
«Mancetta», «campagna popolazionista neofascista», «follia ideologica», «soldi agli anti-abortisti», «diritto all’aborto smantellato», «corda stretta attorno al collo della libertà della donna», «oscurantismo cattolico», «strumentalizzazione del corpo femminile», «disgusto», «squallidi fini elettorali», «ennesima campagna contro l’autodeterminazione», «discriminazione sulla pelle delle donne». Questo lo scontatissimo teatrino allestito ieri dai giornali per dare notizia del fondo di 400 mila euro annunciato dall’assessore regionale alle Politiche sociali del Piemonte Maurizio Marrone. Un fondo per la “vita nascente”, destinato al sostegno della maternità di donne sole o povere di mezzi per affrontarla, va da sé, non poteva che far venire le scalmane ad attivisti, giornalisti e opposizione. Non tutta, però. Silvio Magliano, capogruppo dei Moderati in Regione, non ha solo approvato bensì ha rilanciato l’iniziativa, «quattrocento mila euro per la “vita nascente” sono un inizio, ma anche una somma ridicola», spiega a Tempi, «dobbiamo fare molto di più».
Magliano, l’assessore Marrone è di Fratelli d’Italia, “vita nascente” è invece una parolaccia che ultimamente dà alla testa ai più sinceri democratici. Perché lei è andato controcorrente?
Perché quella di intervenire a sostegno delle donne in situazioni di fragilità sociale non è un’idea di Fratelli d’Italia, nasce da due ordini del giorno approvati a larghissima maggioranza da centrodestra e centrosinistra, e di cui io sono il primo firmatario. Sono due anni che noi Moderati, il mio partito, chiediamo al consiglio regionale di individuare misure a favore della vita nascente e a sostegno di mamme in difficoltà, due anni che chiediamo alla giunta di smettere di parlare e agire. In altre parole, Marrone ha dato gambe a una richiesta mia e del consiglio regionale: il fondo presentato non è uno scandalo, ma è una buona notizia. Insufficiente in termini di risorse, ma un ottimo punto di partenza.
La giunta dice che 400 mila euro sono “cento bambini in più che potranno nascere”, per alcuni suoi colleghi sono una “mancetta” alle mamme, ma pure ai provita.
Qui nessuno sta finanziando i prolife, ma le mamme e le coppie in difficoltà. Ora la misura andrà strutturata e capiremo come tradurla, se in voucher, servizi, rimborsi spese. Parlo da padre, trecento euro al mese banalmente per latte e pannolini non sono una “mancetta”. Quanto ai processi alle intenzioni, chiederò che il percorso di ciascuna donna sia accompagnato dai Centri di aiuto alla vita così come da un assistente sociale. Stiano tranquilli i detrattori, il pubblico vigilerà sulla destinazione di ogni somma.
Perché tanto astio verso questa misura?
Sono stupito e perplesso. In primo luogo dare a una donna la possibilità di mettere al mondo suo figlio non è una tara di una setta reazionaria ma il minimo sindacale di civiltà. Per non parlare di ciò che ovvio anche al più freddo calcolatore di numeri di previdenza sociale: il trend demografico del Piemonte è devastante, cosa c’è di scandaloso nel sostenere le nascite? Scandaloso sarebbe non fare nulla, non sostenere la scelta di una mamma di tenere il proprio bambino invece di doverlo abortire per ragioni economiche. In secondo luogo, Marrone non ha tolto un centesimo ai soldi del sistema sanitario, non li ha tolti all’assunzione di personale non obiettore di coscienza e nemmeno ai consultori. In altre parole non ha tolto nulla al diritto di una donna di abortire.
Però tanti a sinistra urlano «siamo nel 2022», denunciano la lesa maestà della 194 e lo scandalo che le sigle pro-vita intaschino risorse regionali.
Tanti ma non tutti. Strana idea di libertà quella di chi difende la libera scelta di abortire ma non quella di partorire. In che modo 400 mila euro per chi vuole diventare madre ledono il diritto di chi fa la scelta opposta? E sulla base di cosa trattare come una manica di farabutti i Centri di aiuto alla vita? Si tratta di enti già accreditati alla luce di una determina regionale che permette loro di entrare nei consultori. Non stiamo parlando di estremisti o pericolosi soggetti intimidatori, ma di associazioni già vagliate scrupolosamente dalla Regione: Cav, Movimenti per la Vita e realtà pienamente riconosciute anche dagli uffici regionali. Ripeto, farò un emendamento in cui chiederò che qualsiasi misura afferente al fondo sia discussa e valutata con la Commissione regionale deputata. E lo farò con l’obiettivo di privare di ogni alibi chiunque pensa che questi soldi non finiranno alle mamme, ma a finanziare una propaganda ideologica. Servissero a stampare volantini e manifesti sarei il primo a votare contro.
Scusi, ma ai buonisti dell’accoglienza non interessa nulla che un aborto su tre in Italia sia “straniero”?
Andrebbe chiesto a chi si è scagliato contro il fondo, quale politica dell’integrazione non dovrebbe dare la possibilità ad un bambino di nascere qui anche se la mamma e il papà non hanno trovato lavoro? Io da cattolico e da politico di centro ci vedo una misura progressista non tradizionalista. Una misura che ha dentro il futuro, altro che oscurantismo. E mi auguro che possa crescere, fino a diventare una misura universale, perché il Piemonte possa dirsi una regione realmente baby-friendly. Il che non significa limitarsi a due fasciatoi nei bar cittadini.
Torniamo ai soldi allora, dopo aver gridato alla «campagna popolazionista neofascista», Marco Grimaldi (Luv) denuncia: «In un bilancio in cui mancano le risorse per sostenere gli assegni di cura e le borse di studio si sono trovati 400 mila euro per l’ennesima campagna contro l’autodeterminazione delle donne».
Ripeto: queste risorse non sono state tolte alle politiche sociali né diritto allo studio. Vogliamo fare polemica sui soldi? Tanto sono a favore della vita quanto denuncio che il voucher frequenza per sostenere la parità scolastica e la libertà di educazione delle famiglie piemontesi per le scuole primarie e secondarie è stato tagliato di un milione di euro. Quattordici milioni sono stati destinati a priorità individuate dalla giunta, sacrificando libertà di educazione, non autosufficienza e diritto allo studio sull’altare del Bilancio. Ma Marrone non ha tolto un solo centesimo a queste voci. Quanto all’autodeterminazione delle donne, non commenterò ulteriormente: aiutare una madre a non sentirsi sola davanti all’avventura più grande della sua vita è una buona battaglia che ieri, oggi e domani i volontari dei Cav hanno sempre portato e continueranno a portare avanti anche senza fondi.
A voler mettere i puntini sulle i, con questa misura la 194 trova piena applicazione in Piemonte.
La 194 all’articolo 5, vincola le strutture sanitarie e i consultori ad assistere la donna «specialmente quando la richiesta di interruzione della gravidanza sia motivata dall’incidenza delle condizioni economiche, o sociali» e aiutarla a «rimuovere le cause che la porterebbero alla interruzione della gravidanza» nonché «di metterla in grado di far valere i suoi diritti di lavoratrice e di madre». Dov’è lo scandalo nel dare piena applicazione alla legge italiana?