Riapre la biblioteca di Sarajevo, simbolo di una ferita non ancora riemarginata
LA DISTRUZIONE. La grande biblioteca dallo stile neo-moresco, costruita nell’epoca austro-ungarica, ha aperto le sue porte per la prima volta il 9 maggio scorso: sono passati ventidue anni dalla notte tra il 25 e il 26 agosto 1992 quando le bombe colpirono e diedero fuoco a un patrimonio di migliaia di preziosissimi volumi. Sarajevo era sotto l’assedio dell’esercito della Repubblica Serba, assedio protrattosi per ben millequattrocentoventicinque giorni, dal 5 aprile 1992 al 26 febbraio 1996. Le fiamme furono padrone della Vijesnica per tre giorni bruciando circa 2 milioni di libri, di cartine, di giornali, di pezzi di memoria. Ciò che oggi ci rimane di quel tesoro di carta è frutto del sacrificio di tanti vigili del fuoco, volontari e uomini comuni che sfidarono le fiamme e i proiettili per mettere in salvo quanto potevano del patrimonio della loro cultura. Fra questi c’erano bosniaci, serbi e croati. Numerose le testimonianze che ricordano della catena umana che si mobilitò per questo scopo: Kadira Mujanovic, dipendente della biblioteca, ne prese parte non potendo sopportare di vedere «le fiamme che ingoiavano i libri, un piano dopo l’altro» e il violoncellista Vedran Smajlovic racconta che «correvamo dentro come ragazzini a prendere casse di libri e all’uscita li gettavamo a bordo di un camion militare». Al di là delle immagini romantiche, questi uomini sfidarono un pericolo concreto e reale come i cecchini per dei pezzi di carta, salvando così un patrimonio prezioso non solo per la Bosnia.
LA RICOSTRUZIONE. La Vijesnica seppe ricambiare l’eroismo dei sarajevesi prestando nell’estate del 1993 i suoi mattoni per murare le finestre; si temeva infatti un attacco massiccio delle forze serbe dal Monte Igman, a sud-ovest di Sarajevo.
Dopo l’assedio questa biblioteca con la sua cupola di vetro andata in frantumi divenne un simbolo della tragedia che aveva colpito la città, della perdita che le armi avevano comportato (e non solo in termini di cultura).
Il restauro fu avviato sin dal 1996 e permette in questo mese di giungo la riapertura ufficiale e il primo evento, il concerto della Filarmonica di Vienna, in programma sempre per il 28 giugno.
LE PROTESTE. Non mancano però le proteste: «Meglio chiusa» dice l’artista Zoran Hercerg «ora sarebbe solo un simulacro gestito da un potere inaffidabile. Chi selezionerebbe i volumi in un paese dove a scuola si usano libri diversi a seconda dell’appartenenza nazionale?». Inoltre il primo ministro serbo Aleksandar Vučić ha annunciato che non prenderà parte alla inaugurazione: «Non sfilerò davanti a una lapide che definisce aggressore il popolo serbo!» ha tuonato, dopo che in un primo momento aveva accettato l’invito delle autorità bosniache. Altro grande assente, questa volta però alla cerimonia passata del 9 maggio, Ismet Ovcina, il direttore della biblioteca. Ha dichiarato: «Non accettiamo di tornare da ospiti in casa nostra, dopo essere stati cacciati a colpi di proiettili incendiari». «Da ospiti» perché il Consiglio della Città rivendica l’utilizzo dell’edificio a scopi di rappresentanza mentre alla biblioteca è offerto solo un minuscolo spazio, più simbolico che reale. Anche il patrimonio salvato in quella notte di agosto del 1992 sembra non trovare spazio nella sua vecchia casa.
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