Lettere al direttore
Pillole, Aifa e liste d’attesa
Caro direttore, procreare, cioè fare figlie e figli, non è una malattia. Pare, invece, pensarla al contrario l’Aifa, uno dei tanti enti che sembrano più potenti dello stesso Governo e del Parlamento. Infatti, l’ineffabile Aifa propone che la pillola anticoncezionale venga offerta gratuitamente e automaticamente a tutte le donne che lo chiedano. Compito della Repubblica è quello di tutelare la salute di tutti coloro che vivono in Italia e, per questo, investe ingenti somme per garantire che ognuno di noi possa usufruire (non sempre gratuitamente) delle medicine necessarie. Ma, nel nostro caso, ripeto che non si tratta di una “malattia” e pertanto l’offerta gratuita di tali pillole appare priva di ogni fondamento sia logico che costituzionale. L’accesso alle pillole anticoncezionali, che rientra nelle libertà previste dalla nostra Costituzione, pertanto, non dovrebbe essere gratuita: chi liberamente sceglie di non procreare dovrebbe pagare personalmente questa libertà, proprio perché essa rientra nella totale e unica disponibilità della singola persona. Diverso sarebbe il caso in cui la pillola in questione fosse necessaria per motivi di “salute”: in questo caso, interverrebbe il medico con una debita prescrizione, medico che, invece, viene totalmente esautorato dalla decisione dell’Aifa, che, evidentemente, è stata dettata da motivazioni politiche.
Infatti, il punto di vista dell’Aifa contraddice in toto l’orientamento dell’attuale Governo, che ha più volte manifestato l’intenzione di avviare una sostanziosa politica per favorire e non impedire le nascite. Se la linea dell’Aifa dovesse concretizzarsi, avremmo uno Stato che da una parte investe moltissimi euro per incentivare le nascite e dall’altra spenderebbe tanti soldi per dare gratuitamente pillole che impediscono, appunto, le nascite. Saremmo in piena schizofrenia.
Una volta tanto, a fronte della presa di posizione ideologica (di sinistra) dell’Aifa, non è calato il silenzio. Vi è stata la chiara presa di posizione di un centinaio di associazioni riunite nella rete “Ditelo sui tetti”, che ha stigmatizzato con fondati motivi la presa di posizione dell’Aifa, chiedendo, tra l’altro, che si possa aprire un sereno dibattito per mettere in luce le evidenti contraddizioni della direttiva in questione. Speriamo che tale autorevole voce, come quella di tanti altri, venga seriamente ascoltata.
Altra amara osservazione. In questi ultimi anni, siamo stati quotidianamente spronati a obbedire a quanto la scienza dice. Non mi pare che il pronunciamento dell’Aifa, che fa parte di quel mondo, abbia alcunché di scientifico: lì dentro vi è solo ideologia e molta bottega.
Peppino Zola
Questa è l’ennesima conferma di quel che dice la ministra Roccella: «Oggi le donne sono più libere di non avere figli che di averli».
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Da sempre lettore di Tempi e amico di Amicone, per gli ultimi 18 anni Primario ospedaliero di Chirurgia Vascolare, collaboratore “informale” commissione sanità Regione Lombardia, presidente di diverse Società scientifiche, docente per i MMG etc. etc ho sempre sottolineato un metodo, a mio avviso, corretto, anche se politicamente molto “dannoso” per risolvere il problema delle liste d’attesa.
Il problema non è rispondere alla domanda, ma governare la richiesta! Piccolo esempio: Nella mia U.O. avevamo 6 mesi di attesa per un EcocolorDoppler. Ne eseguivamo circa 7.000 /anno. Di queste richieste solo il 10 per cento era appropriato. Il resto erano richieste senza alcun senso. Nel 2015 insieme ad altri colleghi ho steso per la Regione le Linee Guida sulla richiesta corretta di esami ECD Vascolare (mai tenute in considerazione dai MMG e/o Specialisti). Pensate che la spesa media annua per un esame ECD venoso è di circa 18 ML di euro e l’appropriatezza è zero!
Nel mio piccolo, per rispondere veramente ai bisogni (non alla domanda) dei pazienti facevo eseguire la prenotazione presso la mia U.O. dove a rispondere c’era un’infermiera che, esperta della patologia programmava gli esami, anche il giorno stesso, se ritenuti realmente urgenti (No CUP o Farmacie etc. etc.). Ma questo è stato eliminato!
Quando veniva eseguito l’esame facevo allegare una lettera in cui spiegavo il corretto modo di richiedere gli esami.
Concludendo, bisogna lavorare sull’appropriatezza non sull’aumento delle prestazione. Anzi, più apri gli spazi e più esami verranno richiesti. È come per il Pronto Soccorso: il problema va risolto facendo in modo che i codici bianchi non arrivino, non aumentando le prestazioni. Ma se tocchi queste cose, assolutamente impopolari, il politico perde! I MMG vivono di medicina difensiva, i pazienti non si fidano più di loro, e
credono che l’esame sia sempre esatto (!). Se si vuole risolvere veramente il problema bisogna applicare strategie rigorose e spesso non condivise. Però, secondo me, questa è l’unica possibilità.
Grazie per avermi ascoltato.
Antonio Tori
Grazie a te, Antonio, di averci scritto. Vedo che la questione suscita interesse. Su Tempi troverete anche l’articolo di Marco Ricotti che, mi pare, guardi alla questione secondo una prospettiva molto interessante e originale (nel doppio senso di “nuova” e di “origine”).
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