Quel palazzo è un colabrodo

Di Redazione
26 Gennaio 2011
«Minata la credibilità della giustizia». Lo «sconcerto» di un pm svizzero davanti alla «sistematica violazione del segreto istruttorio da parte degli addetti ai lavori». Stralci dell'intervista a Antonio Perugini che uscirà in edicola sul numero 4 di Tempi a partire dal 27 gennaio

Sconcertante, incomprensibile, inconcepibile, devastante, indecente. Antonio Perugini, magistrato svizzero, quando parla dello stato della giustizia in Italia perde ogni forma di aplomb.

«È sconcertante, non riesco a rendermi conto di come sia possibile
che tutte le informazioni di un’inchiesta in corso possano finire in diretta alla stampa. Come diavolo può avvenire se non – ovviamente – con una sistematica violazione del segreto istruttorio da parte degli addetti ai lavori?». Così si esprime il pm della procura di Lugano nell’intervista rilasciata al settimanale Tempi in edicola a partire da giovedì 27 gennaio.

La situazione della magistratura italiana è inconcepibile,
in Svizzera non succede nulla di tutto quello che ormai è normale che accada in Italia. Ha mai provato a chiedere spiegazioni? «Sì, informalmente ho domandato come sia possibile che vi siano così tante fughe di notizie. La risposta che ho ricevuto è che i colabrodo sono già a livello dei palazzi di giustizia. E poi c’è probabilmente un inciucio, non sano sotto il profilo dell’affidabilità delle istituzioni, fra alcuni magistrati e i loro giornalisti di riferimento».

E sulle possibili soluzioni: «Ho l’impressione che se l’assetto normativo
e la dotazione in uomini e mezzi fossero adeguati, nessuno avrebbe interesse a fare processi mediatici. Bisogna rendersi conto che così la situazione della giustizia è indecente. Perché chi ci va di mezzo non è tanto il signor Berlusconi e le sue signorine, qui ci va di mezzo la credibilità e l’affidabilità della giustizia. Chi mai crederà alle sentenze frutto di inchieste condotte in questo modo? Ognuno avrà la scusa per dire: se trattano così il premier, figuriamoci come sarà trattato il privato cittadino. E ogni sentenza si trasformerà nell’errore giudiziario del secolo».

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