Gabriele Albertini non rimarrà in Regione Lombardia. Lo svela la legge: è presidente il candidato che ottiene più voti. In consiglio un posto è per chi arriva secondo, gli altri sono assegnati proporzionalmente sulla base di liste provinciali. Questo significa che il candidato montiano, che eloquenti sondaggi danno terzo/quarto dietro Roberto Maroni (centrodestra) e Umberto Ambrosoli (centrosinistra), non rimarrà a Milano. Infatti, lo stesso Albertini è candidato nelle liste di Monti al Senato. È quello il seggio che occuperà dopo il voto del 24 e 25 febbraio.
A proposito del voto per la Regione Lombardia vanno, infatti, sottolineati due aspetti.
Primo: le elezioni regionali sono a turno unico, non ci sarà nessun ballottaggio: basta un voto in più o uno in meno per vincere o perdere.
Secondo: dal 31 ottobre 2012 esiste una nuova legge regionale, la numero 17, che stabilisce le norme per l’elezione del consiglio e del presidente della Lombardia e che forse vale la pena andare a rileggere. «È eletto presidente della Regione il candidato che ottiene il maggior numero di voti validi sul territorio regionale. Gli altri 79 consiglieri – il consiglio è formato da 80 persone compreso il presidente, ndr – sono eletti con criterio proporzionale sulla base di liste provinciali concorrenti e un seggio è riservato al miglior perdente tra i candidati alla presidenza. Le circoscrizioni provinciali sono quelle esistenti alla data dell’1 gennaio 2012 (Bergamo, Brescia, Como, Cremona, Lecco, Lodi, Mantova, Milano, Monza e Brianza, Pavia, Sondrio, Varese)».
Questo vuol dire che il candidato Albertini non metterà mai piede nel consiglio regionale lombardo. Per sopperire a questo problema avrebbe dovuto candidarsi come capolista in una qualunque delle circoscrizioni provinciali sopra elencate, come ha fatto, ad esempio, la candidata Silvia Carcano del M5S. Ma Albertini, questo, non lo ha fatto ed è più che improbabile che riesca ad arrivare secondo. Il suo futuro è praticamente tracciato: Albertini farà il senatore, a Roma, per lista di Monti, quindi non si occuperà mai in prima persona di sostenere le idee presenti nel suo programma di candidato alla Regione.
Maroni, così come Ambrosoli, ha scelto invece di non candidarsi alle elezioni nazionali, né alla Camera né al Senato. Ha dichiarato inoltre di voler lasciare l’incarico di segretario nazionale del suo partito, delineando con chiarezza il suo futuro: o presidente della Lombardia o capo dell’opposizione in consiglio regionale o fuori dai giochi.