Articolo tratto dal numero di Tempi in edicola (vai alla pagina degli abbonamenti) – Dall’altra domenica non riesco a togliermi dalla testa l’immagine de Il quarto stato di Giuseppe Pellizza da Volpedo. So che a qualcuno questa visione provoca mal di pancia e altri restringimenti, ma è così: ragazzi, non è che me lo sono inventato io che le periferie di Milano hanno votato Parisi.
All’inizio gli sparuti ardimentosi che si sono cimentati nel metter su una lista che doveva essere spazzata via da un solo battito di ciglia di Sala, parevano gli Ambasciatori della fame, la prima versione della grande opera di Pellizza, che annotava: «Gli ambasciatori sono due si avanzon seri sulla piazzetta verso il palazzo del signor che proietta l’ombra ai loro piedi». E, a ben vedere, in quella prima bozza, il popolo sofferente se ne stava ben dietro a guardare – e qualche cuore di leone avrà sicuramente mormorato il classico, italianissimo, va’ avanti tu che mi scappa da ridere.
Ma, lo sappiamo bene. C’è sempre un prima e un dopo in queste cose. Perché la sera della domenica del primo turno, non erano due i voti per Parisi, ma una Fiumana, come la versione intermedia dell’opera che diverrà Il quarto stato. Scriveva Pellizza: «Son uomini, donne, vecchi, bambini: affamati tutti che vengono a reclamare ciò che di diritto – sereni e calmi, del resto, come chi sa di domandare né più né meno di quel che gli spetta – essi hanno sofferto assai, è giunta l’ora del riscatto, così pensano e non vogliono ottenere colla forza, ma colla ragione – qualcuno potrà alzare il pugno in atto di minaccia ma la folla non è con lui, essa fida nei suoi ambasciatori – gli uomini intelligenti». Sereni e calmi come Parisi e amici (e amiconi). Intelligenti, certo.
Dalle periferie di Milano il quarto stato è in marcia verso il centro della città. Inesorabile, come a volte è. Qualcuno ha evocato per il ballottaggio lo spettro del TTR, il partito del Tutti Tranne Renzi. I sondaggi presentano forchette da brivido. Ma non penso sia solo questo. Il quarto stato è in marcia: «S’ode… passa la Fiumana dell’umanità/ genti correte ad ingrossarla. Il restarsi è delitto». Chi la fermerà? I cannoni di Bava Beccaris? Le riforme? Forse.
No, abbiamo da temere solo la durezza del nostro cuore. Nessuno detiene in regime di monopolio l’eredità di una storia di popolo. E non è solo laica e liberale l’eredità che raccoglie Parisi, ma cattolica, popolare e socialista: una storia fatta di lacrime piante nella notte e di gocce di sangue versate per la libertà e la giustizia – di cui Dio tiene il conto esatto. Una storia che ha fatto Milano. Chi non ne è orgoglioso non ne è degno.