
Quentin Tarantino e i suoi primi, cinefili ed esagerati cinquant’anni
Cinquant’anni fa, il 27 marzo del 1963 a Knoxville, nel Tennessee, nasceva Quentin. La madre è un’infermiera, il padre è un attore e musicista di origini italiane che scompare prima che il piccolo Tarantino possa conoscerlo. Connie lo cresce da sola fino a quando non conosce il musicista Curt Zastoupil, che sposa quando Quentin ha due anni. I due sono inseparabili ed è con lui che il futuro regista varca per la prima volta la soglia della sala cinematografica. Ha sei anni e al cinema proiettano Bambi, il film della Disney con protagonista lo sfortunato cerbiatto. Quentin esce dal cinema terrorizzato e sfocia in un pianto disperato che dura ore e ore. È inconsolabile.
SPAGHETTI WESTERN. Chissà se proprio in quel momento, davanti all’unico film che l’abbia mai terrorizzato veramente, Quentin aveva chiaro il suo futuro. Di sicuro la passione per il cinema nasce da subito, quando agli inizi degli anni Settanta la famiglia si trasferisce vicino a Los Angeles. Il matrimonio tra la madre e il padrino naufraga poco dopo, proprio mentre il giovane Tarantino scopre un mondo meraviglioso, gli spaghetti western di Sergio Leone. Se ne ciba letteralmente, assieme a tutti i B-movie italiani, così bistrattati dal nostro cinema e così amati in quel ragazzo che forse cerca un po’ delle sue origini in quelle sparatorie realizzate con pochi mezzi e in quella violenza senza fine. Ormai ha 14 anni e la sua passione cresce a tal punto da spingerlo a iniziare a scrivere la sua prima sceneggiatura, Captain Peachfuzz and the Anchovy Bandit. La scuola continua a frequentarla con scarsa voglia e sarà il lavoro come maschera nel cinema porno di Torrance a siglare l’abbandono definitivo. Contemporaneamente a questo curioso lavoro, si iscrive a una scuola di recitazione.
LA VIDEOTECA. Intanto la madre cambia compagno e lui lavora saltuariamente assieme al nuovo patrigno fino a quando non viene assunto dal Manhattan Beach Video Archives, un negozio di videonoleggio che lo sceglie per la sua infinita cultura cinematografica. Tarantino è un’autentica bibbia cinematografica, i clienti e i colleghi lo interpellano per consigli e recensioni dal vivo e lui non si sottrae mai. Al tempo stesso continua a studiare per diventare attore, ma intuisce di avere maggiori potenzialità nella scrittura. Scrive il primo soggetto nel 1986 e prova anche a girare un film, My Best Friend’s Birthday, ma non è destino. Ritardi, pochi soldi e la distruzione della pellicola mandano a monte il lavoro di quasi tre anni. Ma il futuro di Quentin è già scritto.
SCENEGGIATORE. La sua seconda sceneggiatura Una vita al massimo, scritta assieme al collega di videonoleggio Roger Avary, riesce a venderla agli Studios di Hollywood per cinquantamila dollari. Il film è diretto da Tony Scott, fratello di Ridley recentemente scomparso, e tra gli interpreti ci sono Christian Slater e Patricia Arquette. Il ragazzo ha talento e lo dimostra con la seconda sceneggiatura, venduta questa volta per 40omila dollari, Assassini nati. Oliver Stone dirige il film, ma apporta troppi cambiamenti allo script, tanto da scatenare l’ira di Tarantino che chiede di essere rimosso dai credit del film, di cui figura solo come soggettista. Le sue quotazioni salgono ulteriormente dopo la scrittura di Dal tramondo all’alba, diretto da Robert Rodriguez, che lo vede anche recitare. Hollywood è già pazza di lui e gli offre il ruolo di script doctor, cioè revisionatore di sceneggiature altrui.
LE IENE. Sono i primi anni Novanta, in molti si sono accorti di lui e lo spingono a continuare a scrivere. Ma Quentin vuole anche mettersi dietro la macchina da presa, per rendere le immagini così come le ha viste nella sua testa. La sceneggiatura che ha scritto con il socio Roger Avary è una bomba a orologeria e i soldi per produrla si trovano facilmente. Così, nella calda estate losangelina prende vita Reservoir Dogs, tradotto in Italia con Le iene. Un film che fa impazzire la critica, dove humour e violenza sono mescolati sapientemente, il cinismo regna sovrano e la regia è citazionista e perfezionista. Un nuovo talento è nato in città e se ne accorgono in molti.
PULP FICTION. Gli Studios non vogliono lasciarselo scappare e gli propongono numerosi progetti ma Tarantino non vuole essere cannibalizzato e preferisce dedicarsi al suo prossimo progetto. Nasce così, nel suo ritiro di Amsterdam, il capolavoro della cinematografia moderna, Pulp Fiction. E il 1994, il film è acclamato da critica e pubblico, vince la Palma d’Oro a Cannes e l’Oscar per la migliore sceneggiatura originale. E diventa il termine di paragone per tutte le sceneggiature a venire. La complessità della scrittura, gli incastri temporali e spaziali della pellicola, gli attori utilizzati in maniera eccezionale, la colonna sonora da brividi, tutto s’incastra perfettamente in un film difficilmente ripetibile, dove la violenza costante è accettata dal pubblico come raramente accade.
TRIONFI E FUTURO. Grazie al suo capolavoro Tarantino diventa il regista più amato, l’emblema di un cinema indipendente che sa parlare a tutti, che convince Hollywood senza deludere i cinefili doc, come Tarantino stesso. La sua fama cresce in proporzione alla sua voglia di fare cinema, instancabile. Le uscite dei suoi film sono appuntamenti collettivi imperdibili, si aspettano come un regalo di Natale sotto l’albero. Four Rooms, Jackie Brown, Kill Bill vol. 1 e Kill Bill vol 2., Grindhouse – A prova di morte, Bastardi senza gloria e l’ultimo Django Unchained, premiato per la sceneggiatura originale agli scorsi Oscar, sono i suoi testamenti cinematografici dove il sangue estetizzato scorre a fiumi, dove si guarda agli spaghetti western italiani e al cinema d’azione orientale, dove la cultura pop è espressa in ogni singola sequenza e dove la lezioni dei grandi maestri rivive nelle scene memorabili dei suoi film. Di recente ha dichiarato che Killer Crow, il film a cui sta lavorando attualmente, potrebbe essere l’ultimo. Ma Tarantino, che oggi compie cinquant’anni vissuti a pane e cinema, deve ancora conquistare quel “dannato” Oscar come miglior film, che un Academy con troppa puzza sotto al naso gli nega da tempo. Gli auguriamo di conquistarlo presto, magari proprio con il prossimo film.
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