
Quel palazzo è un colabrodo
Sconcertante, incomprensibile, inconcepibile, devastante, indecente. Antonio Perugini, magistrato svizzero, quando parla dello stato della giustizia in Italia perde ogni forma di aplomb.
«È sconcertante, non riesco a rendermi conto di come sia possibile che tutte le informazioni di un’inchiesta in corso possano finire in diretta alla stampa. Come diavolo può avvenire se non – ovviamente – con una sistematica violazione del segreto istruttorio da parte degli addetti ai lavori?». Così si esprime il pm della procura di Lugano nell’intervista rilasciata al settimanale Tempi in edicola a partire da giovedì 27 gennaio.
La situazione della magistratura italiana è inconcepibile, in Svizzera non succede nulla di tutto quello che ormai è normale che accada in Italia. Ha mai provato a chiedere spiegazioni? «Sì, informalmente ho domandato come sia possibile che vi siano così tante fughe di notizie. La risposta che ho ricevuto è che i colabrodo sono già a livello dei palazzi di giustizia. E poi c’è probabilmente un inciucio, non sano sotto il profilo dell’affidabilità delle istituzioni, fra alcuni magistrati e i loro giornalisti di riferimento».
E sulle possibili soluzioni: «Ho l’impressione che se l’assetto normativo e la dotazione in uomini e mezzi fossero adeguati, nessuno avrebbe interesse a fare processi mediatici. Bisogna rendersi conto che così la situazione della giustizia è indecente. Perché chi ci va di mezzo non è tanto il signor Berlusconi e le sue signorine, qui ci va di mezzo la credibilità e l’affidabilità della giustizia. Chi mai crederà alle sentenze frutto di inchieste condotte in questo modo? Ognuno avrà la scusa per dire: se trattano così il premier, figuriamoci come sarà trattato il privato cittadino. E ogni sentenza si trasformerà nell’errore giudiziario del secolo».
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