Mercoledì 1 maggio, festa dei lavoratori, memoria di san Giuseppe lavoratore. Giuseppe il falegname, padre terreno di Gesù. Nella prima lettura della liturgia di oggi si legge che Dio lavora per creare il mondo. Questa «icona di Dio lavoratore – ha affermato il Papa durante la Messa celebrata nella cappella di casa santa Marta – ci dice che il lavoro è qualcosa di più che guadagnarsi il pane: il lavoro ci dà la dignità! Chi lavora è degno, ha una dignità speciale, una dignità di persona. L’uomo e la donna che lavorano sono degni. Invece, quelli che non lavorano non hanno questa dignità. Ma tanti sono quelli che vogliono lavorare e non possono. Questo è un peso per la nostra coscienza, perché quando la società è organizzata in modo che non tutti hanno la possibilità di lavorare, di essere unti dalla dignità del lavoro, quella società non va bene: non è giusta! Va contro lo stesso Dio, che ha voluto che la nostra dignità incominci da qui».
E insiste: «La dignità non ce la dà il potere, o il denaro, o la cultura. No, la dignità ce la dà un lavoro degno». Infatti, oggi, tanti «sistemi sociali, politici ed economici hanno fatto una scelta che significa sfruttare la persona: non pagare il giusto, non dare lavoro perché si guarda solo ai bilanci dell’impresa, si guarda solo a quanto io posso approfittare. E questo va contro Dio! Quante volte abbiamo letto su L’Osservatore Romano titoli che ci hanno colpito come quello del giorno della tragedia del Bangladesh: “Vivere con 38 euro al mese”. Era quanto guadagnavano le persone che sono morte… Questo si chiama “lavoro schiavo!”. E oggi nel mondo c’è questa schiavitù che si fa con la cosa più bella che Dio ha dato all’uomo: la capacità di creare, di lavorare, di farne la propria dignità. Quanti fratelli e sorelle nel mondo sono in questa situazione per colpa di questi atteggiamenti economici, sociali, politici…».
Durante l’omelia papa Francesco cita anche un rabbino del Medio Evo che raccontava alla sua comunità la storia della Torre di Babele, quando i mattoni erano preziosissimi: «Quando un mattone, per sbaglio, cadeva, era un problema tremendo, uno scandalo: “Ma guarda cosa hai fatto!”. Ma se uno di quelli che facevano la torre cadeva: “Requiescat in pace!”. Era più importante il mattone che la persona. Questo raccontava quel rabbino medievale e questo succede adesso! Le persone sono meno importanti delle cose che danno profitto a quelli che hanno il potere politico, sociale, economico. A che punto siamo arrivati? Al punto che non siamo consci di questa dignità della persona; questa dignità del lavoro. Ma oggi la figura di san Giuseppe, di Gesù, di Dio che lavorano, ci insegnano la strada per andare verso la dignità. Oggi – ha concluso il Papa – non possiamo dire più quello che diceva san Paolo: “Chi non vuol lavorare, non mangi”, ma dobbiamo dire che chi non lavora o non trova la possibilità di lavorare, ha perso la dignità! Anzi, la società ha spogliato questa persona di dignità! Preghiamo, preghiamo per tutti questi fratelli e sorelle che sono in questa situazione. Così sia.