Così la relazione antimafia di Pisanu umilia i veri eroi della guerra ai clan

Di Alfredo Mantovano
26 Gennaio 2013
Il documento della Commissione antimafia sulla trattativa Stato-Cosa nostra salva Scalfaro e Ciampi e infanga Mori e il Capitano Ultimo

La relazione della Commissione antimafia sulla cosiddetta trattativa, approvata a legislatura più che scaduta, può così sintetizzarsi: se trattativa c’è stata, essa è avvenuta “all’insaputa” delle più alte cariche dello Stato di vent’anni fa. La ragione? Scalfaro, Amato e Ciampi – così si legge nel documento, redatto dal presidente Pisanu – hanno negato di averne sentito parlare, e la loro parola non può essere messa in dubbio. Sic! L’unico dato obiettivo su cui sarebbe stato interessante capire di più – la mancata proroga, alla fine del 1993, del regime di carcere duro per 334 mafiosi, di cui 23 di elevato spessore criminale – non trova spiegazione né nelle parole del ministro della Giustizia dell’epoca, Giovanni Conso, che pure aveva firmato i provvedimenti, né nelle dichiarazioni di Mancino, né in altri atti a disposizione della Commissione.

UN ERRORE POLITICO. Chi viene messo all’indice sono quei carabinieri che all’epoca avevano fatto conseguire allo Stato successi certi nel contrasto a Cosa nostra: Subranni, Mori, Ultimo. Con verbi al condizionale e con largo uso di avverbi come “forse”, la relazione ipotizza la “regia occulta” di Provenzano dietro l’arresto di Riina, e un negoziato alla base dei contatti che gli ufficiali del Ros ebbero con l’ex sindaco di Palermo Vito Ciancimino. Il tutto senza che in Commissione Mori o De Donno abbiano mai avuto la possibilità di interloquire. Quando a Palermo le accuse di Ingroia naufragheranno, qualcuno dovrà restituire l’onore a chi, per catturare i latitanti e i capi di Cosa nostra, teneva contatti a rischio: certo, con esponenti mafiosi; chi altri avrebbe potuto fornire informazioni? Scambiare questa necessaria e ovvia attività di indagine per “trattativa” è stato fino a qualche giorno fa un grave errore giudiziario. Con la relazione dell’Antimafia è diventato anche un errore politico.

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