’assistenza sanitaria a tutti. Pubblico vuol dire per tutti Dopo dieci anni, anche questo sistema viaggiava verso il fallimento. All’inizio degli anni Novanta, si cercò di sterzare, introducendo princìpi aziendalistici di efficienza: trasformando le Unità sanitarie locali (Usl) in Aziende sanitarie locali (Asl); chiedendo ai cittadini di partecipare alla spesa sanitaria attraverso i ticket; fissando quali fossero i livelli essenziali di assistenza (Lea) da garantire; stabilendo che gli ospedali venissero pagati non più a giornata di degenza, ma con quote prefissate per tipo di prestazione (per esempio, un’appendicite viene pagata un tot a prescindere da quanto il paziente sta in ospedale e quindi dal tempo inutilmente perso, dall’eventuale eccesso di personale, dall’utilizzo incongruo di strumenti e farmaci).
Infine la gestione della sanità venne tolta ai politici – che in pratica rappresentavano lo Stato – e affidata ai tecnici. La riforma della riforma ha dimostrato nel tempo complessi problemi di attuazione. I tecnici messi a capo della sanità sono inevitabilmente condizionati dalla politica, che è comunque responsabile delle scelte di programmazione generale. Il pagamento degli ospedali per quote prefissate non è ancora adeguatamente funzionante in tutto il paese. Le Asl non sono vere aziende, perché Regione, ovvero con le tasse dei cittadini. I costi della sanità crescono di un 3 per cento all’anno, contro una crescita complessiva del paese di circa l’uno per cento. Il funzionamento è ineguale, giudicato poco efficiente soprattutto nelle regioni del Sud.
In questo quadro si possono capire la novità e lo sforzo compiuti dalla Regione Lombardia per migliorare l’efficienza – il funzionamento – l’efficacia – i risultati – della sanità pubblica. In primo luogo – e questa è l’idea fondamentale – si è ritenuto che pubblico non significa statale, ma servizio offerto a tutti i cittadini e verificato dal governo regionale. Si sono accreditati così una serie di centri sanitari privati profit e soprattutto non profit – tra i quali anche grandi ospedali – in grado di rispettare gli standard di prestazione definiti dalla Regione. Poiché il privato è notoriamente più efficiente del pubblico – più rapidità, meno personale e più attenzione alla spesa – l’accreditamento ha introdotto un effettivo principio di concorrenza, per il quale gli ospedali pubblici vengono messi alla prova dai privati e viceversa. In secondo luogo si è divisa la gestione degli ospedali dalla gestione delle Asl, unificando questi enti secondo un’economia di scala che rispettasse il territorio (di norma la provincia).
In Lombardia ci sono 16 Asl e una trentina di grandi aziende ospedaliere, in cui sono stati fatti confluire gli assai più numerosi ospedali preesistenti. Comprare le flebo per dieci ospedali, invece che per uno solo, fa ovviamente risparmiare sul prezzo. Se in uno o più degli ospedali confluiti c’è un reparto altamente specialistico e costoso, non se ne apre un altro e si eliminano i doppioni. Mentre gli ospedali hanno il compito di erogare prestazioni, le Asl hanno il compito di valutare come le prestazioni vengono erogate e a quali costi. Anche questo ha concorso a migliorare funzionamento e risultati.
Infine la Lombardia ha organizzato un sistema informatico assai esteso ed efficiente, che già ora permette un controllo importante della qualità e dei costi delle prestazioni sanitarie e lo permetterà ancora di più in futuro. Gli organismi sanitari internazionali sottolineano con forza come le attività di controllo siano uno degli aspetti più importanti della gestione e dell’indirizzo della sanità. Non è che in Lombardia vada tutto bene, ci sono però una serie di dati che fanno della Regione un esempio.
Osservazioni recenti hanno evidenziato che nonostante inquinamento, freddo, traffico e stress, a Milano si vive mediamente di più che nel resto d’Italia. Il costo della sanità lombarda è a livello della media nazionale e in pareggio. Un aiuto alle altre regioni Di conseguenza, essendo la Lombardia la Regione più ricca, distribuisce al resto della sanità nazionale la quota di tasse che non spende per la propria. Con ciò la Lombardia è la regione che richiama più pazienti dal resto del paese. Alcuni grandi ospedali privati sono particolarmente capaci di tale richiamo, dimostrando che il concetto di pubblico lombardo è effettivamente apprezzato anche dai cittadini di altre regioni.
Dal punto di vista della produzione scientifica gli ospedali lombardi sono in testa a tutte le classifiche nazionali. A questo proposito la Lombardia detiene un’ampia maggioranza relativa di Istituti di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico (Irccs) che, oltre ad assistere gli ammalati, hanno come compito quello di aumentare le conoscenze sulle cause e sul trattamento delle malattie. Si potrebbe continuare. Ma la morale semplice è che molto è stato fatto e, proprio a causa di questo molto, si capisce che ancora di più c’è da fare e soprattutto che si può. E anche questo è molto lombardo.