Parmalat, Amber di nuovo all’attacco

Di Mariarosaria Marchesano
27 Aprile 2017
Si annuncia infuocata l’assemblea dei soci in programma il 28 aprile a Milano. Dopo il fallimento dell’opa, ancora distanti le posizioni tra Lactalis e i soci di minoranza che non hanno aderito all’offerta
Una foto di archivio mostra un' autobotte presso lo stabilimento Parmalat di Collecchio. ANSA / MARVISI-BENVENUTI

[cham_inread]

«Utilizzeremo tutti i mezzi a nostra disposizione per tutelare l’investimento in Parmalat. Stiamo valutando nuove iniziative in sede giudiziaria in relazione alle operazioni con parti correlate sulle quali continuiamo a nutrire forti dubbi». Arturo Albano, rappresentante in Italia di Amber Capital, fondo basato a Londra che detiene circa il 4% del produttore di latte italiano per un controvalore di circa 200-250 milioni di euro, non arretra di un passo rispetto alla sua posizione di socio dissenziente anche dopo che il colosso francese Lactalis ha fallito, per ora, il tentativo di acquistare attraverso un’opa l’intero capitale del produttore di latte italiano per poi procedere a cancellare il titolo da piazza Affari. Interpellato da Tempi, Albano non nasconde la sua soddisfazione per avere contribuito a mantenere quotata in Borsa la società che continua a ritenere valga tra 3,8 euro e 4,5 euro per azione, quindi ben al di sopra del prezzo offerto dai francesi nell’ambito dell’offerta pubblica di acquisto che si è chiusa il 21 marzo. Ma è anche consapevole che a Lactalis manca pochissimo per raggiungere l’obiettivo del delisting (la soglia di partecipazione del 90% non è stata raggiunta solo per un soffio) e che il colosso d’Oltralpe non si arrenderà facilmente visto che ritiene che sarebbe il miglior modo per portare avanti i piani di sviluppo del gruppo. «Per fortuna», aggiunge, «la legge italiana offre diverse possibilità per la tutela degli interessi delle minoranze».

ASSEMBLEA INFUOCATA. Le parole di Albano lasciano, dunque, presagire che la battaglia sulla società di Collecchio continua. L’occasione per una resa dei conti potrebbe essere l’assemblea dei soci Parmalat in programma a Milano il 28 aprile. L’assemblea è stata convocata per approvare il bilancio 2016, con le relazioni di amministratori e sindaci, e la nomina del collegio sindacale alla cui presidenza sarà con ogni probabilità confermato Marco Pedretti in rappresentanza proprio dei soci di minoranza, come prevede lo statuto. Nessun tema sensibile, in apparenza. Ma non sarà una riunione facile dopo che i piani di Lactalis sono stati ostacolati da un gruppo ostinato di soci (rappresentano poco più del 10% del capitale e ne fanno parte, oltre ad Amber Capital, il finanziarie Mario Gabelli, la Banca d’Italia, il comitato Azione Parmalat e tanti azionisti retail) che ha deciso di non aderire all’offerta lanciata al prezzo di 2,8 euro poi ritoccato a 3 euro (oggi il titolo quota in Borsa poco al di sopra di questa soglia). L’occasione dell’assemblea potrebbe essere colta dalle minoranze per pungolare la società su questioni ancora aperte come la controversia sull’utilizzo della liquidità che era nelle casse di Parmalat (cash pooling) dopo l’entrata di Lactalis nel capitale avvenuta nel 2011 e l’acquisizione dell’americana Lag dalla stessa capogruppo avvenuta nel 2012 ad un prezzo che è stato oggetto di contestazioni. Entrambe sono questioni del passato (sulla seconda è ancora aperta un’inchiesta della magistratura) ma per Amber rappresentano esempi di un tipo di governance “che si è sempre dimostrata poco sensibile agli interessi delle minoranze”.

DELUSIONE SULLA GOVERNANCE FRANCESE. Ma perché un fondo come Amber Capital (presente anche in altre società italiane quotate come Ansaldo, Ei Towers, Banca Popolare di Sondrio, Fila, Aeroporti di Bologna) si sta accanendo tanto sulla Parmalat? Albano racconta che Amber ha investito nel gruppo di Collecchio sei anni fa al termine della gestione commissariale di Enrico Bondi che lo aveva rilanciato dopo il crac dell’epoca Tanzi lasciando una cassa di 1,8 miliardi di euro poi in gran parte spesa per acquisizioni (la principale, Lag, costata circa 900 milioni). “Avevamo fiducia nella capacità gestionale e strategica di un grande gruppo industriale come Lactalis ma siamo rimasti delusi”. Sono cominciate così le denunce alla Consob, alla Procura della Repubblica di Parma e al collegio sindacale a cui sono seguite anche azioni giudiziarie. Per contro, va detto che gli amministratori di Parmalat hanno sempre rigettato con forza tutte le contestazioni di Amber e che sui temi oggetto di discussione lo stesso collegio sindacale si è mostrato spaccato. “Oggi restiamo convinti che Parmalat possa esprimere un maggior valore grazie alla conclusione di alcuni contenziosi con le banche americane dai quali potrebbero arrivare consistenti risarcimenti. Dunque, siamo pronti a muoverci nelle sedi opportune per far valere le nostre ragioni”.
Vedremo come andrà a finire. Intanto, Parmalat archivia l’esercizio 2016 con fatturato e margini in lieve aumento ma con un utile di gruppo pari a 78,5 milioni di euro, praticamente dimezzato rispetto al 2015. A questo punto, se l’azionista di maggioranza volesse portare a termine il suo piano di delistare la società ha a disposizione una strada: rastrellare sul mercato lo 0,3% del capitale che gli manca per raggiungere la soglia di partecipazione del 90% e far scattare così l’opa residuale, cioè un’altra offerta pubblica di acquisto il cui prezzo, però, sarebbe fissato dalla Consob, quindi potrebbe essere più elevato di 3 euro per azione. In ogni caso, secondo le normative in vigore, Lactalis dovrebbe riconoscere a tutti gli azionisti che hanno portato le azioni in adesione all’opa di marzo l’eventuale maggior valore pagato per i titoli acquistati successivamente sul mercato.

@MRosariaMarche2

Foto Ansa

[cham_piede]

Articoli correlati

0 commenti

Non ci sono ancora commenti.