San Francisco continua a serrare le chiese, «le élite si prendono gioco di Dio»
«Non starò più zitto». Detto, fatto: dopo mesi trascorsi a «supplicare» l’amministrazione di San Francisco di rivedere le incredibili restrizioni imposte al popolo cattolico, l’arcivescovo Salvatore Cordileone lo ha radunato in piazza. Domenica tre processioni eucaristiche hanno attraversato la città in cui ha imperversato per settimane la galassia dei Black Lives Matter: sciamando dalle chiese di Sant’Antonio, San Patrizio e Stella Maris i fedeli si sono riuniti nella piazza del municipio e da lì hanno raggiunto la Cattedrale di Santa Maria, dove è stata celebrata una messa all’aperto con tutti i crismi del distanziamento.
«Per mesi ho supplicato il comune», «siamo stati ignorati», «ora è il momento di unirci per testimoniare la nostra fede, il primato di Dio e dire basta al municipio», ha proclamato senza mezzi termini l’arcivescovo durante l’omelia. E a ben vedere: Cordileone non è un pazzo negazionista, è la guida di una enorme diocesi che vive le restrizioni al culto più severe d’America. Dopo mesi di chiese chiuse, funzioni vietate all’interno delle strutture, e un numero massimo fissato a 12 persone per partecipare alle messe all’aperto, il sindaco London Breed ha emanato la scorsa settimana nuove disposizioni: dal 14 settembre sarà possibile celebrare messa ma solo all’aperto per un massimo di 50 fedeli. Ed è sì consentita la preghiera personale all’interno della chiesa, ma lasciando entrare una sola persona per volta. «Una persona alla volta in questa grande cattedrale a pregare? Che insulto. Questa è una presa in giro. Ci stanno prendendo in giro e, peggio ancora, stanno prendendosi gioco di Dio», ha tuonato Cordileone, che sulla concessione di Breed di poter consentire a partire dall’1 ottobre “servizi” interni alle chiese, ma solo alla presenza di un massimo di 25 persone, ha rincarato: «Meno dell’1 per cento della capacità della cattedrale di San Francisco».
UNGHIE E MASSAGGI, MA NIENTE MESSA
Per capirci, le persone oggi possono frequentare parchi, mangiare all’aperto, dal 14 settembre hanno riaperto anche parrucchieri e saloni di bellezza, e alle palestre è stato concesso di riaprire al pubblico (quelle per i dipendenti governativi sono già in funzione) per il 10 per cento della loro capacità, la maggior parte dei negozi al 50 per cento, i centri commerciali al 25 per cento. La cattedrale? Meno dell’1 per cento, appunto. Per questo l’arcivescovo ha sfidato il totem dell’uguaglianza parlando apertamente di «discriminazione intenzionale. Sì, discriminazione, perché non c’è altra parola per definirla». Contemporaneamente a quella nella piazza della Cattedrale sono state celebrate messe all’aperto in tutti i 900 spazi esterni adibiti alle funzioni. Tutti i posti “concessi” dall’amministrazione sono stati occupati, 1.500 persone hanno potuto farsi così portavoce di chiunque sia stato messo «alla fine della fila. Non importa quanto ricco o povero, non importa se appena arrivato o da famiglie che sono qui da molte generazioni, è la nostra fede cattolica che ci unisce ed è a causa della nostra fede cattolica che siamo messi ai margini». Costretti a prendere il corpo di Cristo nella Bay Area, dove l’aria è impestata dai fumi degli incendi che stanno devastando la costa occidentale.
