Adrianus Johannes Simonis è il settimo cardinale olandese nella storia della Chiesa cattolica, creato tale da Giovanni Paolo II nel concistoro del 25 maggio 1985. Lo stesso anno della drammatica visita apostolica del Papa in Olanda, fortemente voluta dallo stesso Simonis, nel corso della quale non mancarono proteste di strada contro il Santo Padre e contestazioni anche nel corso degli incontri ecclesiali. Due anni prima era stato trasferito da Rotterdam, di cui era vescovo, e nominato a capo dell’arcidiocesi di Utrecht col titolo di arcivescovo coadiutore con diritto di successione. Al 1983 risale anche la nomina a presidente della Conferenza episcopale olandese, funzione che detiene da allora. Noto per la franchezza ed il coraggio, ha accettato volentieri di commentare e approfondire il servizio di copertina dello scorso numero di Tempi, dedicato all’inusitato fenomeno dell’abbandono dell’Olanda da parte di quote crescenti di cittadini di quel paese.
Eminenza, l’Olanda è il primo paese dell’Unione Europea nel quale da tre anni il numero degli emigranti supera quello degli immigranti. Per quali ragioni, secondo lei? Economiche, legate a problemi di sicurezza o legate all’eventuale disagio della convivenza con gli stranieri immigrati?
Io penso che questo fatto sia una conseguenza delle misure molto severe adottate dal governo in materia di immigrazione in Olanda: è soprattutto la flessione nel numero dei nuovi arrivi che ha portato al sorpasso. In passato avevamo ogni anno migliaia di immigranti che entravano nel paese, ora le norme sono diventate così severe che questo flusso si è ridotto. Per quanto riguarda invece la gente che lascia l’Olanda per trasferirsi all’estero, le ragioni dell’emigrazione sono varie. Molti pensano che il nostro paese è troppo pieno: siamo un piccolo paese con 16 milioni di abitanti, la vita è molto frenetica, faticosa, dura. Allora alcuni cercano un posto più tranquillo nel mondo. Altri effettivamente hanno paura degli immigrati sempre più numerosi e della società multiculturale e multireligiosa che si va formando. Poi c’è una minoranza che pensa che per l’educazione dei bambini ci sono posti migliori dell’Olanda nel mondo. Come vede sono in gioco vari fattori e varie motivazioni.
Quando dice che la vita in Olanda è diventata dura, a cosa si riferisce?
Io penso che noi come popolo abbiamo sofferto una grossa perdita di identità. Nel passato eravamo un paese cristiano, ma adesso i cristiani praticanti sono diventati una minoranza. Agli olandesi manca l’identità, e certo questo si trova fra molti che se ne vanno. Molti di loro cercano l’avventura, e pensano che sia più avventuroso vivere all’estero.
C’è dibattito attorno a questi fenomeni?
No, non c’è nessun dibattito. Quello che succede viene preso come un fatto fra altri. La maggioranza della gente pensa che sia una conseguenza delle misure di contenimento dell’immigrazione.
Il giornalista britannico Douglas Murray ha scritto: «Dove l’Olanda va, l’Inghilterra e gli altri paesi europei seguono». Lei pensa che la tendenza attuale olandese sarà replicata da altri paesi europei?
Mi sembra vero il contrario: gli altri paesi europei non vogliono andare dove sta andando l’Olanda. Il nostro paese trent’anni fa godeva di un’immagine molto progressista, veniva visto da molti come un modello da imitare per affrontare il futuro. Adesso, quando vado all’estero tanti interlocutori mi dicono: «Oh, l’Olanda! Il paese che pratica l’eutanasia e celebra matrimoni fra omosessuali!». Abbiamo perso la faccia. Due settimane fa ero in Polonia per la visita del Santo Padre, e i discorsi che giravano sull’Olanda erano questi. Lei sa che la settimana scorsa è stata resa pubblica l’iniziativa di un partito politico favorevole alla pedofilia. Ben pochi in Olanda sono favorevoli a questo partito, certamente meno dell’1 per cento. Ma la notizia ha ricevuto tantissima pubblicità in tutto il mondo, e ha aumentato la cattiva fama dell’Olanda. Se leggiamo le lettere ai giornali su questa iniziativa del partito pro-pedofilia, scopriamo che sono tutte contro. Ma nel mondo crescerà il numero di chi ha una cattiva opinione degli olandesi: è l’effetto della pubblicità.
L’Olanda è uno dei paesi, insieme alla Francia, che hanno promosso un referendum popolare sul Trattato costituzionale europeo e lo hanno bocciato col voto. Una delle questioni circa il trattato era se dichiarare o no le radici culturali e religiose dell’Europa, e alla fine il testo non ha contenuto nessun riferimento esplicito. Questo tema ha avuto un’importanza nel voto negativo che gli olandesi hanno espresso?
No, la maggioranza ha votato contro senza conoscere veramente i contenuti del trattato ma pensando che rappresentasse un via libera all’ingresso della Turchia nell’Unione Europea: per questo l’ha bocciato. Un secondo fattore è stato la volontà di punire il governo in carica, che è una coalizione di democristiani e liberali favorevoli al trattato. Questi fattori secondari hanno prodotto il voto negativo. Le radici cristiane dell’Europa non sono state messe a tema da nessuno.
Però il fenomeno dell’abbandono di massa di un paese prospero, pacifico e democratico fa pensare a dinamiche legate alla questione dell’identità e delle radici: è venuto meno il senso di appartenenza?
Sì, e io non sono il solo a dire questo. Tante voci da noi stanno dicendo: «L’Olanda ha perso la sua identità». Ormai l’identità olandese si riduce alla casa reale e alla nazionale di calcio. Nelle settimane prossime metà del popolo olandese dedicherà le sue migliori energie a seguire le partite del mondiale di football. Purtroppo abbiamo perduto, più o meno a seconda degli ambiti che vogliamo considerare, la nostra identità cristiana. Noi vescovi stiamo facendo di tutto per re-introdurre questa identità, che coincide con le nostre radici. Ma il problema è che da noi mancano i movimenti ecclesiali, come Comunione e Liberazione e i Focolari. Abbiamo qualche piccolo gruppo collegato a loro, ma non crescono. La verità è che siamo un popolo piatto. Voi italiani avete montagne e pianure, noi solo pianure: siamo un popolo piatto, superficiale. La Chiesa le sta provando tutte per migliorare la situazione, ci sono piccoli gruppi di giovani che capiscono che abbiamo bisogno di quell’identità che riempie la vita umana. In questo riponiamo la nostra speranza.
All’incontro dei movimenti col Papa a Roma c’erano anche olandesi.
Sì, circa 500. Ma in Polonia ho visto il miracolo di 600 mila giovani, il sabato sera, intorno al Santo Padre. E il giorno dopo un milione di persone alla Messa domenicale. È stato uno spettacolo indimenticabile. Il Papa ha fatto molto bene con un’umiltà, dedizione, amore e pazienza. Il contenuto delle sue prediche era formidabile, anche per i giovani. La visita ad Auschwitz è stata molto importante, ma lo erano anche questi incontri coi fedeli, dove abbiamo sperimentato un entusiasmo e insieme un silenzio ed una reverenza tremendi.