Processo Del Turco, teste della difesa contro il grande accusatore Angelini: «Mi minacciò perché non parlassi»

Di Chiara Rizzo
06 Giugno 2013
Laura Romano racconta che Angelini le aveva rivelato di aver fatto accuse pretestuose su un manager dell'Asl di Chieti. «Poi quasi mi investì e mi consiglio "per il mio bene" di non riportare quelle confidenze»

È entrata in aula da testimone e ne è uscita da denunciata. È accaduto nell’ultima udienza del processo contro Ottaviano Del Turco, a Pescara. Protagonista dei fatti è Laura Romano, dipendente della Asl di Chieti chiamata come teste della difesa di uno degli imputati, l’ex manager dello stesso ente Luigi Conga. La deposizione della donna si è conclusa con una denuncia della procura di Pescara per falsa testimonianza, dopo che Romano ha raccontato davanti al presidente del tribunale che il principale teste dell’accusa, Vincenzo Angelini, tempo prima l’aveva minacciata e aveva tentato di investirla con l’auto.

SENTENZA CINQUE ANNI DOPO GLI ARRESTI. Angelini è l’ex imprenditore della sanità privata, proprietario di varie cliniche abruzzesi tra cui Villa Pini, che nel 2008 ha raccontato ai pm di Pescara di aver versato tangenti all’ex presidente della Regione, Del Turco, e a mezza giunta regionale, oltre che al citato Conga. Sulle accuse di Angelini, però, negli anni successivi si sono aperti diversi punti interrogativi, che verranno risolti con la sentenza del processo: il presidente del tribunale di Pescara ha dichiarato chiusa l’istruttoria dibattimentale e deciso che la sentenza sarà letta il prossimo 19 luglio. Così, cinque anni dopo l’avvio delle indagini su Del Turco e il suo clamoroso arresto, si concluderà solo il primo grado del processo, iniziato tre anni fa. I dubbi sulle dichiarazioni di Angelini si sono intensificati in particolare da quando l’imprenditore è finito imputato a Chieti per la bancarotta fraudolenta causata al suo gruppo distogliendo, secondo l’accusa, somme consistenti per spese personali. Un altro aspetto molto oscuro delle parole di Angelini è poi che sino ad oggi non sarebbero state trovate tracce degli 8 milioni di euro che il “supertestimone” sostiene di aver consegnato a Del Turco.

CONGA TIRATO IN BALLO INGIUSTAMENTE? Nella sua testimonianza in aula, Laura Romano ha ricostruito invece i rapporti tra Angelini e Conga, quando lei lavorava nell’ufficio relazioni con il pubblico dell’Asl di Chieti: «Conoscevo bene Angelini da sempre, perché avevo lavorato con sua moglie, e ci siamo sempre salutati cordialmente», ha detto Romano. «Dopo il 14 luglio 2008 (il giorno in cui vennero eseguite le ordinanze di custodia cautelare per Del Turco e gli altri imputati, ndr), essendo in pensione, ero andata a salutare dei colleghi in ospedale a Chieti, e lì ho incontrato casualmente Angelini, a cui chiesi: “Lei ha sempre appoggiato il signor Conga e adesso leggo il suo nome in questa vicenda” (tra gli accusatori, ndr)». Romano ha raccontato la risposta che le avrebbe quindi dato Angelini: «L’imprenditore mi rispose preoccupato che Conga non c’entrava nulla e che l’aveva tirato in ballo per salvaguardare la sua famiglia in carcere. Mi chiese se avevo contatti con Conga, ma io salutai e andai. Ma sono stata vigliacca, sono stata zitta e non raccontai l’episodio a Conga o ai suoi legali inizialmente, fino al 2010».

«ANGELINI MI MINACCIÒ». La donna ha ricordato di aver rivisto in un’occasione diversa Angelini, qualche anno dopo, tra la fine di giugno e i primi di luglio 2011. «Era la prima volta che uscivo di casa dopo la morte di mio figlio – ha detto – e all’uscita da un centro commerciale, mentre attraversavo sulle strisce vidi una macchina venire a gran velocità. Caddi a terra, dall’auto scese Angelini, si fermò a salutarmi. Poi mi chiese come mai fossi nella lista dei testimoni di Conga, e aggiunse che se avrei voluto raccontare la sua confidenza di qualche anno prima, sarebbe stato meglio che me ne stessi a casa per il mio bene». Il ricordo della donna ha suscitato la viva replica della procura di Pescara, e il pm Giuseppe Bellelli è intervenuto sostenendo che si tratterebbe di una testimonianza costruita ad hoc e per chiedere di trasmettere gli atti della deposizione della donna in procura per falsa testimonianza.

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