PELOSI FA L’OMELIA ALL’ARCIVESCOVO
L’arcidiocesi ha ordinato ai parrocchiani di portare striscioni durante le processioni; 100 in inglese, 15 in spagnolo e 5 in cinese con scritto: “Siamo essenziali: libera la messa!”. L’appello a unirsi alla manifestazione era stato lanciato da Cordileone in persona sul Washington Post il 17 settembre e scontato come un tampone era arrivata la reazione di Nancy Pelosi: dicendosi certa che il messaggio dell’arcivescovo fosse stato “frainteso” il presidente della Camera suggeriva al suo intraprendente arcivescovo di lasciar fare «alla scienza», «credo che la scienza sia una risposta alle nostre preghiere. È una creazione di Dio e una risposta alle nostre preghiere». Cosa aveva scritto Cordileone di così antiscientifico? Testualmente:
«Non mi sarei mai aspettato che la libertà religiosa più elementare, il diritto al culto – tutelato in modo robusto dal primo emendamento della nostra Costituzione – sarebbe stato ingiustamente represso da un governo americano. Ma questo è esattamente ciò che sta accadendo a San Francisco (…). Come ha chiesto di recente uno dei miei parrocchiani: “Perché posso passare tre ore in uno spazio chiuso per comprare scarpe da Nordstrom ma non posso andare a messa? (…) Noi cattolici non siamo indifferenti ai pericoli reali rappresentati dal covid-19. Questo è uno dei motivi per cui le chiese cattoliche hanno sviluppato protocolli rigorosi per proteggere la salute pubblica nelle nostre strutture. Abbiamo presentato i nostri piani di sicurezza alla città a maggio insieme ad altre comunità religiose, e mentre i rivenditori al dettaglio hanno approvato i loro piani ed entrati in funzione, stiamo ancora aspettando una risposta».
Cordileone fa riferimento alle indagini scientifiche nelle altre giurisdizioni che attestano l’efficacia dei protocolli adottati:
«Come hanno concluso tre specialisti in malattie infettive che hanno esaminato i dati di oltre 1 milione di messe pubbliche negli ultimi mesi, non ci sono stati focolai documentati di covid-19 legati alla frequenza in chiese che seguono i protocolli. Abbiamo dimostrato di sapere come celebrare la Messa in sicurezza. Non c’è motivo per non permetterci di mettere in pratica quella conoscenza. Né le nostre preoccupazioni derivano dall’ostilità verso il governo. Noi cattolici rispettiamo l’autorità legittima e riconosciamo che il governo ha il diritto di imporre regole di salute pubblica ragionevoli, così come riconosciamo il suo diritto di emanare codici di sicurezza per i nostri edifici ecclesiastici. Ma quando il governo afferma l’autorità sul diritto stesso della chiesa di adorare, supera il limite. I nostri diritti fondamentali non vengono dallo Stato. Come hanno affermato gli autori della nostra Dichiarazione d’Indipendenza, sono “auto-evidenti”, cioè provengono da Dio. Anche questa ingiustizia, però, non è così dolorosa come la semplice mancanza di compassione».
IL SORRISINO IPOCRITA DELLE ÉLITE
Si chiede l’arcivescovo se le élite sprezzanti si rendano conto del dolore inflitto inutilmente ai cattolici, negando loro ciò che li unisce a Dio unendoli tra loro. La Chiesa non è spettatore della pandemia o della crisi economica ma fonte di aiuto concreto e spirituale per i poveri, i disoccupati, i sofferenti, per chiunque viva nella trappola delle dipendenze. Non chiede trattamenti speciali, chiede che la Chiesa possa essere parte attiva nella tutela della salute pubblica e che ai cattolici non vengano penalizzati rispetto a chiunque partecipi ad attività «con profili di rischio comparabili», e che possano tornare in chiesa seguendo protocolli di sicurezza ragionevoli («le stesse libertà ora estese alla clientela dei saloni per unghie, servizi di massaggi e palestre. È giusto, è solo compassionevole e, a differenza di queste altre attività, è ciò che richiede il Primo Emendamento»). Queste le richieste all’amministrazione. Quanto ai cattolici, l’arcivescovo invita tutt’altro che alla disobbedienza:
«Nostro Signore benedetto viene apertamente deriso con i sorrisini allegri delle élite culturali. Il simbolo sacro dell’abito religioso viene bestemmiato con la fervida approvazione di coloro che professano rispetto e tolleranza reciproci per altri che sono diversi, mentre ci discriminano apertamente (…) Combattendo per la giustizia, combattiamo per la gloria di Dio. E quindi invito ogni cattolico in questa città, e in questo paese, a continuare a esercitare una cittadinanza responsabile, a rispettare regole di salute pubblica ragionevoli e a continuare a servire la nostra comunità, nonostante la beffa a cui siamo soggetti in molti modi diversi. Questa è la via di Dio, ed è così che i cattolici servono Nostro Signore».
Foto Ansa
0 commenti
Non ci sono ancora commenti.
I commenti sono aperti solo per gli utenti registrati. Abbonati subito per commentare!