Prendi una famiglia di pazzi, che si metta in testa di dare un’istruzione a un figlio o a più di uno (di questi tempi, un vero spreco di energie, fare figli) e si rivolga sciaguratamente a una scuola non statale, va a finire che paga qualche milione all’anno, oltre alle tasse con cui contribuisce, e ci mancherebbe, a finanziare la scuola pubblica. Metti che qualcuno lo faccia sul serio. Vuole davvero un’istruzione diversa da quella di tutti gli altri? Paghi, il privilegiato! Ce n’è anche qualcuno tanto idiota da spezzarsi la schiena per mandare i figli a scuola? E chi glielo fa fare? In fondo non è neppure tanto sbagliato che per frequentare certe scuole si debba per forza essere ricchi o sputare sangue.
Ma metti che, nonostante tutto, sei contento lo stesso: ti piace come spiegano i professori, ti piace quello che studi (magari non proprio tutto), ti piace l’ambiente e sei perfino interessato alla storia e al greco (quando l’avremo spazzato via del tutto, questo maledetto passato che si ostina a non passare?!); insomma non ti annoi, impari qualche cosa, diventi grande, ti metti addirittura in testa certe idee che non avresti mai pensato ti venissero. Stai attento, perché in realtà, anche se non te ne accorgi, la verità è che vivi in un mondo protetto, la verità è che pensi col paraocchi, sei rigido, dogmatico, anche un po’ intollerante. Vuoi mettere crescere a contatto con tutti (perché vedi, nelle scuole private ci vanno solo figli di papà viziati o ciellini bastardi), non avere certezze e dubitare di tutto (perché dubitare è, senza ombra di dubbio, sicuramente giusto), fare tante esperienze, provare tutto, purché non procuri una violazione dei diritti altrui, come recita la Carta Costituzionale; essere tollerante con tutti (ebrei, musulmani, poveri, ricchi, atei, credenti) perché siamo tutti uguali, pensiamo le stesse cose; dobbiamo pensare le stesse cose, per poter convivere; dobbiamo condividere gli stessi valori, quelli decisi democraticamente dall’insieme della società; altrimenti, se uno esagera a voler capire lui, se gli frulla in testa di scoprire dove sta la verità (la verità?), se si mette in mente che non gli bastano i doveri sociali, perché ci vuole ben altro per essere felici (felici?), diventa pericoloso. Meglio isolarlo. Se sta buono, creda pure in quello che vuole, vada pure nella sua scuola privata, che non fa male a nessuno e in più paga. Ma se pretende di andarsene tranquillamente in giro a rovinare tutto, allora meglio mozzargli la mano; elegantemente, discretamente, come sorridendo. È per il suo e nostro bene, ché cosa sia il bene lo sappiamo noi. Perciò non c’è ragione di agitarsi, andare a Roma, che è così bella, a sporcare le piazze. Fosse solo per pregare, lo si potrebbe anche tollerare (per quanto più prudente sarebbe recarsi nella propria chiesetta o, perché no, rimanere ciascuno a casa sua). Ma arrogarsi il diritto di difendere il proprio privilegio o, peggio ancora, pretendere che lo si riconosca come un bene per tutti, tirando in ballo parole grosse come libertà, persona, esperienza?! Lasciate che siano altri a scendere in piazza, magari a protestare contro i soldi alle private (in fondo che ogni retta scolastica, ogni stipendio pagato sia denaro risparmiato dallo stato è un particolare senza significato). Oppure un bel concerto di Vasco, lo stadio; o anche una bella bigiata al parco, la televisione. Meglio così, perché troppa esperienza è dannosa; troppa gente che vive, giudica, magari pure quello che seriamente studia; troppa gente che desidera e propone, diventa un pericoloso fastidio.