San Wojtyla dottore della Chiesa? I titoli di certo non gli mancano

Di Marco Invernizzi
22 Dicembre 2019
Non si limitò a condannare la rivoluzione del ’68 che ha ormai disgregato due generazioni: cercò di raccontare la bellezza dell’amore nel piano di Dio, anche nell’aspetto carnale
Giovanni Paolo II

Articolo tratto dal numero di dicembre di Tempi.

Recentemente, in occasione di un convegno a Roma per il 30esimo anniversario dell’abbattimento del Muro di Berlino, l’episcopato polacco ha lanciato un appello al Santo Padre perché san Giovanni Paolo II sia proclamato dottore della Chiesa e patrono d’Europa. Fra i motivi che giustificherebbero un tale riconoscimento vi è certamente il suo contributo a riscoprire la bellezza e la verità originaria dell’amore coniugale, tema al quale ha dedicato un’opera precedente l’elezione al pontificato (Amore e responsabilità, Marietti, 1980), ma soprattutto le catechesi sull’amore umano che hanno accompagnato le udienze generali del mercoledì dal 1979 al 1984 (L’amore umano nel piano divino, Lev, 2010).

La sua “teologia del corpo” aveva lo scopo di ricordare come l’amore fra un uomo e una donna ha un ruolo straordinariamente importante nel disegno di Dio, sia per la santificazione dei coniugi sia per la trasmissione della vita ai futuri abitanti della terra e cittadini del cielo. L’allora arcivescovo di Cracovia, Karol Wojtyla, aveva dato un contributo importante alla stesura della tanto contestata enciclica Humanae vitae di san Paolo VI; da Pontefice, continuò ad approfondire il tema e il risultato di quest’opera oggi potrebbe aiutare a superare la crisi del matrimonio, che anzitutto è una crisi di significato, perché gli sposi spesso, anche quelli credenti, ignorano completamente la grandezza del progetto che Dio ha su di loro quando vanno a costituire una comunione indissolubile che è anche la cellula fondamentale della società.

La teologia del corpo è la grande risposta dei cattolici alla sfida della rivoluzione antropologica cominciata negli anni Sessanta ed esplosa nel Sessantotto. Come sia finita questa stagione rivoluzionaria è sotto gli occhi di tutti: “tanto sesso sempre e ovunque” e poi una grande disperazione, culminata nel trionfo dell’ideologia gender e nel suicidio demografico dei paesi dell’Occidente, soprattutto il nostro. La teologia del corpo non si limita a condannare questo processo che ha ormai disgregato due generazioni, ma soprattutto cerca di raccontare la bellezza dell’amore nel piano di Dio, anche nel suo aspetto carnale.

Perché la grande opera del Papa polacco, che potrebbe essere la motivazione principale della richiesta di riconoscerlo come dottore della Chiesa, non viene studiata, accolta e praticata nella pastorale contemporanea, salvo poche e lodevoli eccezioni? È troppo lunga e complessa, come qualcuno sostiene? L’obiezione non regge perché esiste una versione semplice e riassunta delle tante catechesi di Giovanni Paolo II (Compendio della teologia del corpo, a cura di Yves Semen, Ares, 2017).
Oppure viene rifiutata perché combatte il lassismo di chi, anche all’interno della Chiesa, sulla sia del Sessantotto, crede che ci si debba liberare da certe posizioni di condanna del pensiero libertario e della prassi che ne è derivata? Pigrizia e troppa fatica ma forse soprattutto sudditanza culturale.

Tante domande da suscitare

I matrimoni civili hanno superato in numero quelli religiosi secondo le statistiche relative al 2018. I motivi sono diversi, fra cui l’aumento delle seconde nozze dopo un divorzio e l’assenza di una prospettiva di fede, ma se per chi sceglie di sposarsi in chiesa questa fosse l’occasione per trovare o ritrovare o fare crescere la fede, magari attraverso la presentazione del progetto di Dio sull’uomo che passa dal matrimonio? Certo, in questa ottica missionaria non basterebbero i soliti sei o sette incontri di preparazione al matrimonio, ma ci vorrebbe qualcosa di molto più sostanzioso. Come dice papa Francesco, serve un «catecumenato permanente» per il sacramento del matrimonio, nel quale riprendere anche «la catechesi dell’iniziazione cristiana alla fede».

Forse la teologia del corpo può essere questa occasione. Essa, come la presentò Giovanni Paolo II (8 agosto 1984), «non è tanto una teoria, quanto una specifica, evangelica, cristiana pedagogia del corpo». Perciò può essere la miccia in grado di suscitare tante domande importanti nel momento in cui due persone stanno preparandosi a una scelta concreta e decisiva per la propria vita.

Foto Ansa

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