
Lettere dalla fine del mondo
Ringrazio Dio che mi fa partecipe del vostro stesso dolore. La sofferenza è per consegnarci a Lui
Pubblichiamo la rubrica di padre Aldo Trento contenuta nel numero di Tempi in edicola (vai alla pagina degli abbonamenti)
Caro padre Aldo, ho quasi 30 anni e soffro di depressione. È terribile quando non hai più il gusto di fare le cose, quando non si vede un futuro. La depressione mi ha portato via gli anni più belli, le cose che amavo. Oggi ho incontrato una compagnia che mi ha abbracciato come don Giussani ha fatto con te, però in certi momenti non mi basta, continuo a sentirmi tremendamente solo. Perché questo abbraccio sembra non durare nel tempo e soprattutto nelle distanze? Padre Aldo, ti chiedo ancora un aiuto, ricorda mi nelle tue preghiere.
Cristiano
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Buongiorno padre Aldo, la seguo sempre sulla rivista Tempi. Mi vergogno a scriverle, non per quello che devo chiederle, ma perché penso a tutto il dolore serio che vede ogni giorno attorno a lei. Ma resta il mio male, con cui devo fare i conti ogni giorno.
Io in fondo ho tutto – lavoro, famiglia – ma mi manca l’essenziale. Ossia, vivo tormentato da una insicurezza esistenziale, una fragilità esistenziale devastante, che mina la mia stabilità, mi fa vivere nella paura, nell’incapacità di vedere il mio valore. Ogni giorno mi alzo e lotto contro un male invisibile, un male che rende ogni cosa, anche la più banale, un peso schiacciante, che arriva a farmi pensare che il Signore mi abbia fatto sbagliato.
Penso a quello che dice Gesù: che importa se hai tutto se perdi te stesso? Io vivo così: ho tutto – e ne ringrazio Dio ogni giorno – ma questo male della mente, questa insicurezza esistenziale, mina la mia vita alle fondamenta e rende un incubo ogni giornata. L’esito di questa fragilità psichica è che la vita è vissuta come un insieme di cose da fare, ma di nessun gusto, e nella totale perdita della coscienza del valore di sé. E così la vita diventa soltanto un peso, una stoica resistenza nel sopportare una esistenza che mi opprime. Eppure nulla mi manca.
Fabrizio
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Che cosa può riempire il nostro cuore? Stavo meditando nel silenzio della cappella dell’ospedale quando la suora mi ha consegnato le ultime email della giornata, ma prima di leggerle ho preso in mano il breviario per la recita dell’ora Nona. Le prime righe del Salmo 21 mi colpiscono sempre: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato? Lontane dalla mia salvezza le parole del mio grido! Mio Dio, grido di giorno e non rispondi; di notte, e non c’è tregua per me». Poi ho letto le due email che mi permetto di pubblicare per renderci conto della sofferenza di tante persone che vivono con noi e non hanno la libertà e l’energia per farci partecipi del loro dolore.
Una sofferenza, quella psichica, impossibile da capire se uno non l’ha vissuta. Per questo la mia persona è diventata come una calamita per quanti stanno vivendo le pene dell’inferno in questa vita. Sono grato al Signore per essere un piccolo lume di speranza per tante vittime della depressione o della disperazione.
«Eppure nulla mi manca»
Ascoltando il grido di Cristiano e Fabrizio, il fattore più importante, guardando la mia storia, è quello di riconoscere la nostra malattia come una risorsa che ci obbliga a chiedere aiuto a qualcuno che ci vuole bene e testimonia la positività di questa sofferenza, perché se Dio l’ha permessa è per la nostra conversione, per purificare il nostro cuore, per farci capire che siamo fatti per Lui.
Amici cari, il vostro dolore è il mio, perché questo malessere mi ha torturato per anni. E quando ho incominciato a respirare Dio mi ha regalato una spondilite che a volte mi fa vedere le stelle in pieno giorno. Ogni volta che mi alzo il mio io diventa un grido come quello del Salmo 21. Dove sei o Gesù? Dove sei Vergine Santissima?
La consolazione più grande la incontro guardando i miei ammalati terminali, in particolare i bambini che vivono come Gesù, inchiodati sulla croce. La mia vita come quella dei miei figli è zeppa di perché, ma la grazia della fede mi dona la forza di consegnare tutto a Gesù. «Eppure nulla mi manca…», scrive Fabrizio. «Il nostro cuore – dice sant’Agostino – è fatto per te e solo in te trova riposo». «Ho tutto, ma mi manca l’essenziale». Dio voglia.
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1 commento
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Vorrei dare la mia testimonianza se pur nel mio piccolo, ho vissuto la mia infanzia e adolescenza vedendo mia madre soffrire, poi a 25 anni ho perso mia madre pochi anni dopo mio padre e a 32 mia figlia, una figlia attesa ed amata per nove anni vissuta solo 8 mesi. Non capivo il perché di tanta sofferenza ora sono certa che in quella nascita e in quella morte, vivendo una disperazione totale, mi sembrava che niente avesse più senso, il Signore è venuto ad incontrarmi, certo umanamente puo spaventare dire che Dio ci incontra nella sofferenza ma Lui l’ha vissuta per noi donando la vitastiera di Suo Figlio . Oggi vivo costantemente nel dolore fisico, ma non mi sento sola so che Gesù Cristo è con me e che mi aiuta a portare la mia croce. Vivo così serena e in pace perché so che Dio non mi lascia sola nella prova.