

Ripubblichiamo di seguito l’editoriale della prima edizione di Tempi in assoluto, il numero 0 del 28 agosto 1995.
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Nomina sunt consequentia rerum, ammoniva Dante. I nomi sono conseguenza delle cose, di una certa realtà. Qual è la realtà di questo paese che, visto dai giornali, sembrerebbe stretto tra cronaca nera e pettegolezzo rosa? Nelle parole che in una sera di mezza estate un ex ministro dell’Istruzione ha pronunciate pensoso davanti a una platea di giovani c’è, in nuce, il dramma dei tempi: «Non ci sarà integrazione europea se davanti al sesso un italiano continuerà a essere diverso da uno svedese e un inglese».
La chiacchiera, l’assenza di ragioni, la slealtà delle illazioni, la lingua burocratica e giudiziaria sembrano dominare la scena pubblica italiana. Il potere vorrebbe che le ragioni, le aspirazioni alla libertà, in una parola, la vita di un popolo, si riducessero sempre più a uno spensierato nulla, al gaio nichilismo di quelle frotte di turisti che accorrono ogni anno in una cittadina senza particolari attrattive del Galles del Nord per un unico motivo, il suo nome:
Llanfairpwllgwyngyllgogerychwyrndrobwllllantysiliogogogoch.
Quello che non siamo, quello che non vogliamo è questo: che le parole a vanvera di un ex ministro, lo stordimento che resta dopo un ciclone giudiziario che si traduce in alisei che continuano a circolare in vitro, la noia e la lieve incazzatura che procura la lettura giornaliera dei quotidiani, segnino il destino del paese dei Francesco, dei Dante, dei Leopardi. E di tutti noi, che vorremmo portare il nostro modesto contributo a rifare un popolo di santi, poeti e navigatori.
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