Perché non si parla di tutti i “Fabio” che scelgono la vita?
Oggi esce il mio libro E adesso parlo io monologo liberamente tratto da un ragazzo in stato vegetativo. (Edizioni Lindau). Oggi su tutte le prime pagine dei giornali la storia di Fabio che, affetto da tetraparesi da rottura dell’arteria basilare, vuole morire. Voleva il suicidio assistito ma la sordità delle istituzioni non glielo permette.
Ora, io non voglio entrare nel merito delle scelte di alcuno, non sarei serio e onesto. Ma, premesso ciò e prendendo a pretesto le parole che ha scritto Caterina Giojelli su questo giornale riportando il pensiero di Sylvie Menard, una sottolineatura è d’obbligo. «Chiunque di noi – dice Menard -, anche paralizzato, può arrivare alla morte senza pretendere che a ucciderlo sia un medico: basta rifiutarsi di mangiare e bere, ed entro 5 o 6 giorni si muore, naturalmente sedati per non soffrire. La sedazione è un diritto e non viene negata a nessuno, non è eutanasia, anestetizza soltanto ed è usata per legge dalla medicina palliativa con grande umanità».
Lo Stato assente
Sono vivi anche quando ad essere leso è il loro diritto di cittadinanza e la possibilità di avere tutti gli ausili disponibili senza battagliare costantemente con le Usl di competenza, con la burocrazia. Ci sono migliaia di famiglie lasciate sole, alle quali viene delegata la completa presa in carico dell’ammalato riconoscendo una piccola elemosina a fronte di un impegno notte e giorno del familiare. E così ad ammalarsi è l’intero nucleo.
Vivere non fa notizia
Ebbene io non voglio negare a Fabio il suo appello, ma pretendo che la medesima attenzione dei media venga riservata anche a tutti gli altri, anche a coloro che strenuamente vogliono vivere. Solo che voler vivere non fa notizia! Come è possibile che il mondo laicista non si lasci attrarre dal laico dubbio che qualcuno vuole vivere. Leggete E adesso parlo io, poi ne ridiscutiamo.
Foto Ansa
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