«Aveva trascorso otto giorni di prova in quel rifugio. Ora era libera di fare ciò per cui era venuta. Il sabato della settimana prima, davanti a un magistrato, aveva sostenuto l’esame, confidandogli, sotto le solite condizioni del segreto, nome, età, domicilio e i motivi per i quali aveva chiesto l’applicazione dell’eutanasia. Fu promossa a meraviglia!» (R.H. Benson – Il padrone del mondo, 1907 Jaka Book)
Caro direttore, Mabel, una dei protagonisti dell’opera di Benson, moglie del politico umanitarista Oliviero, decise di porre fine alla sua vita. «Credeva, come tutti gli umanitaristi, che i dolori del corpo fossero un sufficiente motivo per il suicidio, così come i dolori dello spirito. Quando il disagio aveva raggiunto un punto tale da rendere l’individuo inutile a sé e agli altri, il suicidio era da considerarsi il più alto gesto di carità».
In merito al caso dj Fabo, per cui Cappato si è autodenunciato per poter aprire la breccia radicale alla liberalizzazione dell’eutanasia in Italia, il 22 novembre la Corte Costituzionale ha pubblicato le motivazioni della sentenza.
Leggendo le prime pagine si potrebbe dire che “finalmente” la cultura giuridica di matrice fascista è ormai finita! (di cosa si lagnerebbero le sardine?).
La Corte rileva che sotto il regime fascista il suicidio sarebbe stato «contrario al principio di sacralità e indisponibilità della vita in correlazione agli obblighi sociali dell’individuo, ritenuti preminenti nella visione del regime fascista». Oggi invece, illuminati dalla Costituzione e dai nuovi principi etici che animano la nostra progredita società tutta diritti e uguaglianza, bisogna rileggere la disposizione dell’art. 580 cod. pen. che punisce l’aiuto al suicidio in un modo nuovo: non è più lo Stato al centro della vita sociale, ma l’uomo (art.2 Cost.); e la libertà personale è inviolabile (art.13 Cost.). Per cui la vita non può essere «concepita in funzione di un fine eteronomo rispetto al suo titolare» precisando che rispetto al 1930, quando l’aiuto al suicidio era a tutela della vita «intesa come bene non liberamente disponibile da parte del suo titolare» oggi, stando al secondo comma dell’art.3 Cost. «il bene della vita dovrebbe essere riguardato unicamente in una prospettiva personalistica, come interesse del suo titolare volto a consentire il pieno sviluppo della persona» fino al punto di ammazzarsi, e, se non ci riesce da solo, farsi ammazzare.
La persona deve avere la libertà di scegliere quando e come porre termine alla propria esistenza perché solo e soltanto essa è titolare della sua vita, e la sua vita non vale per un fine altro da sé.
«In verità, non riesco a capire come gli uomini possano avere paura della morte, se non sono cristiani. Oh! Se fossi cristiana! Che terribile passo sarebbe quello che sto per compiere! Ma noi siamo certi che al di là non esiste nulla. È la vita, non la morte, a farmi paura!» (p.290 del già citato romanzo)
All’imposizione del Mercoledì delle ceneri i cristiani sono ammoniti con la frase «polvere eri, polvere tornerai» che ricorda ad ogni uomo la precarietà e temporaneità della vita terrena.
In tutta la cultura cristiana l’essere umano non è un nulla, e non prospetta il nulla come fine ultimo. Per questo il principio personalista che sta alla base, ad esempio, della Dottrina Sociale della Chiesa, è ben diverso dal concetto personalista che emerge dalla sentenza della Corte. Si scrive “personalista”, si dovrebbe leggere “umanitarista”.
Secondo la Corte, «se chi è mantenuto in vita da un trattamento di sostegno artificiale è considerato dall’ordinamento in grado, a certe condizioni, di prendere la decisione di porre termine alla propria esistenza tramite l’interruzione di tale trattamento, non si vede la ragione per la quale la stessa persona, a determinate condizioni, non possa ugualmente decidere di concludere la propria esistenza con l’aiuto di altri».
La sentenza rimane (volutamente?) ambigua, cercando di giustificare anche l’intervento a gamba tesa sul versante legislativo, per colmare il famoso vulnus con cui da più di un decennio i vari togati si sostituiscono al legislatore.
Ma vanno riconosciute le responsabilità politiche, e morali, di chi ha aperto questa breccia. La legge 219/2017 è stato il vero passaporto per poter far entrare la cultura umanitarista che già in altre parti del mondo delizia i cittadini della possibilità di morire, assistiti o a domicilio, depressi o malati, maggiorenni o minorenni non importa. Al Senato furono i gruppi di M5S, Partito Democratico e LeU a votare pro.
Però alla parte destra dell’emiciclo manca una denuncia che va fatta con veemenza, in particolare al partito che oggi guida la coalizione. Dieci anni fa Berlusconi decise di intervenire per salvare la vita di Eluana Englaro andando contro i sondaggi, che gli diedero ragione successivamente. Determinanti furono quei politici che gli erano consiglieri all’epoca del suo governo, che con coraggio ed intelligenza seppero convincere l’allora presidente del Consiglio che Eluana era viva!
Salvini non ha avuto lo stesso coraggio, preferendo una moratoria sui temi etici nel contratto di governo giallo-verde che è andata a tutto vantaggio dei grillini in Parlamento, e dei radicali nelle Corti. Ma forse, se il cattolico Salvini avesse avuto al suo fianco persone della stessa tempra e dello stesso coraggio di chi aveva al fianco il liberale Berlusconi, oggi avremmo evitato una sentenza della Corte che riconosce l’aiuto al suicidio assistito, e quindi il suicidio, come un gesto corrispondente alla dignità della persona.
Diego Marchiori – presidente Vivere Salendo