L’Assemblea nazionale in Francia ha cominciato a discutere l’1 febbraio la legge «per rafforzare il rispetto dei principi della Repubblica» (o «legge contro il separatismo»), con lo scopo di combattere il fondamentalismo islamico. Ma alcune delle misure previste hanno allarmato la Chiesa cattolica, che ha già fatto sentire la sua voce: «Noi siamo in un rapporto istituzionale con lo Stato a partire dal 1905», spiega a Famille Chrétienne padre Hugues de Woillemont, segretario generale della Conferenza episcopale francese. «Non abbiamo chiesto noi questa nuova legge e non vogliamo vederci imposte restrizioni ulteriori».
IL CONTROLLO DELLE PREFETTURE
Il segretario generale si riferisce innanzitutto all’articolo 27 sulle associazioni di culto, le quali possono godere di vantaggi fiscali e accedono a sovvenzioni pubbliche. Per quanto riguarda la Chiesa cattolica, ogni diocesi ne ha aperta una (ma solo i protestanti ne hanno oltre 2.500, una per ogni luogo di culto). La legge prevede che ogni cinque anni le associazioni producano una dichiarazione di «qualità cultuale», che dovrà poi essere autorizzata dalla prefettura. «Le prefetture avranno la capacità di gestire tutti questi dossier?», si chiede de Woillemont, aggiungendo che «gli statuti delle nostre associazioni sono già depositati da molto tempo in prefettura, così come la lista dei nostri vescovi, che dirigono le associazioni, e i relativi conti correnti». Che bisogno c’è dunque di chiedere ogni cinque anni il rinnovo del carattere cultuale dell’associazione? La Chiesa teme che la norma si trasformi in una forma di controllo indebita e per questo ha proposto che il rinnovo sia automatico e possa essere bloccato solo nel caso insorgano dei problemi.
«CONTRATTO DI IMPEGNO REPUBBLICANO»
Preoccupa anche l’articolo che prevede che le associazioni cultuali firmino un «contratto di impegno repubblicano», il cui contenuto deve ancora essere stabilito con precisione. «Le nostre associazioni già si inscrivono nel rispetto delle leggi della Repubblica. A che cosa serve davvero questo contratto? Già esiste una carta, ora si aggiunge un contratto. E poi?».
Durante il dibattito in commissione, il partito dei Repubblicani aveva proposto un emendamento per aggiungere nel contratto l’obbligo per le associazioni di culto di rispettare la laicità. Questo, in altre parole, avrebbe costretto le associazioni a diventare laiche. Dopo la protesta della Chiesa cattolica, che vuole ovviamente conservare il carattere religioso delle proprie associazioni, l’emendamento è stato ritirato ma l’intemerata ha alimentato i sospetti sull’intento laicista del contratto.
IL FINTO «REGALO»
Il governo francese ha sottolineato in questi giorni la propria munificenza verso la Chiesa, notando di aver aperto alla possibilità per le associazioni di culto di possedere e trarre profitto dalle proprietà immobiliari, soprattutto affittando uffici e appartamenti inclusi nelle unità immobiliari in parte adibite agli scopi dell’associazione. Questa misura è stata inserita per controbilanciare la stretta sui finanziamenti dall’estero, tema cruciale per frenare il finanziamento dell’islam da parte di paesi fondamentalisti come Qatar, Turchia o Arabia Saudita. Ma, protesta la Chiesa, «questo non è affatto un regalo da parte del governo. Semplicemente hanno finalmente sanato una situazione di discriminazione, visto che dal 2014 tutte le associazioni, tranne quelle di culto, potevano possedere e gestire il proprio patrimonio immobiliare», precisa padre de Woillemont.
LIBERTÀ EDUCATIVA A RISCHIO
Infine, il segretario della Conferenza episcopale ha ribadito la preoccupazione espressa già dal presidente dei vescovi, monsignor Éric de Moulins-Beaufort, a riguardo della norma che vieta la scuola parentale e che ha come scopo di frenare il fiorire di madrasse illegali. Ancora una volta, la Chiesa si sente sotto attacco per colpe non sue: «Condividiamo i timori di molte famiglie che educano a casa i figli e che ora si interrogano su quale libertà educativa sarà loro concessa».
Al momento la voce della Chiesa è stata ascoltata soltanto in parte e c’è da credere che i cattolici torneranno a farsi sentire nelle prossime settimane per far rispettare i propri diritti.
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