

Appena appresa la notizia dell’ingaggio di Ralf Rangnick da parte del Manchester United, Jürgen Klopp in conferenza stampa ne ha dato il miglior quadro possibile: «Non è una bella notizia per le altre squadre di Premier League». E chi può dirlo meglio dell’attuale allenatore del Liverpool, che proprio insieme a Rangnick all’inizio degli anni 2000 è stato uno degli iniziatori di una nuova era per il calcio tedesco?
Apparentemente l’assunzione del 63enne manager tedesco può sembrare una mossa a sorpresa da parte dei Red Devils, ma conoscendo la storia dell’ex plenipotenziario del gruppo Red Bull, in particolare del Lipsia, l’idea del club è presto chiara: una transizione fino a fine stagione per capire cosa va e cosa non va, per dare un’impostazione di lavoro e per capire quali giocatori siano in linea con il progetto, o meglio, con la sua idea di progetto. Poi, due anni in dirigenza, per scegliere il proprio erede e ricostruire, in quello che è un ruolo ufficialmente da “consulente”.
Anche se uno come Rangnick abitualmente non si accontenta di essere un semplice “consulente” nel senso stretto del termine. Specie se si pensa al suo nomignolo: “Der Professor”, che lo accompagna da quando negli anni Novanta appariva sulla televisione tedesca munito di pennarello e lavagna per spiegare i suoi concetti tattici, all’epoca rivoluzionari, se solo si pensa che andavano già verso il superamento del concetto di libero. Lesa maestà.
In termini di esperienze, è vero, Ralf Rangnick non ha mai lavorato in squadre europee di vertice come il Manchester United. Ha sempre preferito altri percorsi. Dal Lipsia nello scorso decennio all’Hoffenheim in quello precedente, ha sviluppato una grande capacità di costruire successi da zero. Nelle parentesi con lo Schalke 04, ha dimostrato di saper far crescere una squadra portandola dalla medio-alta classifica a una semifinale di Champions League, eliminando i campioni in carica con un netto 2-5, ancora oggi indigesto ai tifosi dell’Inter. Ironia della sorte: in semifinale perse proprio contro lo United.
L’Inghilterra (e la Premier League) nel destino. Per il calcio, ma non solo: per l’anno trascorso oltremanica tra il 1979 e il 1980, passato a studiare all’Università del Sussex e a giocare nella piccola squadra del Southwick., ma anche per l’insegnamento della lingua inglese (insieme allo sport) dal 1977 all’Università di Stoccarda. Professore, appunto.
Mai banale, a volte indecifrabile. Come racconta Jesse Marsch, scelto proprio da Rangnick come tecnico dei New York Red Bull (e in seguito suo assistente a Lipsia), già in sede di colloquio il tedesco gli mise davanti un documento con delle direttive da seguire, in particolare sui principi tattici e sulla gestione dei giovani. Marsch alla fine di quell’incontro, non avendo percepito nessuna reazione nel suo interlocutore, era certo di non essere stato preso. L’esito alla fine è stato differente e oggi l’americano è uno dei sette allenatori di Bundesliga (su diciotto) a essere stato allenato o aver lavorato a stretto contatto con il Professore.
Una vera e propria scuola. Tecnica e anche tattica. Anche a Manchester, così come a Lipsia e nelle altre esperienze, sul campo si partirà dall’ormai famoso concetto di giocare non mit dem Ball, con la palla, ma gegen dem Ball, contro la palla, per poi giocarla il più in fretta possibile. Un teorema trasformato in pratica grazie alla “regola degli otto secondi”: il tempo entro il quale recuperare il pallone, ai quali seguono i dieci secondi dalla riconquista per calciare verso la porta.
Principi chiari, teorie per certi versi rivoluzionarie, la necessità di avere il controllo delle situazioni. Di Ralf Rangnick spiccano soprattutto i lati professionali, prima di quelli passionali. L’unica occasione in cui nella sua carriera è prevalso l’aspetto umano è stata nell’esperienza con lo Schalke 04 nel 2011. Dopo un’ottima stagione, culminata con la vittoria della Coppa di Germania e il sopracitato cammino in Champions League, decise di fermarsi, esponendo le sue ragioni con la consueta schiettezza: «Prendere questa decisione è stato estremamente difficile. Ma il mio livello di energia attualmente non è sufficiente per avere successo e soprattutto per progredire nello sviluppo del club».
Ha combattuto con lo stress e con la depressione, ma dopo neanche un anno è tornato in sella con il gruppo Red Bull. L’ha lasciato nel 2020 dopo qualche mese in ufficio a gestire e coordinare tutte le sezioni calcistiche. Ha creato la sua società di consulenza e si è affiliato alla Lokomotiv Mosca. Oltremanica li chiamano ‘Workaholic’: nel senso più buono del termine, il modo migliore per inquadrare il Professore. Insieme a quello di Klopp, s’intende.
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